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Il lupo: storia di una persecuzione

di Mario Spinetti - 31/01/2007

 

“Mentre state leggendo queste parole, branchi di lupi stanno correndo a lunghi balzi attraverso le foreste e nelle lande selvagge dell’America settentrionale. Fiutando il vento, cacciano e giocano, si nutrono e riposano, proprio come hanno fatto i loro antenati per milioni di anni. Ce ne sono ancora migliaia di esemplari, selvaggi come le immense regioni in cui vagano......

Il lupo, Canis lupus, un tempo era il mammifero terrestre più ampiamente distribuito nel mondo, e si poteva trovare in tutto l’emisfero settentrionale, ovunque fossero presenti i grandi mammiferi che è in grado di cacciare. Ora la specie è estinta, o quasi, in gran parte del suo habitat naturale....” (Savage, 1989).

In nessuna epoca storica v'é mai stata cultura umana in cui la convivenza con il lupo non abbia dato luogo a forme di spietata persecuzione del vituperato animale. Questo formidabile carnivoro, fiero e selvaggio, non è, per sua sventura, nella condizione di sottrarsi alle vessazioni umane, al punto che, se volessimo emblemizzare la violenza che l'uomo esercita sulla natura, dovremmo assumere a riferimento la drammatica vicenda esistenziale del lupo. Oggetto di universale odio, il lupo è stato considerato in ogni epoca nemico da distruggere con qualsiasi mezzo, quale le fucilate, l'avvelenamento, l'impiccagione o anche mediante la crudelissima, lunga agonia provocata dalla indicibile spietatezza delle trappole.

L'inevitabile esito di un siffatto rapporto conflittuale instaurato dall'uomo a danno del lupo è stata la scomparsa di quest'ultimo da molti territori che gli erano propri.

Assieme all'orso bruno, il lupo è il più forte predatore presente in Europa: si giova di muscoli potenti e resistenti, è agile, ha vista acuta e odorato finissimo; la naturale vocazione alla vita di branco gli consente di adottare tecniche di caccia mediante le quali può abbattere prede più grandi di lui, anche se è bene ricordare che più del 90% dei tentativi di predazione va a vuoto. La colorazione del pelo del lupo varia a seconda delle stagioni, nonché delle zone geografiche in cui vive, tanto che il suo mantello è completamente bianco nell'Artide; nelle latitudini intermedie dell'Europa il colore spazia dal fulvo macchiettato, al grigio di varie tonalità. Durante il periodo invernale il pelo è tanto più folto da far apparire il lupo più grande di quanto effettivamente sia; le sue dimensioni aumentano invece realmente man mano che il suo areale si spinge verso il Nord, al punto che un lupo d'Arabia pesa molto meno di un lupo della Siberia; un maschio adulto che vive nei Territori del Nord-Ovest del Canada, o che vive nell'Alaska, può raggiungere pesi di 50/60 Kg., con punte di 80 Kg. (Goldman, 1944 in Boscagli, 1985). Nelle regioni appenniniche il peso dei maschi adulti è in genere inferiore ai 30 Kg. (Boscagli, 1985), con punte alquanto desuete e dubbie di 50 Kg (Boscagli, 1985).

Il lupo ha un grande areale di distribuzione, ma ha uno scarso numero di esemplari, in molte zone ridotti allo zero. E' presente in buona parte della Russia e di altri paesi dell'Europa orientale; popolazioni isolate vivono in Spagna e in Italia, pochi esemplari sussistono nei paesi scandinavi, mentre popolazioni più consistenti sono presenti nell'America settentrionale, in specie in Canada e in Alaska; si incontra anche nel sud dell'Arabia e dell'India.

Il lupo svolge un ruolo ecologicamente rilevante mediante il controllo delle specie predate; la rarefazione di queste lo spingono tuttavia a nutrirsi anche di carogne e - emblematica rappresentazione dell'inarrestabile antropizzazione del territorio - a ricercare spesso il cibo nelle discariche.

Incontrare il lupo in natura è evento ormai raro, mentre una volta era una circostanza abbastanza consueta in Italia, non solo sui rilievi alpini, ma anche nelle pianure; con la sopravvenuta espansione antropica il lupo è stato confinato sulle montagne, con conseguente contrazione del numero degli esemplari. Dalle Alpi è stato comunque "scacciato" sin dal secolo scorso, mentre sopravvive con esigua popolazione sull'Appennino, ristretto per lo più nelle zone boscose. In questi ultimi anni, grazie ai sopravvenuti interventi protettivi, nonché alla reintroduzione di certe prede, come il cinghiale, il lupo è in graduale ripresa e va ricolonizzando poco per volta i territori che un tempo gli erano propri (sta rioccupando l’arco alpino e il sud della Francia), anche se non dobbiamo nasconderci che le sorti di questo predatore sono ancora precarie, non solo in Italia, ma anche in altre zone del pianeta (in Italia, come abbiamo appena visto, sembra che la specie sia in ripresa, ma si è ben lontani dalle consistenti popolazioni dei secoli passati ed è completamente falsa la diceria, spesso proveniente anche da “fonti” accreditate, che i lupi “pullulano” ormai quasi dappertutto. Tra l’altro occorre dire che vengono spacciati per lupi tutti i cani di simile sembianza presenti in montagna o vengono attribuiti alla specie dubbi segni di presenza. Chi scrive ha potuto verificare di persona moltissime volte questa evenienza, non considerando che spesso si prendono per buoni riconoscimenti fatti da persone che non hanno alcuna dimestichezza con la specie. Ovviamente anche questi falsi dati spesso confluiscono nelle stime della popolazione). In effetti il lupo, ancora largamente temuto e odiato, potrà tornare a svolgere il compito che la natura gli ha assegnato e potrà correre libero e selvaggio soltanto se le zone che va ricolonizzando potranno preservarsi dall'espansione antropica! Come ogni altra specie animale in via di estinzione, i pericoli che incombono sul lupo sono di due tipi: le uccisioni dirette e, evento che produce effetti ben più ampi ed esiziali, la manomissione dell'ambiente in cui esso vive. Noi, è del tutto evidente, stiamo dalla parte del lupo, questo vituperato predatore, millenaria vittima dell'antropocentrismo. E non è un caso che la distruzione del lupo e della wilderness è andata di pari passo l’un verso l’altro senza soluzione di continuità.

Se è possibile, facciamo in modo che il lupo viva nella sua libertà e nella sua fierezza, quella libertà e quella fierezza che l'uomo, prigioniero e schiavo delle proprie convenzioni, forse inconsciamente invidia.

“I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamernte intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti dell’arte di adattarsi a circostanza sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi.

Eppure le due specie sono state entrambe perseguitate, tormentate e falsamente accusate di essere voraci ed erratiche, tremendamente aggressive, di valore ben inferiore a quello dei loro detrattori. Sono state il bersaglio di coloro che vorrebbero ripulire non soltanto i territori selvaggi ma anche i luoghi selvaggi della psiche, soffoconda l’instintuale al punto da non lasciarne traccia. La rapacità nei confronti dei lupi e delle donne da parte di coloro che non sanno comprenderli è incredibilmente simile.... “ (Pinkola Estés, 1993).

Dagli appunti di campo del 18 dicembre: ".... quella mattina faceva molto freddo. Durante la notte il termometro era sceso di almeno 8 gradi sotto lo zero e un vento gelido riempiva l'aria con il suo sinistro sìbilo. La neve caduta copiosamente 2 giorni prima rendeva il paesaggio incantevole e quasi fiabesco tanto che in certi momenti non riuscivo a discernere la realtà dal sogno. Alle 10,15 avevo alle spalle già 2 ore abbondanti di cammino per seguire le tracce fresche, su neve, della fauna di queste montagne. Erano evidenti i segni lasciati dalla volpe, dallo scoiattolo, dalla lepre, da almeno una decina di cinghiali e forse da 2-3 lupi. Proprio questi ultimi erano lo scopo principale dell’escursione. La maggior parte del mio tragitto si muoveva all'interno della faggeta. D'improvviso, dopo una piccola salita, raggiunsi, sempre all'interno del bosco, una postazione dominante. Mi affacciai è con grande meraviglia osservai a circa 80 metri da me, 3 lupi che lentamente camminavano, uno dietro l’altro. Erano tre esemplari stupendi, fieri, potenti, ricchi di quel senso di selvaggio ormai del tutto estraneo alla nostra mente. Trattenni il fiato, mi abbassai leggermente e continuai a guardare. I lupi girarono intorno ad un grosso acero, rasparono un po' a terra, poi, sempre lentamente, ripresero il cammino verso monte, ignari della mia presenza. Riuscii a tenerli inquadrati con il binocolo per almeno 2-3 minuti, poi scomparvero alla vista. Quei tre lupi erano come fantasmi, apparsi e poi svaniti nel nulla. Non riuscivo ancora una volta a capire come questo stupendo mammifero fosse tanto odiato dal genere umano.......".

A. Cause antropiche della rarefazione del lupo

<!--[if !supportLists]-->· Caccia (nei Paesi nei quali è consentito per legge uccidere il lupo)<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Bracconaggio (armi da fuoco, trappole, esche avvelenate, ecc.) <!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Pastorizia (uccisioni continue perché visto come antagonista)<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Tradizioni popolari che vedono il lupo negativamente e quindi lo condannano a morte<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Alterazione dell'ambiente e antropizzazione del territorio (restrizione degli ambienti disponibili, rarefazione delle risorse alimentari faunistiche, spuculazione edilizia, turismo di massa, impianti scioviari, costruzione di strade e relativo incremento del traffico motorizzato, ecc.).<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Randagismo canino (inquinamento della purezza della razza)<!--[endif]-->

B. La protezione del lupo

<!--[if !supportLists]-->· Proibizione assoluta della caccia al lupo nei Paesi nei quali tale attività è ancora consentita<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Controllo efficace del bracconaggio e del randagismo canino<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Riequilibrio dei vari habitat, con la creazione di ampi territori protetti e il controllo razionale di quelli che non lo sono<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Ripristino di una completa catena alimentare con la reintroduzione di ungulati selvatici (cervo, capriolo, ecc.)<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Eliminazione o forte riduzione di tutte le strutture negative presenti nei territori montani protetti (speculazione edilizia, impianti di risalita, ecc.)<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Eliminazione o chiusura totale delle strade di montagna che non siano di comunicazione ma utilizzate per raggiungere le località più in quota o l’interno delle foreste<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Accesso delle aree protette delicate solo dietro specifica autorizzazione<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Controllo razionale del turismo di massa (riduzione al minimo ed eliminazione totale)<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Impostare una politica delle aree protette non sui risvolti economici (la cosiddetta “produttivià dei parchi”), ma su quelli conservazionistici<!--[endif]-->

<!--[if !supportLists]-->· Capillare opera di sensibilizzazione e divulgazione della vita del lupo e del suo effettivo compito nell'ambito dell'economia naturale.<!--[endif]-->

“Stavamo mangiando su una sporgenza rocciosa, ai cui piedi un torrente turbolento piegava a gomito. Vedemmo quello che pensammo fosse una cerva guadare, immersa fino al torace nell’acqua bianca spuma. Quando si arrampicò sulla sponda dalla nostra parte e scosse la coda ci accorgemmo del nostro errore: era un lupo. Un’altra mezza dozzina, evidentemente piccoli già cresciuti, balzò dal folto dei salici, radunandosi per dare il benvenuto, scodinzolando e litigando giocosamente. Insomma, un vero e proprio mucchio di lupi si agitava e ruzzolava allo scoperto proprio sotto il nostro masso.

A quei tempi non avevamo mai sentito che qualcuno si lasciasse sfuggire l’occasione di uccidere un lupo. In un attimo stavamo scaricando piombo sul branco, con più eccitazione che precisione.......

Raggiungemmo l’animale agonizzante, che era una lupa, in tempo per vedere un feroce fuoco verde spegnersi nei suoi occhi. Mi resi conto allora, e non l’ho mai dimenticato, che c’era qualcosa di nuovo per me in quei occhi, qualcosa che solo lei e la montagna sapevano. A quel tempo era giovane e mi prudeva il dito sul grilletto; pensavo che meno lupi significasse più cervi, e quindi niente lupi equivalesse al paradiso dei cacciatori. Ma quando vidi spegnersi quel fuoco verde, sentii che né la lupa, né la montagna condividevano quel punto di vista......

Forse è proprio questo che significa il detto di Thoreau: ‘La salvezza del mondo si trova nella natura selvaggia’. Forse questo è il significato nascosto nell’ululato del lupo, che le montagne conoscono da molto tempo, ma che gli uomini raramente percepiscono” (A. Leopold, 1949-1997).

“Da qualche parte a est un lupo ululò in tono leggermente interrogativo. Riconobbi la voce perché l’avevo udita molte volte in precedenza..... Ma per me era una voce che parlava del mondo perduto un tempo nostro, prima che scegliessimo un ruolo in contrasto con esso; un mondo di cui avevo avuto un barlume e in cui era quasi entrato ..... soltanto per restarne escluso, alla fine, dal mio stesso io”(F. Mowat, 1973).

“Nessun’altra specie di animali selvaggi presente sul nostro pianeta può rivaleggiare con un branco di lupi quanto ad intelligenza, abilità nel seguire le tracce, capacità sensoriali e resistenza…” (Gregory Tah-Kloma in Leslie, 1998).

“I suoi occhi riflettono il tuo sguardo, catturandolo. Poi si gira, elusivo e silenzioso, e riprende la sua strada…” (B. Lopez, 1999).

Per i lupi: Non il libro, di cui fareste scarso uso, ma lo sforzo di comprendere. Ho apprezzato la vostra compagnia (B. Lopez, 1999 – dalla decica dal suo libro sui lupi).

“Nàhani mi ha mostrato come pensa un lupo. Fra le tradizionali leggende dei Penutian c’è anche un’antica espressione che spiega il potere magico degli sciamani: quando qualcosa rafforza un legame di amicizia, i Chimmesyan dicono che gli amici hanno camminato all’OMBRA DELL’ARCOBALENO” (Gregory Tha-Kloma in Leslie, 1998).

“ Era una musica selvaggia e indomita

echeggiava tra le colline

e riempiva le valli.

Provai uno strano brivido lungo la schiena.

Non era una sensazione di paura, capite,

ma una specie di fremito,

come se avessi dei peli sul dorso

e qualcuno li stesse accarezzando.”

“Ululato” di Alda Orton, Trapper dell’Alaska

da Lopez, 1999

Affinché il lupo possa continuare a vivere libero e selvaggio e ad avere noi la capacità, dopo lo sterminio che abbiamo fatto, di guardarlo nuovamente negli occhi occorre che il nostro spirito faccia uno sforzo particolare oltre le miopi visioni. Siamo talmente distanti dal mondo selvaggio che per comprendere questo sforzo occorre ragionare oltre il limite dell’immaginazione. Un unico metro di grandezza di paragone: “Sappiamo concepire l’infinito? Beh, andiamo oltre!”.