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O la va o la spacca? Cosa cambia, in Iraq e nel mondo, se ci sara’ un’escalation americana

di antiimperialista - 31/01/2007

Fonte: antiimperialista.org


Cosa cambia, in Iraq e nel mondo, se ci sara’ un’escalation americana contro l’Iran


Il totale fiasco della strategia di Bush e dei Neocon in Iraq ha aperto dentro l’establishment americano uno scontro da cui dipende l’evoluzione della situazione internazionale. A quelli, non solo i democratici, che ritengono che ci sia bisogno di una svolta e di un appeasement, Bush ha risposto radicalizzando la sua politica guerrafondaia. Aumento dei soldati in Iraq (+ 21.500), esonero dei capi militari e dei servizi di sicurezza a lui recalcitranti, adozione di un piano offensivo antiguerriglia che prevede l’attacco non piu’ solo alla Resistenza antimperialista ma pure alle milizie popolari sciite come quelle di Moqtata al-Sadr. Il piano contempla anche la cacciata del primo ministro iracheno al-Maliki per sostituirlo col piu’ docile al-Hakhim. Il fallimento della politica di occupazione americana in Iraq e’ infatti duplice. Da una parte gli americani non sono riusciti a fermare la crescita della Resistenza (che anzi ha rafforzato le sue roccaforti, conquistato nuove zone e finalmente avviato un deciso processo di unificazione nel Fronte Nazionale Patriottico Islamico -FNPI). D’altra parte non sono riusciti nemmeno ad addomesticare le forze sciite, la cui gran parte, lungi dal seguire supinamente i dettami della Casa Bianca, hanno consolidato I loro legami con l’Iran di Khamenei e Ahmadinejad. Abbiamo detto piu’ volte e lo ripetiamo: l’invasione dell’Iraq non sarebbe stata pensabile senza il semaforo verde di Tehran. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: L’Iran ha avallato l’aggressione all’Iraq. Ma lo ha fatto per sfamare i suoi propri appetiti di potenza regionale, non per amore degli americani. Questi ultimi speravano che una rapida vittoria militare gli avrebbe pernesso, non solo di escludere l’Iran dai giochi e di isolare le formazioni sciite antiamericane. La Casa Bianca aveva invaso l’Iraq nella convinzione che avrebbe avuto poi gioco facile a piegare gli iraniani e così favorire un cambio di regime.
Ma anche qui Bush ha miseramente fallito. A Tehran il potere e’ passato dalla frazione moderata a quella piu’ radicale e nazionalista, mentre di riflesso, in Iraq, le formazioni sciite filoamericane sono diventate molto pu’ forti di quelle filoamericane. Ecco dunque spiegata la volonta’ di riscattare il fiasco con una escalation militare che punta direttamente ad aggredire l’Iran. Non ci soffermiamo sui dettagli (gia’ trapelati) di questo attacco. Non essendo pensabile un’invasione in stile iracheno, il Pentagono pensa ad una terrificante campagna di bombardamenti aereo-missilistici stile Iugoslavia ‘99, allo scopo di distruggere gran parte del potenziale militare e industriale iraniano, non solo delle centrali nuclaeri. Il tutto nella convinzione di indebolire e destabilizzare il paese, quindi di produrre il tanto agognato regime change.
I commentatori nordamericani concordano che Bush il megalomane vede in questa escalation la sola possibilita’ di non essere travolto nel fango, di passare alla storia come architetto e condottiero del nuovo impero a stelle e striscie. Impero che implica spianare tutti gli ostacoli sulla via del famigerato Nuovo Medio Oriente. In questa prospettiva si spiegano l’ordine di catturare vivi o morti gli agenti iraniani in Iraq (così da provocare Tehran e avere un pretesto clamoroso per l’attacco), l’appoggio a Israele,  la richiesta di soccorso all’Europa in Libano. Due gli argomenti propagandistici forti per ottenere il consenso dell’opinione pubblica americana e mondiale (ben piu’ consistenti di quelli usati contro l’Iraq di Saddam): l’Iran sta costruendo l’atomica (minacciando non solo Israele ma pure i dirimpettai arabi) e sostiene il terrorismo (lo zelante Guido Olimpio, sul Corriere, sostiene da anni la colossale cazzata che Tehran starebbe dietro al qaedismo - sic!).
Che questo voglia Bush prima che scada il suo mandato e che i piani siano pronti non c’e’ dubbio. Altro e’ che il grande dittatore riesca a passare dalle minacce ai fatti. Egli deve superare le resistenze di gran parte del potere politico e militare nordamericano, nonche’ quelle dei suoi alleati europei. Per quanto riguarda i satrapi arabi, sauditi in testa, questi li ha gia’ dalla sua parte.
Per vedere se il possibile attacco all’Iran diventera’ altamente probabile lo sapremo nei prossimi mesi. E’ certo che esso incendiera’ il Medio Oriente e terremotera’ la situazione mondiale. Fara’ tremare molti governi europei, italiano compreso, che dovranno fare I conti con  grandi movimenti contro la guerra che stavolta saranno piu’ antimperialisti che pacifisti o equidistanti.