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Resiste la notte dei falò

di Ulderico Bernardi - 05/01/2007

 

Ultima cerimonia dei doni. L'Epifania chiude un lungo periodo di celebrazioni dedicate ai santi e a personaggi di leggenda, incaricati di far memoria ai più piccoli che qualcuno lassù pensa a loro, dispensando nottetempo regali più meno importanti.Un modo pensato dagli antichi per rassicurare e legare fra loro le generazioni passate e presenti. Nel quadro vanno comprese anche le questue rituali.

Come il San Martino per i bimbi veneziani, ma quanto alle sante figure, nelle nostre terre venete e friulane si comincia con San Nicolò, che nella notte tra il cinque e il sei dicembre arriva nelle case con l'asinello carico di doni, per tutti i bambini che abitano di là del Piave, nella pianura opitergina, fino a Trieste, a Pola, a Fiume a Zara. E su, sulla montagna, a Belluno, fino a Vienna a Budapest. Una figura fondamentale per l'economia del dono, perché passando con gli emigranti nordeuropei oltre atlantico diventerà Santa Klaus, in altre parole Babbo Natale, visto che i pacchi dono dei parenti ci mettevano alcune settimane per arrivare negli Stati Uniti. Poi c'è Santa Lucia, che compie la stessa funzione in aree di influenza celtica, come a Verona, a Brescia, a Bergamo. La santa della luce, che segna l'avvio del freddo invernale: "A Santa Lùssia el fredo crùssia!", oppure "A Santa Lucia el fredo s'invia!". Gesù Bambino, a sua volta, Dono di tutti i Doni alla terra degli uomini, con il suo stesso corpo che regala la Redenzione, è scelto da altri per i regali, magari combinandoli con l'usanza più recente dell'albero sempreverde, simbolo di perpetuità. E si arriva così all'Epifania. Da ricordare che in altri tempi la festa dell'esposizione del Signore, era chiamata "Pasquéta", piccola Pasqua, per l'importanza religiosa dell'evento. E questo dà senso al modo di dire, riguardante l'allungarsi del giorno: "A Nadal un pìe de gal, a Pasqueta un'oreta". Il Solstizio d'inverno è da tempo alle nostre spalle, e la luce conquista ogni giorno nuovo spazio. Qui, a completare il ruolo dei donatori è la Befana, nome che viene dalla corruzione del termine Epifanìa. Ma viene chiamata anche Redòdesa, in riferimento ai dodici giorni che trascorrono fra Natale e l'Epifania, oppure Maràntega, che sembrerebbe derivare da Mater antiqua. Immagine ambigua, con aspetti benefici e raffigurazioni maligne. Una vecchia, comunque grifagna, che "vien de note, co le scarpe tute rote, col vestito da furlana", ma a cui comunque si inneggia: Viva, viva la Befana! Viene di lontano, e le scarpe rotte lo confermano. Non come i Magi, certo, che hanno seguito la stella per donare a Gesù oro, incenso e mirra. Gaspare, Baldassarre e Melchiorre si trasfigurano in alcuni luoghi in giovani dalla faccia dipinta, che vanno di casa in casa innalzando una stella di carta illuminata dall'interno. Augurano il bene, e in cambio ricevono qualche buona cosa. In Sud Tirolo lasciano le loro iniziali sulla porta, a testimonianza del passaggio e della devozione della famiglia. Momento importante dunque, che si festeggia fin da tempi arcaici, con riti di fuoco. Com'è il Panevin, Pignarùl, Casèra, Bubaràta. Tanti nomi per un'unica celebrazione, un tempo prossima al solstizio d'inverno. Un momento pieno di buio e di speranza, in cui occorreva rassicurare la comunità per il superamento dello sterile inverno. La cultura e la fede degli uomini sa vincere le durezze della natura. Questo dice il fuoco dei roghi, attorno a cui si radunano grandi e piccini, uomini e donne, ricchi e poveri. Sulla pira si colloca anche una Maràntega, e pazienza se può sembrare la buona Befana. Qui sta a significare tutto il peggio, le miserie del tempo passato, ciò che s'intende cancellare: freddo, buio, fame, per il trionfo del calore umano, della solidarietà comunitaria, proclamando il valore della continuità delle generazioni. Significati e simboli complessi, spesso ormai dimenticati, ma non per questo meno validi. In questo tempo, tormentato da mille precarietà, infestato da tentazioni che inducono ad abbandonare i riferimenti all'Eterno e ai vincoli radicali tra tutti gli uomini, accade talvolta che le culture locali abbiano un soprassalto di identità. Intravedano un barlume di senso negli antichi riti. Magari inconsciamente, s'interrogano sul loro valore e sui perché per secoli e secoli i loro avi li abbiano compiuti. É cosa buona e giusta. O quanto meno un'opportunità per capire meglio la storia delle proprie origini.