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Carta e web, la mia dieta di notizie

di Andreas Whittam Smith - 04/01/2007

 
Da quando dispongo di un accesso a banda larga ad Internet è cambiato il modo in cui apprendo quanto accade nel mondo. Una nuova ricerca apparsa la settimana scorsa dimostra che sono tutt’altro che il solo ad aver modificato la mia dieta mediatica. In particolare, ho ridotto di molto il tempo che dedicavo a seguire i telegiornali e i programmi televisivi di approfondimento giornalistico.


Ora, a meno di notizie significative come, diciamo, gli attentati nella metropolitana di Londra e sugli autobus del luglio 2005, passo più tempo a guardare le previsioni del tempo in Tv che i telegiornali.
Nella ricerca commissionata dalla società «Ofcom» a persone di ogni parte del mondo è stato chiesto se, disponendo di un accesso a banda larga, guardavano più o meno televisione. In tutti i Paesi oggetto della ricerca almeno un terzo dei consumatori che disponevano della banda larga a casa guardavano meno televisione. Le ragioni di questo fenomeno erano fornite dalle risposte ad un’altra serie di domande: ha mai guardato o scaricato tramite il suo Pc: clip televisive o interi programmi, video prodotti da altri o clip di informazione giornalistica? Nel Regno Unito il 34% circa di quanti hanno risposto aveva scaricato clip televisive o interi programmi, la stessa percentuale aveva guardato video prodotti da altri e il 38% aveva scaricato clip di informazione giornalistica.

Per quanto mi riguarda sono le due ultime categorie ad avermi attirato. Ovviamente per guardare i video prodotti da altri devo andare su un sito come «YouTube» con la sua congerie di video prodotti da adolescenti. Ma basta evitarli e usare il motore di ricerca per vedere se ci sono video amatoriali che ci interessano.

Ad esempio durante la battaglia di Segolene Royal per assicurarsi l’investitura del partito socialista in vista delle elezioni presidenziali in Francia, ho avuto modo di vedere un video che la ritraeva durante un incontro privato con i suoi consulenti. Si lamentava del fatto che gli insegnanti francesi invece di preparare le lezioni si dedicavano a dare ripetizioni private per guadagnare qualcosa in più. È una cosa che Segolene Royal non avrebbe mai detto pubblicamente. Gli insegnanti sono infatti suoi naturali sostenitori. Ma qualcuno presente nella stanza aveva usato di nascosto il cellulare per filmare la scena. In tal modo, aggirando gli addetti stampa e i responsabili delle pubbliche relazioni che circondano qualunque personaggio politico di spicco, ho avuto modo per pochi minuti di dare uno sguardo alla vere Segolene. Un minuto del genere vale dieci minuti di un tradizionale telegiornale.

Non che i telegiornali tradizionali non abbiano alcun valore, ma è più probabile che trovi su Internet quello che cerco. Ad esempio, negli ultimi giorni della recente campagna elettorale per le elezioni del Congresso degli Stati Uniti con la religione che era un fattore determinante, sono stato colpito da una breve notizia, letta su Internet, secondo cui Ted Haggard, uno dei leader dei cristiani evangelici, aveva una relazione con un prostituto di sesso maschile. Sono andato sul sito del «New York Times» dove ho trovato riferimenti ad una televisione locale di Denver che aveva parlato con Ted Haggard. Sono andato sul sito della televisione di Denver e ho scaricato l’iniziale dichiarazione di Haggard che negava le accuse, la successiva ritrattazione ed infine la sua lunga confessione resa a migliaia di membri della sua chiesa.

Naturalmente, come nel caso del filmato di Segolene Royal, si trattava di materiale allo stato grezzo. In realtà avevo creduto alle dichiarazioni di innocenza del pastore Haggard nella prima intervista. Mi ero reso conto, pur se in forma attenuata, della sua forza come predicatore. Dovrei anche aggiungere che le sue scuse e le spiegazioni fornite alla sua congregazione in lacrime erano quanto mai efficaci. In questo modo Internet consente di rispettare la regola familiare a tutti gli studenti di storia: quando è possibile affidatevi alla fonte originale. La «Ofcom» ha fatto delle domande anche riguardo ai quotidiani: «da quando avete la banda larga, leggete più o meno i quotidiani nazionali?». Qualcuno potrebbe rimanere sorpreso nell’apprendere che i quotidiani non erano colpiti quanto la televisione. Mentre il 33% di quanti avevano risposto al sondaggio aveva guardato meno televisione, solo il 27% aveva dedicato meno tempo alla lettura dei quotidiani. Personalmente non ho ridotto il tempo che dedico alla lettura dei quotidiani e d’altra parte non avrei potuto farlo. Ma integro questa lettura dando una scorsa su Internet ai giornali stranieri. Quando la situazione in Medio Oriente si infiamma, scarico regolarmente da Internet le notizie dell’eccellente quotidiano israeliano «Ha'aretz». Quasi tutti i giorni do una letta al «New York Times», al «Washington Times» e al «Los Angeles Times» a caccia di recensioni cinematografiche, di novità editoriali e di altre notizie.

Ho messo a punto, senza rendermene conto, un approccio del tutto personale all’informazione, basato su fonti principali e fonti accessorie. Le mie fonti principali sono «The Independent» e, a seguire, «The Guardian», il «Daily Mail», «The Financial Times» e il «Telegraph». Questi quotidiani li consulto ogni giorno. Tutto il resto rientra nelle fonti accessorie e ciò vale per i telegiornali britannici, per i video clip e per i quotidiani stranieri online. In questo contesto il vantaggio dei quotidiani rispetto alla televisione va individuato nel fatto che si occupano di molti argomenti e quindi possono fungere da fonte di informazione principale per le persone che hanno interessi variegati.

Andreas Whittam Smith
(Indipendent)