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Atene, le suggestioni del Mito

di Gianni Franceschetti - 14/12/2006



L’avventura dell’arte subisce oggi uno scontro impari con il cinema, la televisione e la pubblicità, e la passione dell’artista per l’immagine artistica deve rivolgersi al superamento dei mezzi meccanici e affondare l’ispirazione in un nuovo modo di affrontare, con una nuova creatività, l’ordine scosso dall’imperversare dell’industria.
L’artista quindi deve rivolgersi sempre più spesso all’antico non per copiarlo ma per attualizzare quella visione di dei ed eroi che hanno costellato le antiche civiltà e quella greca in particolare. Con afflati interiori che sgorgano dall’imperioso senso del sacro che contrasta con la volgarizzazione commerciale del Mito, riuscendo ad evincere quella forza che in esso vive ancora, e trarne quelle pulsioni che lo rendano testimone della nuova era così si adopra ad infondendogli quello spirito che lo trasforma in materia duttile atta a soddisfare le esigenze dell’arte che traduce l’impellenza del sacro nella contemporaneità.
Non perché i miti siano la storia ma soltanto perché nella storia hanno trovato l’alveo più confacente alla loro esistenza, in quanto essi abitano il mondo della fantasia e creano quella metarealtà che li fa amare come luoghi dello spirito che mantengono la loro continuità nel tempo. Pur variando nella forma essi miti conservano quel valore semantico che li rende reali nella fantasia e protagonisti di quelle aspirazioni che, filtrate attraverso le vicende quotidiane, ancora oggi sembrano incarnare.
Sono in realtà un giardino ove l’umanità si pasce di odori e sapori e colori proposti da artisti che sanno restituire il fascino di un’arte che, nel continuo rinnovarsi, ricorre alle suggestioni del Mito, il quale, complice la memoria, diventa ancora ispiratore di armonia e saggezza.
Il mondo è in continua evoluzione e l’arte non può rimanere estranea perché le esigenze dello spirito prediligono quella vitalità ideale che costituisce la materia prima dell’opera d’arte.
Che il Mito sia rimasto tema gradito di alcune persone che non accettano il fluire degli avvenimenti incarnati nel prosperare di nuove religioni con il loro naturale corollario spirituale, lo dimostra il fatto che proprio nella patria dei miti, la Grecia, un tribunale ateniese nel marzo scorso ha stabilito essere perfettamente legale venerare le divinità dell’antico Olimpo greco ammettendo la costituzione di un’Associazione che rivendica questo scopo. Ma se questo fatto costituisce un’incredibile sorpresa, esso ci indica soprattutto come le false addomesticazioni delle grandi dottrine, sorte dopo l’epoca degli dei e degli eroi, e la loro mistificata acquisizione come volano politico di interessi e di demagogiche rivendicazioni, debbano essere respinte perchè hanno causato le attuali lotte falsamente religiose e le conseguenti efferatezze. Quindi si rende sempre più imperante un ritorno alla ragione, anche quando essa si identifica con quella fantasia che è elemento necessario per l’arte, perché l’individuazione della purezza del Mito antico, senza implicazioni scientifiche, politiche nè tanto meno economiche, rimane lascito ereditario accettato e fecondo per tornare, non a quel tempo ma quel supposto concetto di purezza del sacro che costituisce ancor oggi un motivo riconoscibile nella sua esistenza.
Specialmente per noi italiani che di questi miti abbiamo succhiato il nettare, il riappropriarsi della loro aura diventa continuità storica e ambrosia importanti a sostenere il pensiero e la sua trasformazione in simboli, immagini, estensione della nostra tendenza a rivivere il grande nostro passato e con esso anche quello di quell’area mediterranea nella quale il Mito è nato, ha prosperato e divenuto, oltre che simbolo di partecipazione sociale anche valore universale e atemporale.
Così il ricorso alle leggende, che si coagulano poi nella forme che il Mito, suggerisce, diventa necessità attuale perché l’artista cerca in esso l’incipit di quella forma mentis con la quale intende rappresentare la sua contemporaneità. Perché l’esigenza dell’arte oggi cerca sbocchi che spesso fanno aggio sulla fantasia con lo scopo precipuo di pensare e realizzare opere che incarnino il sentimento e le aspirazioni al bello nell’accezione di specchio della realtà attuale o di come l’artista immagina debba essere.
Interpretare il Mito significa rinverdire quelle pulsioni che hanno indotto gli artisti del nostro tempo ad assumere il portato di quella metastoria come propellente artistico del loro pensiero per relazionarsi con essa e creare ognuno il proprio Mito come linea programmatica per definire la propria opera.
Con la volontà di rivalutare la propria religiosità come sedimentazione naturale sulla quale innestare quella mediazione sociale che è humus del contatto con il sovrannaturale che ancor oggi, anzi forse soprattutto oggi, è diventato rifugio della società impantanata nel gorgo di un pensiero debole che distorce i passi di ogni ideale che abbia come scopo una sana e proficua convivenza. Se ha creato il mito l’uomo lo ha fatto proprio allo scopo di vivere in una sfera che esalti il contingente e lo proietti in altra, seppur peculiare, dimensione. Tenendo ben presente però che in questo incedere siamo lontani dalla teologia e che il tentativo si mantiene nell’ambito del ludico-letterario-artistico atto a soddisfare una dimensione esoterica e non il concetto del divino, capace di raggiungere altezze e profondità consone allo spirito sempre assetato di valori eterni. E l’arte ne rappresenta umanamente il mezzo, sia pure grande, ma non il fine.
In quest’ottica, eminentemente artistica quindi, è stata promossa questa mostra che contiene oltre cento opere di autori di fama o di indiscussa dignità che vanno da Edoardo Dalbono, a Giulio Aristide Sartorio, Adolfo De Carolis, Adolfo Wildt, Ettore Tito, Farfa, Duilio Cambellotti, Gianfilippo Usellini, Giorgio De Chirico e il fratello Alberto Savinio, Afro, Mario Sironi, Marcello Mascherini, Antonietta Raphael Mafai, Gino Severini, Enrico Prampolini, Piero Manzoni, Sandro Chia, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Luigi Serafini, Carlo Maria Mariani, Paola Gandolfi, Wolfgang A. Kossuth, Stefano Di Stasio, Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Adriano Pompa, Vettor Pisani, Antonio Pio Saracino e tanti altri che interpretano in modo moderno ed efficace quel Mito del quale anche gli italiani sono stati felici depositari.