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Sviluppo?

di Michele Serra - 14/11/2006

 

Se avete mai provato a spiegare a un figlio adolescente perché deve
spegnere
le luci di casa quando non le usa; o convincerlo che una doccia di
mezz'ora
consuma dieci volte di più di una doccia di tre minuti, eppure lava
allo
stesso modo: allora avrete sperimentato personalmente l'inutilità
quasi
totale della pedagogia ambientale (e forse della pedagogia in
generale...).
Il giorno dopo rifarà una doccia di mezz'ora, e lascerà tutte le
luci
accese. Il problema è che, con il trascorrere delle generazioni, noi
occidentali ci siamo convinti che il benessere e la tecnologia siano
"naturali": ovvi come il sorgere del sole, gratuiti come lo scorrere
dei
fiumi. E su questa credenza, che è scientificamente assurda,
irrazionale
come la più arcaica delle superstizioni, si poggia tutto o quasi il
nostro
quotidiano, tutta o quasi la nostra politica. Siamo riusciti
(scelleratamente) a rendere occulti i costi, i guasti, i rischi di uno
sviluppo che poggia, invece, su un prelievo sempre più massiccio e
scriteriato di risorse limitate. Persino molti assennati leader di
sinistra,
che pure qualche buon libro in materia lo avranno anche letto, e
qualche
consigliere assennato lo avranno, pronunciano la parola "sviluppo" come
un'acritica ed eterna somma di possibilità e di acquisizioni. Come
una
doccia che oggi è di mezz'ora e domani sarà dunque, si capisce,
almeno di
trentacinque minuti. E' ovvio.