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Colonialismo giudiziario. Attentato contro Rafic Hariri: un’inchiesta falsata?

di Silvia Cattori* - 31/10/2006







Ex investigatore criminale nella RDT, divenuto giornalista dopo la riunificazione tedesca, Jürgen Cain Külbel è autore di una corrosiva contro-indagine sull’assassinio dell’ex Primo ministro libanese Rafic Hariri che il Réseau Voltaire ha presentato al pubblico arabo lo scorso 7 maggio a Damasco, in una conferenza a grande diffusione mediatica. In questa intervista, egli ritorna sul ruolo politico della Commissione dell’ONU e sulla pista non seguita della responsabilità israeliana.

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15 settembre 2006







Silvia Cattori : Non è un’impresa azzardata indagare sull’assassinio del Primo ministro libanese Rafic Hariri, quando si è un semplice giornalista che lavora da solo, senza appoggi, mentre già esiste una commissione d’inchiesta dell’ONU che disponeva di mezzi investigativi illimitati ?



Jürgen Külbel : A che cosa possono servire una moltitudine di investigatori altamente qualificati e mezzi logistici quasi inesauribili, di tecnica criminale e altre risorse in appoggio, se nel corso delle indagini sul crimine vengono presi in giro tutti i principi delle consuete procedure di un’inchiesta ? Quando si tratta di indagare su crimini il cui colpevole è ignoto, gli investigatori seguono di solito diverse piste, al fine di risalire alle tracce dei mandanti. Nel caso Hariri, dal primo giorno e in presenza di numerose piste, le indagini avrebbero dovuto svolgersi parallelamente nelle seguenti direzioni, particolarmente importanti : il Mossad, la CIA, i partner commerciali della vittima, i Libanesi espatriati. Ma questo non è avvenuto. Dunque, io ho seguito una di quelle piste «tralasciate» che, a mio avviso, è particolarmente importante. Così è cominciato il mio primo lavoro sull’assassinio di Hariri.



Silvia Cattori : Come mai ha preso la decisione di gettarsi su un argomento così vasto ?



Jürgen Külbel : Lo dirò chiaramente: quasi subito dopo l’assassinio, ho avuto la sgradevole sensazione di assistere meno ad un’indagine degli investigatori che non al fatto che gli inquirenti dell’INU seguissero – e continuassero a seguire – solo la pista siriana. Soprattutto, ho avuto la sensazione che la stessa indagine fosse un atto criminale e premeditato : come nella primavera del 2003, quando la falsificazione e la fabbricazione di « prove » da parte degli Stati Uniti e dei loro vassalli – una criminalità in colletto bianco rimasta impunita, situata ai più alti livelli politici – avevano aiutato a legittimare l’invasione dell’Iraq, in violazione del diritto internazionale. Secondo me, nei due casi si tratta di un imbroglio iniziale commesso da persone che pretendono, certe, di rappresentare le Nazioni Unite e di portare la democrazia, ma che in realtà non vogliono che asservire l’umanità o, quanto meno, partecipare a questo asservimento.



In conclusione, per rispondere alla sua domanda sul caso Hariri ; disponendo la commissione di “ mezzi investigativi illimitati ” , mi sembrava servisse ad abbindolare il pubblico in modo da poter perfezionare la frode. Si trattava, per così dire, di un crimine commesso nel quadro dell’indagine su un altro crimine. Questo lo trovo mostruoso. E mi fa tuttora rizzare i capelli.



Silvia Cattori : Lei ha indagato sul posto ?





Jürgen Cain Külbe : Sì, ma ne parlerò nel mio prossimo libro [1]. Su questo punto mi permetta di fare un’osservazione circa gli indizi materiali raccolti dalle commissioni dell’ONU. In questo momento si pone il problema di sapere se, in via generale, quel materiale valga (ancora) qualcosa. Che cosa ne è stato di quel materiale durante la guerra di luglio in Libano ? Che cosa ha portato con sé il belga Serge Brammertz quando, due giorni dopo l’inizio della guerra, se n’è fuggito a Cipro al fine di scampare ai bombardamenti israeliani ? Così tante mani hanno potuto toccare liberamente quel materiale durante i bombardamenti che il tutto non può più essere rintracciato ed essere preso sul serio.



E’ inoltre imperdonabile dimenticare i legami tra l’impudente John Bolton, ambasciatore statunitense presso le Nazioni9 Unite, e Serge Brammertz ! Bolton, che un giorno aveva auspicato che Mehlis avesse per successore un clone, designato nella persona di Brammertz, si è fin qui mostrato estremamente soddisfatto della prestazione del Belga. Questo dovrebbe costituire un segnale d’allarme perché Bolton, uno dei più importanti criminali di guerra ancora in vita, è un uomo che ha contribuito in modo massiccio alla fabbricazione di prove per legittimare la guerra in Iraq.



Inoltre, abbiamo potuto leggere in tutti i rapporti finora pubblicati, che le commissioni dell’ONU non hanno potuto presentare alcuna informazione che possa servire all’identificazione del colpevole. Il signor Mehlis l’anno scorso ha fallito miseramente, perché aveva ignorato degli avvertimenti inequivocabili e perché pensava di poter mettere in ginocchio Damasco, con il sostegno degli USA e delle Nazioni Unite, a beneficio di Bush e compagnia. Il suo « lavoro », di cui vanno ricordate solo le strane audizioni di testimoni, non merita che la pattumiera della criminologia, oppure di figurare come esempio da non seguire nel quadro di seminari per giuristi o criminologi in erba.



Silvia Cattori : In sintesi, a quali conclusioni è arrivato e su quali punti le sue conclusioni contraddicono quelle di Mehlis ?



Jürgen Külbel : In linea generale, le mie conclusioni non hanno niente in comune con quelle di Mehlis. Peccato che il mio libro Mordakte Hariri (Il dossier Hariri) [2], disponibile in tedesco e in arabo, non sia ancora stato tradotto in altre lingue, perché è una domanda che spesso mi viene posta. Lo scopo del mio lavoro non è mai stato rifiutare i due rapporti di Mehlis. Volevo piuttosto dimostrare l’assurdità delle indagini delle commissioni dell’ONU, che portano ad un inammissibile vicolo cieco criminologico. Lo dimostro provando che esiste un’altra importantissima pista che non poteva essere ignorata. Normalmente, degli investigatori onesti non potrebbero permettersi tranquillamente di ignorare puramente e semplicemente piste come quelle sulle quali ho lavorato io. Ma quell’ignoranza dimostra chiaramente che la commissione dell’ONU procede in modo molto parziale nel suo lavoro. Questo normalmente dovrebbe essere considerato un veleno che uccide un’oggettiva indagine criminale ; tuttavia, per degli « investigatori in capo » che non mirano che a soddisfare servilmente gli interessi politici dei loro mandanti, è come una pozione magica. Ma su ciò, quei signori coinvolti - apparentemente tutti pesci morti che seguono a bocca chiusa la corrente – devono vedersela da sé con la propria coscienza, ammesso che ne abbiano una.



Qui, io chiedo ancora una volta che venga interrogato Richard Perle, o Daniel Pipes, un uomo che, quantomeno in Germania ed in altre circostanze, sarebbe già stato imprigionato per demagogie. O, ancora, che si interroghi Abdelnour o Najjar o Kahl e tutti gli altri che non hanno le mani pulite, che volevano sbarazzarsi di Hariri, che chiedevano la caduta del governo libanese e che io cito nel mio libro. Essi avevano già preparato su un piano teorico la violenza ; e alcuni tra loro avevano già ucciso Hariri verbalmente o lo avevano già iscritto sulla loro lista nera. Perché, finora, nessuno di questi individui è stato interrogato, almeno per vagliare la sua posizione, da quegli investigatori in capo che si fanno passare per eroi e pretendono che la loro vita in Libano sia minacciata ? A causa di queste omissioni, la commissione si rende ridicola e, che lo voglia o meno, indirettamente si prostituisce.



I media seri devono ora fare pressione sulla commissione dell’ONU. Non parlo di dettagli, di piste, del contenuto degli interrogatori. Si tratta di mettere in questione l’obiettività dell’inchiesta : essa è inesistente, perché i commissari chiudono scientemente gli occhi di fronte ad una pista importantissima. Così i responsabili, e pure il presidente Chirac, possono continuare a spargere belle parole mistificatrici.



Silvia Cattori : Lei è dunque giunto alla conclusione che la Siria non sia responsabile dell’assassinio di Rafic Hariri come affermato da Bush ?!



Jürgen Külbel : Gli accoliti di Bush sapevano che cosa tramavano, quando lasciarono dire al loro leader, a Washington, con il corpo di Hariri ancora caldo, che i mandanti del crimine si trovavano a Damasco. Gli ambienti drusi e libanesi anti-siriani diedero un’eco immediata a quelle accuse. La canzone intonata poi, nel marzo 2005, dal primo commissario, l’irlandese Peter Fitzgerald, sul lasciar perdere delle autorità libanesi circa la sicurezza dei luoghi del crimine e la conduzione dell’indagine sul posto, era calcolata e intrisa di una condiscendenza di stampo coloniale. Tutti sapevano che – confrontati con i nostri standard - la polizia libanese e i servizi segreti mancavano di personale specializzato, di equipaggiamenti tecnici, di metodi d’indagine medico-legali e criminologici, come della logistica e della conoscenza necessarie per indagare su un crimine capitale di una tale importanza. E da dove diavolo avrebbe potuto uscire tutto questo ? I responsabili del Potomac e i servizi che hanno pianificato l’attentato contro Hariri sapevano con pertinenza che, se i Libanesi avesse condotto l’inchiesta iniziale, si poteva essere sicuri al cento per cento che vi sarebbero state delle negligenze. D’altronde, nel mondo intero, non è raro vedere questo genere di errori e di negligenze nel corso di indagini di polizia criminale. E, nel caso specifico dell’attentato contro Hariri, questi «errori e negligenze» dovevano servire da pretesto per dirigere i primi sospetti su un presunto complotto libanese-siriano.



Questa fantasia è stata dapprima alimentata da un giornalista corrispondente dal Vicino Oriente, Robert Fisk il quale, ben prima della pubblicazione del rapporto di Fitzgerald, sul quotidiano britannico The Independent, aveva dato un’immagine erronea della situazione affermando che gli investigatori erano convinti che fossero state falsificate delle prove “nelle più alte sfere» dei servizi segreti” e che il rapporto dell’ONU sarebbe stato «devastante». Fisk non indicava le sue fonti, eppure anticipava che il presidente statunitense George W. Bush avrebbe presto annunciato che « ufficiali siriani e forse libanesi dei servizi segreti militari » erano « implicati » nell’omicidio. Allora, la Casa Bianca pronunciò una smentita da considerarsi in realtà un’ipocrisia.



Silvia Cattori : Quali obiettivi perseguivano gli assassini di Hariri ?



Jürgen Külbel : Un demone imperversa in tutto il mondo. Nel quadro della restaurazione globale delle relazioni che esistevano prima della divisione in un campo comunista e in un campo capitalista, e motivati dagli interessi geostrategici ed economici del capitale, i difensori delle forme di potere occidentali, a torto considerate democrazie, si servono di sedicenti « rivoluzioni democratiche » - varianti meno dispendiose di putsch – per eliminare governi indesiderati.



Nel 2003, mentre gli imperatori d’oltremare e i loro paladini anglosassoni erano in piena campagna militare contro l’Iraq, i criminali di guerra si accorsero ben presto di essere a mal partito : la « pacificazione » dell’Iraq si faceva attendere, come il suo effetto domino, ossia la liquidazione del panarabismo che doveva dare il via alla caduta di altre autocrazie e dittature vicine, portare alla balcanizzazione dell’Arabia, rendere così più facile la sua dominazione e il suo sfruttamento e permettere di installare Israele in una posizione di egemonia.



Innervosito, l’Imperatore Bush Jr. tirò fuori dalla scatola la glaciale afro-americana Condoleezza Rice e la nominò segretario di Stato. Da allora, apertamente o di nascosto, la Rice sostiene e finanzia - come fanno anche quelli che traggono profitto dalla guerra e il vicepresidente Dick Cheney o il Comandante in capo del potere terroristico americano e servitore del « Big Oil » Donald Rumsfeld - dei « movimenti di resistenza » che mirano ad ottenere, con la forza, dei cambi di regime negli Stati dell’ex Unione Sovietica o del Vicino Oriente e anche nelle regioni in prossimità delle quali si progetta la costruzione di oleodotti.



L’aiuto finanziario e « logistico » è fornito, tra gli altri, dall’associazione Freedom House, guidata dall’ex direttore della CIA, James Woolsey, dall’United States Agency for International Development (USAID), dall’Open Society Institute di George Soros, uno degli uomini più ricchi del mondo, dal National Endowment for Democracy (NED) e anche dal governo di Tony Blair.



Dall’arrivo della Rice, il mondo intero ha potuto « allietarsi » con alcune effimere rivoluzioni « democratiche » nel segno dei frutti e dei legumi : arance in Ukraina, velluti in Georgia, tulipani in Kirghizia, come della « Rivoluzione dei cedri », scatenata nella primavera del 2005 dopo l’attentato contro l’ex Primo ministro libanese Rafic Hariri. Quest’ultima «rivoluzione» è stata guidata dal feudatario druso Walid Jumblatt, grande massacratore durante la guerra civile in Libano.



Silvia Cattori : Rafic Hariri, non era giunto quasi alla fine del suo mandato ?



Jürgen Külbel : Poco importava : per agire efficacemente sull’opinione pubblica, bisognava abbattere una figura di punta della vita pubblica e politica al fine di aizzare la collera del popolo libanese. Per scatenare la « Rivoluzione dei cedri » - un concetto estratto dal cilindro delle idee neoconservatrici – non c’era niente di meglio dell’assassinio di un Hariri, cioè della liquidazione di un Signor Libano che dirigeva lo Stato come se si trattasse della sua proprietà personale.



Silvia Cattori : Nel corso della sua inchiesta, lei ha avuto contatti con la Commissione Mehlis ?



Jürgen Külbel : Lo consideravo inutile, poiché seguivo proprio tutt’altra pista. Dopo la fastidiosa lettura di centinaia di falconi e di migliaia di pagine passati per le mani del Tedesco (Mehlis) lei è vinta dall’impressione che Signora Giustizia si strappi le bende dagli occhi e cerchi di ammazzarvi con l’asta della sua bilancia. E a quel punto, lei non ha più voglia di contattare il signor Mehlis. Malgrado tutto, l’ho contattato su un punto specifico. Si trattava delle emittenti di disturbo in dotazione alle vetture del corteo di Hariri e che, secondo una fonte anonima, erano di origine israeliana. All’epoca, egli pretendeva di attenersi al segreto professionale e trasmise la mia richiesta a Brammertz. Appena uscì la versione tedesca del mio libro Mordakte Hariri, egli ruppe il suo « voto di silenzio » - ignoro se fosse d’accordo con Brammertz o parlasse a titolo personale – e dichiarò il 21 aprile 2006 in un’intervista al giornale libanese Daily Star : « Le affermazioni che compaiono in quel libro, come quella che i dispositivi di disturbo utilizzati da Hariri erano prodotti da un’impresa israeliana, sono completamente false e del tutto ridicole. Io ed alcuni membri della commissione dell’ONU abbiamo esaminato tale questione e il sistema utilizzato da Hariri era stato importato da un paese dell’Europa occidentale ».



Bene, « importato » non vuol dire prodotto. Questo ci rinvia alla domanda chiave alla quale Gil Israeli, ex membro dei servizi segreti e capo dell’impresa israeliana che produce queste emittenti di disturbo, non mi ha dato risposta. Gli avevo chiesto : « Vuol dire che lei non può escludere che Hariri poté acquisire per vie traverse, degli apparati di disturbo prodotti dalla sua impresa ? » Può anche darsi che l’acquisizione sia avvenuta con l’intermediazione di una di quelle imprese europee che non sono altro che una cassetta postale e per le quali, « in certi casi » e « per clienti speciali », le restrizioni all’esportazione prescritte dal ministero israeliano della Difesa possono essere aggirate.



In ogni caso, dopo la messa in discussione della mia tesi da parte di Mehlis, gli ho chiesto per iscritto delle precisazioni e spiegazioni al fine di evitare inesattezze nella tradizione araba del mio libro. Ma egli era già svanito come la bella addormentata nel bosco. Non ho mai ricevuto risposta.



Silvia Cattori : Insomma, se dei testimoni non avessero ritrattato, Bush avrebbe avuto il pretesto che voleva per mettere subito in esecuzione i suoi progetti di destabilizzazione contro la Siria ?



Jürgen Külbel : Certamente. Dopo il Libano, Bush aveva puntato sull’effetto domino e credeva che anche la Siria sarebbe stata una facile preda. Inoltre, aveva già sottomano un burattino appropriato : il « leader dell’opposizione siriana » residente negli Stati Uniti, Farid Ghadry, una sorta di Chalabi siriano, che attendeva il suo momento. Quest’uomo d’affari, nato ad Aleppo, presidente del Partito Riformista Siriano (PRS), fondato proprio l’11 settembre 2001, è del tutto sconosciuto in Siria. A otto anni, era emigrato in Libano con i suoi genitori, poi negli Stati Uniti, dove ha seguito studi di economia e di marketing ; in seguito ha lavorato nell’industria dell’armamento raggiungendo la prosperità. Dopo l’11 settembre 2001, ha ritenuto giunto il momento di aiutare la sua patria lontana, « con riforme economiche e politiche per la democrazia, la prosperità e la libertà ». Per questa ragione ha aderito all’US-Committee on the Present Danger di cui fanno parte persone come Newt Gingrich e l’ex capo della CIA James Woolsey. Impressionato dagli avvenimenti del Libano, Ghadry ha scritto, nel febbraio 2005, in un articolo : « La democrazia (in Siria) non resterà che un’illusione finché il governo americano non sarà disposto a sostenere pubblicamente e a finanziare adeguatamente le riforme. Un incontro alla Casa Bianca con un leader siriano democratico potrebbe inviare un segnale forte a Damasco indicandole che i cambiamenti sono stati messi in marcia ».



Già a fine marzo, i suoi voti erano esaudirti da Elizabeth Cheney, figlia del vicepresidente e incaricata per il Vicino Oriente al dipartimento di Stato. Altre volte lei aveva messo in piedi una collaborazione con il segretari alla Difesa Donald Rumsfeld, con la Middle East Partnership Initiative (MEPI) che, sotto il manto di « riforme economiche, politiche e dell’insegnamento », eroga fondi alle forze dell’opposizione nel mondo arabo. Solo per l’anno 2003, questi fondi sono ammontati a 100 milioni di dollari. Questa sostenitrice della linea dura, trentaseienne, aveva presieduto, a Washington, una riunione « non ufficiale » alla quale avevano partecipato Farid Ghadry e « Siriani d’opposizione ». La squadra di Ghadry – tutti dissidenti residenti negli Stati Uniti e riuniti nella « Syrian Democratic Coalition » (SDC) – aveva discusso con funzionari dell’ufficio del vicepresidente, del Pentagono e del Consiglio di sicurezza nazionale, sulla questione di « come indebolire il regime di Damasco » e di « come provare che funzionari siriani erano coinvolti in macchinazioni criminali ». Ghadry, il quale chiedeva che il presidente degli Stati Uniti in persona aumentasse la pressione su Damasco, aveva riassunto quella riunione dicendo che l’appello alla democrazia in Siria « era stato preso molto sul serio al più alto livello del governo Bush ». Da parte sua egli voleva, « in stretta collaborazione con il governo americano e con l’Unione Europea », rovesciare « il tirannico regime siriano del Baath ». Va fatto notare che Ghadry, che collaborava strettamente con Abdelnour, è scomparso dalla scena dopo aver mentito al Parlamento europeo e dopo essere stato detronizzato dal proprio partito per le sue « dubbie pratiche ».



Tutti avevano creduto che l’uomo fosse finito. Ma egli è ricomparso. E questo, in occasione del forum mondiale dell’American Enterprise Institute (AEI), un « think tank » neoconservatore, tenutosi dal 16 al 18 giugno 2006 a Beaver Creek (Colorado), e nel corso del quale sarebbe stato pianificato un attacco aereo israelo-americano contro l’Iran. Inoltre, in occasione di quella riunione, Cheney ha dato all’ex Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahou, anch’egli presente, il suo via libera per scatenare la guerra contro il Libano. Tra i 64 partecipanti alla conferenza dell’AEI, si contavano il segretario alla Difesa Rumsfeld e altri membri dell’amministrazione Bush. Durante la conferenza, Cheney ha incontrato anche Farid Ghadry. Questo non è certo di buon auspicio.



Silvia Cattori : Quale ruolo ha svolto Saad Hariri, figlio di Rafic, durante quest’indagine ? Non era dalla parte di quei Libanesi che hanno incitato dei membri dei servizi segreti a testimoniare contro la Siria ?



Jürgen Külbel : Mi lasci dire quanto segue : agli inizi di luglio 2006, Sulaiman Franjieh, presidente del partito libanese Marada, ha dichiarato nel corso di un’intervista trasmessa alla televisione che, quando era ministro dell’Interno, su di lui erano state esercitate delle pressioni. Egli avrebbe dovuto dire che la bomba che ha ucciso Hariri era stata collocata sottoterra, affinché la famiglia di Hariri potesse beneficiare del premio di assicurazione. Hariri junior ha sporto querela contro Franjieh per calunnia.



Silvia Cattori : E la posizione dei socialisti drusi di Walid Joumblatt e di Marwan Hamadeh ?



Jürgen Külbel : Non desidero parlare di Joumblatt, perché non sono uno psichiatra. Quanto a Hamadeh, si è posta la domanda se egli stesso possa essere stato una sorta di test per l’assassinio di Hariri. Sicuramente egli non era la vittima ideale per provocare una rivolta popolare generalizzata suscettibile di essere incanalata nella direzione voluta. Ma, almeno in quanto personalità ancora in vita, egli non era indispensabile per Tel Aviv. All’epoca in cui era ministro dell’Immigrazione, Hamadeh aveva dichiarato quando Elie Hobeika era stato vittima di un attentato : « E’ chiaro che Israele non vuole avere testimoni contro di sé in occasione dello storico processo in Belgio che certamente giudicherà Ariel Sharon colpevole dei massacri nei campi profughi di Sabra e Chatila. Noi a Beyruth, abbiamo già sofferto da quel criminale di Sharon e i Palestinesi sopportano oggi da lui la stessa cosa ». Erano frasi durissime nei confronti di Israele. Il primo ottobre 2004, Hamadeh fu vittima di un attentato che gli fece esplodere l’auto a Beyruth ; lui sopravvisse, ma morì suo autista.



Silvia Cattori : Che ne è dei generali arrestati in seguito all’indagine condotta da Mehlis ?



Jürgen Külbel : Dove sono le organizzazioni dei diritti dell’Uomo ? Nel suo rapporto, Brammertz ha allargato la sintesi redatta da Mehlis, secondo la quale l’assassinio di Hariri non avrebbe potuto essere portato a buon fine all’insaputa dei membri di alto rango dei servizi segreti siriani e libanesi. Mentre Mehlis era solito estrarre dal cilindro delle «prove» al condizionale, Brammertz si esprime in modo insolitamente « misterioso » e cerca di far passare per nuove delle cose già note : parla di « atto terroristico altamente complesso », afferma che le persone implicate hanno agito in modo molto « professionale », che il crimine « è stato pianificato in modo molto efficace e realizzato con una disciplina individuale e collettiva straordinaria » e che « almeno qualcuna delle persone implicate doveva avere esperienza di quel genere di atti terroristici ».



Così, non cambierà niente, come ci assicura Jumblatt : « Brammertz si basa sul lavoro effettuato da Mehlis. Il fatto che il rapporto (…) stabilisca un legame tra tutte le esplosioni avvenute prima e dopo l’assassinio di Hariri è un’accusa formale contro il regime siriano (…) che dominava il Libano nel momento dell’assassinio di Hariri ». Si tratta, per così dire, di una « tacita condanna del regime siriano » perché, dixit Jumblatt, « Brammertz è molto professionale ». E’ quel che si prepara nel retroscena che ci deve indicare il futuro. In ogni caso, Brammertz non ha alcuna obiezione contro la continuazione della detenzione dei quattro capi di alto rango della sicurezza libanese, arrestati l’estate scorsa su istigazione di Mehlis, sebbene le prove avanzate contro di loro fossero completamente crollate lo scorso dicembre. Invece, in collaborazione con l’ONU, il Libano si prepara a presentarsi di fronte ad un tribunale. È piuttosto ingenuo chi pensa che Brammertz possa seguire una via personale o anche una via « amichevole nei confronti della Siria ». Solo la « via gerarchica» europea può aprirci gli occhi : Carla del Ponte, procuratore generale contro Milosevic, aveva proposto, nella primavera del 2005, il suo amico fraterno Detlev Mehlis per il posto di capo inquirente, il quale da parte sua ha raccomandato come successore, nel dicembre 2005, il suo amico Serge Brammertz. Non si morde la mano di chi ti dà da mangiare ! Non è certo sicuro che abbia ragione il deputato siriano Mohammad Habash, quando si rallegra perché il rapporto di Brammertz sarà « senza alcun dubbio una cattiva nuova per i nemici della Siria ». Le iene si sono dunque piazzate sul colpevole auspicato da Bush e non sembrano prossime a mollare. Naji Boustani, uno dei difensori, mi ha detto: « Da mesi, rivolgo puntualmente tutti i giorni una domanda al giudice istruttore responsabile che, nell’estate 2005, ha seguito la raccomandazione di Mehlis di procedere all’arresto delle quattro persone. Ma egli non reagisce. Il nostro sistema giudiziario non offre alcuna possibilità di opporsi a decisioni prese da un giudice istruttore. E Mehlis lo sapeva bene. Una volta arrestati, essi resteranno in detenzione finché questo piacerà al giudice istruttore».



Silvia Cattori : A suo avviso, qual è il significato del suicidio del ministro dell’Interno siriano Ghazi Kanaan ?



Jürgen Külbel : Evidentemente si è trattato di un ricatto. Nell’estate 2005, gli Stati Uniti avevano congelato i conti di Ghazi Kanaan. Affermavano che egli era coinvolto in affari illeciti nel Libano. Kanaan era pure in stretta relazione con Hariri sul piano finanziario. Dopo l’offensiva dell’amministrazione Bush, non solo i media libanesi avevano rafforzato la pressione psicologica su di lui, ma era stato anche trattato da « padrino della droga ». Si parlava di un interrogatorio di Kanaan da parte di Mehlis. Si sa come vanno le cose : qualcuno viene a vederla e pone sul tavolo, senza proferire parola, dei documenti dai quali risulta che lei ha ricevuto a più riprese parecchio denaro dalla vittima, poi sparisce. Su questo punto non voglio esprimermi più dettagliatamente e lascio piuttosto parlare Walid Jumblatt – quel camaleonte politico libanese - e questo in un momento in cui, per una volta, aveva dimenticato di mentire mentre respirava : « Se la tanto attesa pubblicazione del rapporto dell’ONU circa l’attentato contro Hariri dovesse ledere il suo orgoglio, quella (il suicidio) sarebbe l’azione coraggiosa di un uomo coraggioso ».



Silvia Cattori : Mehlis è stato ben presto dipinto come privo di qualsiasi competenza professionale per condurre un’indagine così delicata. Gli è stato anche rimproverato di essersi appoggiato a politici libanesi corrotti e a fonti israeliane. Lei conferma queste affermazioni ?



Jürgen Külbel : Più di qualcuno in Germania, che pretende di conoscere Mehlis o il suo metodo di lavoro, afferma che egli è professionalmente incompetente e, lo dico in modo un po’ familiare, che è stupido. Tale era anche, nel dicembre 2005, l’opinione internazionale a suo riguardo. Io non ho l’impressione che sia così. Come i criminali sviluppano un proprio stile nella realizzazione di un crimine, così nelle sue inchieste Mehlis ha sviluppato il proprio. Che questo stile, che come un filo rosso attraversa la sua pratica, non corrisponda all’immagine che noi generalmente ci facciamo della legge e della moralità, è un’altra storia. Mi piace paragonarlo ad uno sportivo di alto livello, molto specializzato ; lo « specialista » Detlev Mehlis evidentemente dispone di caratteristiche, di « qualità » tali da permettere ad altri di designare il colpevole da loro scelto, colpevole che egli è in grado di fabbricare. Questa rende superata la seconda parte della sua domanda, perché egli doveva per forza far appello a quel genere di elementi corrotti da lei citati.



Ma mi lasci fare un’osservazione riguardo Israele : Ibrahim Gambari, segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite incaricato delle relazioni politiche, ha effettivamente detto, a fine agosto 2005, che Mehlis aveva stabilito « una buona collaborazione con Israele e la Giordania », ma che tale non era il caso della Siria. Un vero scherzo, se si pensa alle reti del Mossad scoperte quell’anno in Libano e che avevano sparso il terrore con veicoli imbottiti d’esplosivo e omicidi. Eppure, nessun membro delle Nazioni Unite è interessato a stabilire un nesso con il dossier Hariri. Non si può non chiedersi che cosa stiano a fare tutte quelle persone che siedono a New York.



Silvia Cattori : Si può concluderne che la commissione d’inchiesta affidata a Mehlis non era che uno strumento nelle mani dei neoconservatori i quali volevano che si attribuisse alla Siria l’origine dell’attentato ?



Jürgen Külbel : Questo è sicuro. Pensiamo all’esempio di Serge Brammertz che è, per così dire, l’avvocato non richiesto di John Bolton. Anche se il Belga ha, finora, evitato di incolpare Damasco per l’omicidio, un espresso desiderio di Washington, e anche se ha sottolineato che « la futura cooperazione della Siria sarebbe decisiva per l’indagine », il famoso Bolton, noto per le sue impertinenze, si è creduto in obbligo di tradurre : «Brammertz ci ha fatto capire, in modo diplomaticamente certo, che la Siria ancora non coopera pienamente ». Ciò significa che si deve « aumentare la pressione sulla Siria », se necessario, con una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ».



A prima vista, sembrava che il Belga avrebbe corretto le negligenze e le manipolazioni lasciate in eredità da Detlev Mehlis. Quindici mesi dopo l’attentato, egli ha affermato che Hariri è stato ucciso da un’esplosione al di sopra e al di sotto del suolo. È quello che dei testimoni affermano da tempo. Mehlis aveva respinto questa possibilità, perché non si aggiustava con la sua teoria del complotto che avrebbe permesso di chiamare in causa i Siriani. Egli ha privilegiato l’attacco dinamitardo al di sopra del suo, eseguito per mezzo di una Mitsubishi Cancer imbottita di una tonnellata di esplosivo. Ha attribuito l’attacco ai Siriani, facendo uscire magicamente dei « testimoni » dal suo cilindro. Brammertz non fa più menzione di quei « testimoni », evidentemente perché essi avevano fatto le loro deposizioni sotto minaccia di tortura o dopo aver ricevuto dei compensi e, inoltre, perché essi hanno ritrattato da tempo. Ma non scarta il materiale senza valore messo insieme dall’inquirente tedesco, poiché i quattro ex ufficiali libanesi che Mehlis aveva accusato sulla base di testimonianze sospette, di aver organizzato l’attentato in collaborazione con i servizi segreti siriani, si trovano ancora in isolamento carcerario.



I quattro militari avranno veramente la vita dura, perché Bolton dice che « Brammertz fonda la sua indagine sulle conclusioni del suo predecessore, malgrado le divergenze che si presentano. È chiaro che seguirà la stessa strada ». Brammertz desidera presiedere lui il Tribunale internazionale, a Cipro a partire dal 2007, e starà a lui e ai suoi giudici valutare le « deposizioni » di quei « testimoni principali » fabbricati da Mehlis. Quest’ultimo ha fatto il lavoro sporco con molto chiasso mediatico perché, gravi osservazioni a parte, egli ha pure ricevuto la croce federale al merito e, conformemente al suo dovere, si è eclissato dal caso come il « cattivo », per far sì che il suo amico Brammertz potesse rivestirsi dei panni del presunto « buono ». Un gioco di ruoli degno di un romanzo da quattro soldi, ma buono per i neoconservatori.



Silvia Cattori : Mehlis, come talvolta ipotizzato, ha lavorato negli Stati Uniti in centri di ricerca dei servizi segreti ?



Jürgen Külbel : Nel quadro del dossier « La Belle », egli è passato un momento oltre Atlantico nel 1996 e ha portato qualcosa con sé. Sarà andato a sciare ad Aspen nel Colorado con membri della CIA? E’ evidente che Mehlis è lo strumento dei servizi segreti. Senza di loro, non avrebbe potuto effettuare il suo lavoro di sabotaggio in quei domini sensibili della politica sporca. Si può esserne sicuri come di una preghiera in chiesa. Lei crede le grandi potenze così pazze da perdere il loro tempo con indagini « oneste » spinte da un ingenuo desiderio di verità ?



Per tornare ai suoi legami con i servizi segreti israeliani : Mehlis iniziò il suo « lavoro » con la commissione Hariri, l’UNIIIC, nel maggio 2005. Alcune settimane dopo, il 20 luglio, il quotidiano francese Le Figaro gli chiese perché avesse sollecitato l’assistenza di Israele e della Giordania. Mehlis rispose : « E’ noto che Israele possiede un buon equipaggiamento di sicurezza, in particolare attrezzature tecnologiche. Abbiamo chiesto loro di fornirci dati riguardanti l’assassinio. Ci hanno dato buone informazioni ».



Successivamente, nel suo primo rapporto del 19 ottobre 2005, scriveva nella sua introduzione, al paragrafo 19 : “ …è spiacevole che nessun altro Stato membro abbia trasmesso alla Commissione informazioni altrettanto utili.” Mehlis, non dice la verità. Anche la stampa israeliana ha scritto che agenti dei servizi segreti israeliani avevano incontrato la sua squadra in Europa.



Naturalmente, a nessuna di quelle persone è venuta l’idea di esaminare se il Mossad potesse essere quello che aveva tirato i fili nell’assassinio di Hariri. Non faceva parte delle istruzioni impartite dai loro datori di lavori. Non dovevano rispondere che ad una sola richiesta : mettere la Siria alla gogna. Fanno parte di quei robot che costituiscono il sistema burocratico : abituati, dietro la loro maschera appropriata, ad andare avanti in affari sporchi, cani da guardia del sistema, si sottomettono docilmente a qualsiasi oscenità. Già nel 1914, Henrich Mann, scrittore tedesco e fratello del famoso Thomas Mann, aveva descritto in modo impietoso questo genere di uomini nel suo romanzo Der Untertan. Oggi, le sue constatazioni non si applicano più solo ai Tedeschi.



Silvia Cattori : A suo giudizio, Brammertz è migliore ?



Jürgen Külbel : Il signor Brammertz ha sicuramente imbrogliato l’opinione pubblica con i suoi primi due « rapporti tecnici”. In queste ultime settimane, si dice che abbia «riscaldato» uno dei « principali testimoni » di Mehlis, Mohammad Zuheir Siddiq. Quest’ultimo ha affermato ad Al Arabiyya, il 9 settembre 2006, che il « presidente siriano Bachar Assad e la sua controparte libanese Emile Lahoud hanno dato l’ordine di eliminare l’ex ministro Rafic Hariri » e ha aggiunto che degli « assassini sono attualmente in carcere e gli altri sono in Siria ». Si tratta dei quattro ex capi della sicurezza generale libanese che sono detenuti da più di un anno sulla base della sua « dichiarazione » e su raccomandazione di Mehlis, cioè : il brigadiere-generale Jamil Sayyed ; il generale Raymond Azar, ex capo dell’informazione dell’Esercito di terra ; il brigadiere Mustafa Hamdan, ex capo della Guardia presidenziale ; e Ali Hajj, ex capo delle Forze di sicurezza generali interne.



Ma la rivista politica tedesca Der Spiegel aveva già rivelato, il 22 ottobre 2005, che Siddik era una dubbia persona che era stata riconosciuta colpevole di crimini e imbrogli. Questo presunto ex ufficiale dei Servizi segreti siriani era stato, in realtà, condannato più di una volta per delitti finanziari. La rivista aveva accusato che la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite era ben al corrente di essere stata ingannata da Siddik, che aveva esordito affermando di aver lasciato Beyruth un mese prima dell’attacco contro Hariri, ma che poi aveva dovuto ammettere, a fine settembre del 2005, il suo coinvolgimento diretto nell’esecuzione del crimine.



Siddik aveva dichiarato a Mehlis di avere messo il suo appartamento di Beyruth a disposizione di coloro che cospiravano per uccidere Hariri, tra i quali si trovavano i funzionari dei servizi segreti incarcerati. Per quanto lo riguardava, aveva dichiarato di aver raccolto informazioni per i servizi segreti siriani toccando i campi profughi palestinesi nel Libano. Eppure, settimane prima, il governo siriano aveva inviato della documentazione su Siddik a diversi governi occidentali, sperando che Mehlis non cadesse nella trappola di un impostore.



E’ in seguito divenuto evidente che Siddik aveva ricevuto denaro per le sue deposizioni, avendo i suoi tabulati rivelato che aveva ricevuto, a fine estate, una telefonata da Parigi nel corso della quale annunciava « sono diventato milionario ». Inoltre, i dubbi sulla credibilità di quest’uomo erano stati alimentati dalla rivelazione che Siddik era stato raccomandato a Mehlis dal rinnegato siriano di vecchia data Rifaat al-Assad, uno zio del presidente siriano che, più di una volta, si era proposto come una « alternativa al presidente della Siria ».



Il Libano ha spiccato un mandato d’arresto contro Siddik, in seguito definito sospetto dagli inquirenti dell’ONU, ma le autorità francesi hanno rifiutato di estradare Siddik perché in Libano è ancora in vigore la pena di morte.



Nessuno dei quattro capi della sicurezza incarcerati è stato formalmente accusato e nessuno di loro è stato messo a confronto con Siddik, come esige la legge.



Il 9 settembre 2006, Siddik ha ripetuto le sue accuse da Parigi : « Ho visto la vettura (sospettata di trasportare esplosivi) mentre veniva preparata al campo dei servizi segreti siriani di Zabani nella Bekaa e ho dato all’ex capo degli investigatori dell’ONU dei documenti e delle foto inoppugnabili di cui possiedo i negativi, e ci sono molte cose che più avanti saranno rivelate ».



Stavolta, Siddik afferma che i Servizi segreti siriani hanno tentato « di attirarlo in Siria offrendogli importanti somme di denaro e il titolo di eroe » in caso di ritiro delle sue precedenti accuse. Egli pretende di avere « la registrazione di un ufficiale siriano di alto livello » che gli avrebbe chiesto, un mese prima, di accusare alcuni dei capi del «Movimento del 14 marzo» di averlo spinto ad accusare la Siria dell’assassinio di Hariri.



Normalmente, i magistrati e i procuratori sani di mente sanno che questo genere di testimoni ha un problema e dovrebbero chiedersi : chi ha fabbricato questo supertestimone ? Ma sono certo che non vogliono porsi tale domanda e che Brammertz adora quel Siddik.



Silvia Cattori : Non è sconcertante che Kofi Annan abbia nominato un uomo di quel genere a un così alto incarico ?



Jürgen Külbel : Kofi Annan è – dopo O. J. Simpson e Condoleezza Rice – la terza persona di colore che non vorrei incontrare per strada.



Silvia Cattori : E’ una cosa innocente che Carla Del Ponte, procuratore che occupa la stessa posizione di Mehlis in seno al TPI abbia raccomandato Mehlis per quell’indagine ?



Jürgen Külbel : Sono usciti entrambe dallo stesso stampo. Carla del Ponte, o Carlita « la pesta », ha proposto Mehlis per quel posto. Il signor Mehlis ha, successivamente, proposto il suo amico Brammertz perché garantisca la sua successione.



Silvia Cattori : Mehlis non aveva già destato scandalo per aver concluso sulla responsabilità della Libia nell’attentato alla discoteca « La Belle » a Berlino, nel 1986, accusa che aveva permesso agli Stati Uniti di bombardare Tripoli, Benghasi e di isolare la Libia ?



Jürgen Külbel : Detlev Mehlis ha, in effetti, diretto le indagini sulla discoteca « La Belle ». Del resto, bizzarramente, fu lo stesso sinistrato, il proprietario della discoteca, ad avere per primo l’idea che i Libici potessero essere dietro il fatto. Il 6 aprile 1986, un giorno dopo l’attentato, diceva : « In questi ultimi tempi, si sente spesso parlare di attacchi terroristici il cui mandante è Kadhafi e io temevo che la mia discoteca potesse essere un giorno il bersaglio di un tale attentato ». La discoteca « La Belle » a Berlino Ovest era innanzi tutto frequentata da soldati statunitensi neri e, nell’attentato, una giovane turca e due GIs furono dilaniarti da una bomba ; parte dei circa duecento clienti fu gravemente ferita. Nessuno ha mai indagato per sapere se, come sostenevano dei testimoni, il proprietario fosse implicato nell’ambiente della droga e nel traffico d’armi, cosa che avrebbe potuto obbligarlo a rendere certi servizi.



Tutto quel caso è pieno di trabocchetti, di furbizie, d’intrighi ; è cucito dal filo usato dal servitore, in una tipica commedia borghese, per montare un’accusa conveniente al suo padrone. Ne parlerò più ampiamente nel mio prossimo libro ; questo casi l’ho studiato nei dettagli.



Silvia Cattori : Nel caso « La Belle » hanno avuto una funzione anche dei messaggi radio inviati dal Mossad per far cadere la responsabilità di quell’attentato sulla Libia. Che cosa fece l’inquirente e procuratore Mehlis di quel « materiale » che non si può veramente considerare una prova ?



Jürgen Külbel : Subito dopo l’attentato, Ronald Reagan, allora presidente degli Stati Uniti, era convinto che l’atto fosse stato messo in opera dal capo dello Stato libico Mouammar Al Kadhafi. Doveva servire da prova un messaggio radio dell’Ufficio del popolo (ambasciata) di Libia a Berlino, capitale della RDT, che si pretendeva intercettato dai servizi segreti statunitensi NSA ; il messaggio diceva : « Questa mattina, alle 1h30, una delle azioni è stata realizzata con successo e senza lasciare alcuna traccia. Ufficio del popolo a Berlino.»



Durante il processo Lockerbie, l’ex ufficiale dei servizi segreti israeliani, Victor Ostrovski, dichiarò sotto giuramento che, all’epoca, dei commando del Mossad avevano installato « un cavallo di Troia », cioè un’emittente, a Tripoli che diffondeva falsi segnali attestanti il « succèsso » della bomba a Berlino. Secondo Ostrovski, i messaggi radio intercettati non erano che un’invenzione del Mossad.



Silvia Cattori : Lei che cosa sa di quei presunti messaggi radio ?



Jürgen Külbel : Mehlis si rivolse ai servizi segreti tedeschi (BND) a Pullach, presso Monaco. Detlev Mehlis era venuto a sapere dei messaggi e desiderava utilizzarli come prove. Poi, il 4 ottobre 1996 ci fu un incontro tra Mehlis e i collaboratori della sezione «Fornitura tecnica» del BND che gli assicurarono che la sua richiesta sarebbe stata esaminata. Alcuni giorni dopo, l’8 ottobre 1996, ricevette dal BND un documento con il contenuto dei messaggi radio sospetti.



Per la precisione, si trattava di cinque presunti messaggi per radio telescrivente, che si sospettava fossero stati scambiati tra Tripoli e l’Ufficio del popolo libico a Berlino Est, tra il 25 marzo ed il 5 aprile 1986, e di cui il BND – come affermato da quei signori – era giunto a conoscenza nel quadro dei suoi lavori di registrazione. Il servizio segreto dichiarò che i messaggi erano stati registrati, in forma cifrata, da un « servizio amico », molto probabilmente un servizio degli Stati Uniti, poi trasferiti al BND. Il servizio in questione pretendeva dal BND che la sua identità fosse mantenuta segreta, ma lo autorizzava a mettere i messaggi intercettati a disposizione dell’ufficio del procuratore tedesco e del Tribunale.



Quando due anni dopo, il 6 ottobre 1998, il BND fornì al tribunale una testimonianza ufficiale su quei messaggi, dichiarò che era certo possibile manipolare del materiale scambiato in quel modo, ma che il BND non aveva, nel caso specifico, ragione di dubitare della sua autenticità.



Il servizio segreto tedesco pretendeva di aver decifrato i messaggi e di averli poi tradotti in tedesco dalla versione originale araba. E qui le cose si incagliarono : il servizio segreto tedesco informò per iscritto il Tribunale che « BND non disponeva più né della versione originale cifrata, né del testo originale in lingua araba ». Tutto ciò non era insolito per i signori di Pullach, la centrale dei servizi segreti tedeschi, perché non si sarebbe trattato che delle procedura abituale adottata lavorando con quel genere di messaggi, in cui la versione decifrata e tradotta sostituisce « l’originale ».



Quei messaggi radio, che qui non citerò uno per uno, non sono che un fantasioso prodotto del Mossad, come dichiarato da Ostrovsky sotto giuramento. Ma, come si può vedere, essi non mancarono di fare il loro percorso, assai poco serio, giungendo di fronte ad un tribunale tedesco.



Si tratta di un intrigo della peggior specie e così trasparente che alle persone sane di mente si rizzano i capelli di fronte a questo genere di manipolazioni.



Silvia Cattori : Si può dedurne che Mehlis fosse l’uomo di Israele e degli Stati Uniti avendo già coperto un’azione del Mossad in quel caso berlinese ?



Jürgen Külbel : Per le ragioni sopra citate, condivido ampiamente l’analisi del politologo britannico Nafeez Mosaddeq Ahmed : « In quanto procuratore di Berlino, Mehlis ha, accidentalmente ma in modo logico, ravvivato il dubbio interesse che i servizi segreti americani israeliani e tedeschi rivolgevano all’attacco terroristico del 1986, ha costruito attivamente contro dei sospetti un dossier selettivo e politicamente motivato, senza oggettive prove materiali, ignorando e proteggendo un gruppo di sospetti che avevano delle relazioni provate con i servizi segreti occidentali ».



Silvia Cattori : Brammertz ha chiesto di prolungare l’inchiesta per un anno. Ha senso questo ?



Jürgen Külbel : In un certo modo, in questa inquisizione dell’ONU, ai signori inquirenti è venuto a mancare il fiato ; vale a dire che il complesso delle prove contro Damasco e contro i quattro ex ufficiali della sicurezza libanese è logoro come un vecchio calzino. Ma è sufficiente per quelli che danno gli ordini – l’amministrazione americana – per mantenere ostentatamente vive le accuse contro la Siria, almeno per un anno ancora. Bush ha ancora indubbiamente alcuni progetti di guerre imperiali per il suo secondo mandato.



Silvia Cattori : Il « Movimento del 14 marzo » ha ottenuto l’appoggio finanziario degli Stati Uniti ?



Jürgen Külbel : Vuole parlare di quella pietosa troupe al servizio dell’America della Morte dalla « rivoluzione » dei cedri ?



Silvia Cattori : Quel movimento non è al servizio delle mire di Ziad Abdelnour, l’uomo sul quale contano Tel Aviv e Washington per mettere in piedi un regime loro favorevole ? Nel suo libro, lei non nomina Ziad K. Abdelnour, presidente del Comitato USA per un Libano libero, come una persona che svolge un ruolo importante nella promozione dei piani dell’amministrazione Bush ?!



Jürgen Külbel : Quel signore è uno dei più attivi criminali in colletto bianco e non perde occasione per dare libero corso alla propaganda e alla denigrazione, per denunciare la Siria e lo statu quo in Libano. Egli si è messo in testa di imporre all’Arabia dei rapporti capitalistici classici. Penso che dopo l’uscita del mio libro, egli non svolgerà più un ruolo politico. Ma i suoi interessi economici e quelli dei suoi clienti saranno evidentemente soddisfatti da un regime fantoccio. Ecco il vero obiettivo di quel banchiere di Wall Street. Una regione araba che non sia sistematicamente depredata rappresenta una perdita economica per uomini della sua specie. Ad esempio, tra il 5 e il 7 giugno 2006, ha pronunciato un discorso a Dubaï, all’hôtel Madinat Jumeirah, sull’argomento « Venture capital investing » nella regione araba. Abdelnur si è espresso in quanto presidente & CEO di Blackhawk Partners, LLC, USA, di fronte a responsabili di grandi gruppi e banche di Europa, Stati Uniti, Vicino Oriente e Golfo, come in presenza di rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale.



Silvia Cattori : La destabilizzazione del Libano è servita allora ai candidati finanziati da Israele e dagli Stati Uniti, come Nagi N. Najjar ?



Jürgen Külbel : Non un solo Libanese onesto tollera quel Najjar, collaboratore di lunga data di Israele, anche come capo di un gruppo di venditori di calzature. Quel genere di persone immorali, generalmente al servizio di due padroni, vive la propria esistenza nelle zone d’ombra tra politica e servizi segreti, fa i prpri giochetti e si sistema come collaboratore e mandante. Il ruolo di quello « stratega » richiede indagini ancora più approfondite di quelle che già ho effettuato. Etienne Sakr, capo della milizia « Guardians of the Cedars », a fine febbraio ha stabilito un contatto tra una delegazione di « resistenti libanesi in esilio » e membri del Parlamento britannico al fine di discutere della « situazione » del Libano e della Siria. Najjar era, naturalmente, della partita. Quegli esiliati, attesi in Libano da processi a causa della loro collaborazione con Israele durante la guerra civile, nell’occasione hanno reclamato il diritto al ritorno e quello di partecipare al processo politico per combattere il fondamentalismo islamico. Inoltre, essi hanno criticato Beyruth per non aver disarmato Hezbollah. Sakr, contro il quale è stata pronunciata in Libano la pena di morte, ha chiesto inoltre a Londra e a Washington, di aumentare la pressione sul governo di Damasco che sarebbe, secondo lui, un focolaio di disordini nella regione, perché « incoraggia » il terrorismo e Hezbollah. Al « Military Officers Club » di Londra, le due parti si sono messe d’accordo per tenere vive tali richieste e anche per trovare un’intesa con i Francesi.



Più o meno nello stesso momento, si incontravano come per caso, il 17 marzo, quattordici uomini politico siriani esiliati a Bruxelles, i quali dichiaravano che la «Siria ha bisogno di essere liberata dal regime autocratico che ha indebolito il paese ». Il gruppo d’opposizione, formato dai liberali, dai comunisti, dai Curdi e dai fratelli musulmani, auspicava, con un cambio di regime, l’abrogazione della costituzione, l’installazione di un governo di transizione, l’organizzazione di elezioni e l’eliminazione dello stato di urgenza.



« Una delle nostre sfide più grandi è abbattere il muro della paura », ha dichiarato Nadjib Ghadbian del Consigluio nazionale siriano, una confederazione di gruppi d’opposizione negli Stati Uniti. Ghadbian, professore all’università di Arkansas, è inoltre membro dirigente del « Center for the Study of Islam & Democracy » (CSID) con sede a Washington, un’organizzazione di dissidenti che collabora con l’USAID di Cheney e Rice. Si prepara semplicemente il « nuovo Vicino Oriente » tanto caro alla granitica Rice.



Silvia Cattori : L’arresto in Libano meridionale, nel giugno 2006, di persone appartenenti ad una rete del Mossad ha un legame con il caso Hariri ?



Jürgen Külbel : Il 26 giugno, ho inviato una lettera aperta a Kofi Annan e a Serge Brammertz, che è stata anche pubblicata su quotidiani arabi. Ho chiesto loro di non lasciar passare del tempo inutilmente e di allargare il campo delle indagini del caso Hariri in direzione di altri eventuali mandanti del crimine, in particolare « Israele e il Mossad » e tutti i loro collaboratori. Dato che quel genere di crimini commessi dal Mossad all’estero –come il recente caso di Majzoub – non può essere eseguito che con l’autorizzazione del Primo ministro israeliano, ho proposto ad Annan di dare immediatamente l’autorizzazione all’UNIIC – se necessario con una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU – ad interrogare i responsabili del governo israeliano, in primo luogo il Primo ministro Ehud Olmert e il capo del Mossad Meir Dagan. Perché, come dimostrato dalle indagini dell’esercito libanese, Israele dispone di una vasta esperienza ed è ben collaudato nella tecnica criminale dei veicoli imbottiti di esplosivo. Inoltre, sotto la direzione di Serge Brammertz, spalleggiato dai suoi solerti investigatori, l’UNIIIC ha la possibilità unica di mettere in luce il funzionamento di un sistema terroristico operante al più alto livello logistico e tecnologico e così sarebbe forse nella prospettiva di trarne una migliore comprensione o elementi di raffronto, di trovare una risponda a molte domande comparse nel corso dell’indagine ; tra cui la domanda su quali mezzi di alta tecnologia siano stati impiegati per effettuare l’attacco contro Hariri.



Silvia Cattori : Alcuni analisti concordano nel dire che la Francia, con il suo appoggio alla risoluzione 1559, è responsabile dell’attuale sorte del Libano. Lei ha capito perché la Francia si è lanciata, dal 2004, in una direzione che compromette la sua credibilità agli occhi del mondo arabo ?



Jürgen Külbel : E’ evidente che la Francia è tra i principali responsabili della catastrofe che ha colpito il Libano dopo la morte di Hariri. Jacques Chirac non solo è un partner delle macchinazioni statunitensi nel Levante, ma ha pure attivamente cercato di convincere Bush a dare carta bianca alla Francia nella sua antica zona d’influenza coloniale. Il testo della risoluzione 1559 dell’ONU, che chiedeva il ritiro delle truppe siriane dal Libano, è stato redatto da un consigliere dell’Eliseo in collaborazione con il segretario di Stato Condolezza Rice. Apparentemente, né il segretario generale dell’ONU Kofi Annan, né il ministro degli Esteri francese erano stati informarti. Dopo l’attentato contro Hariri, tutto indica che Chirac, Bush e Sharon si siano messi d’accordo su una divisione dei ruoli nel complotto mirante a rovesciare il presidente siriano Assad e ad eliminare il partito Baath.



Silvia Cattori : Lei pensa che la regione si trovi nel mezzo di una lunga guerra ? E che Israele la condurrà per distruggere non solo Hezbollah, ma anche i popoli della regione ?



Jürgen Külbel : In primo luogo, Israele prende in ostaggio la comunità dei popoli. Le corti principesche « democratiche » d’Europa e d’altrove inviano 15000 loro ragazzi in Terra Santa, perché garantiscano « con un robusto mandato » la sicurezza dello Stato ebraico. È evidente che sono i contribuenti di ognuno degli Stati a pagare queste missioni. Dunque, zero rischi e zero spese per Israele. E le bare dei soldati sono accolte con squilli di trombe e salve di cannone, essendo in queste occasioni la cassa imperiale abitualmente generosa, un’impresa, questa, non troppo onerosa. Quanto a sapere se il «robusto mandato» possa anche parallelamente servire a preparare un attacco di Israele o degli Stati Uniti, o dei due insieme, contro l’Iran, questo va chiesto al diavolo del Kentucky. È possibile che i caschi blu siano destinati precisamente a servire da copertura, in questa regione dell’Oriente arabo, nel momento in cui gli aerei da combattimento imperiali e israeliani attaccheranno Teheran. In ogni modo, nel corso degli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno ridotto l’ONU all’impotenza e l’hanno minacciata di sanzioni finanziarie nel caso in cui non si metta al servizio degli imperatori del Potomac. Perché gli Statunitensi dovrebbe farsi scrupolo di utilizzare per missioni da combattimento, secondo il voler dei signori Bush e Cheney, delle forze armate inizialmente previste per missioni di mantenimento della pace ?



Silvia Cattori : Il Mossad e la CIA devono oggi considerarla un nemico e sorvegliare tutti i suoi scambi e contatti ; non ha timore che tentino di farla tacere con la forza ?



Jürgen Külbel : Quest’idea mi è già passata per la testa. Nei falconi trattati da Mehlis, si trovano regolarmente dei decessi, sia per incidente che per depressione. È l’argomento del mio prossimo libro.





Silvia Cattori, giornalista svizzera.





Argomentazioni raccolte da Silvia Cattori per il Réseau Voltaire.

Tradotto dal tedesco in francese di Eva Hirschmugl e JPH.

Versione italiana eseguita da Belgicus per la rivista Eurasia

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[1] Geheimakte Mehlis – Terroristenjäger, Staatsanwalt, Gesetzesbrecher, in pubblicazione da marzo 2007.



[2] Mordakte Hariri, Unterdrückte Spuren im Libanon di Jügen Cain Külbel, Edition Zeitgeschichte Band 34, 2006 (ISBN 3-89706-860-5).





Voltaire, édition internationale