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E se provassimo a guardare il mondo alla rovescia?

di Mario Spinetti - 01/02/2007

 

La nostra esistenza è scandita da categorie spesso rigide ed immutabili basate su archetipi strutturali che possono appartenere alle più svariate origini: religiose, ligislative, mentali, culturali, tradizionali, ecc. Queste categorie collocano il nostro modo di vedere le cose in settori del tutto parziali perché sono sempre in riferimento a modelli “costruiti” dalle variegate ed artificiose convenzioni. Ma, una semplice analisi mostra subito ciò che regge tutto questo: la relatività del tutto. Per chiarire facciamo qualche esempio. Hannu (sono nomi fittizi) rimane affascinato quando vede un albero naturalmente seccatosi, contorto, senza foglie e in procinto di cadere. Poi arriva Karen che dice che le piante secche non gli piacciono perché per lei è bello osservare un grande albero rigoglioso che vegeta nello splendore di un bosco. Poi arriva Igor che dice che la sua vita è nella città e si trova molto bene perché ha gli amici, i luoghi in cui ritrovarsi e passare allegre serate. Poi arriva Arrigo che dice che per lui la città è insopportabile e vorrebbe fuggire in campagna in compagnia degli uccelli, delle messi e dei vigneti. Poi arriva Alfred che dice che tutto è stato creato da Dio e tutto è a disposizione dell’uomo per poterne goderne i frutti e raccoglierne le gioie. Poi arriva Dolores che dice di non credere in nessun dio e vuole che la sua vita sia libera dal suo alienante lavoro di operaia in una fabbrica di tessuti e gli piace molto andare in bicicletta. Poi arriva Alexander che afferma di non accettare che gli venga proibito di gridare per la strada contro il modo di fare degli altri. Poi arriva James che dice che per lui è molto bello guidare la macchina, mentre Sebastian afferma che lui odia la macchina e preferisce andare a piedi. Poi arriva Ashma che dice che come donna è bene che il suo volta sia coperto, mentre Anna dice che non c’è nulla di male presentarsi con vestiti eccentrici e mostrarsi agli occhi di tutti. Poi arriva Sigmund che ricorda che per una corretta morale pubblica ognuno dovrebbe contenersi in mille modi per il decoroso vivere “civile”. Poi arriva Francoise che attraversa un periodo di crisi e vede ogni cosa in salita ed insopportabile. Poi lo stesso Francoise, in ripresa psicologica, osserva che gli elementi che prima gli sembravano impossibili ora li vede di più facile approccio e non è poi tanto difficile affrontarli. Poi arriva….., poi arrivano molti altri, a centinaia, a migliaia che affermano altro….. questo è buono; no risponde Antoine, a me non piace…… Insomma occorre fermarsi con gli esempi altrimenti potremmo coprire le pagine di una infinita enciclopedia. Inseriamo ora, per meglio rendere l’idea, un piccolo brano di Erasmo da Rotterdam tratto dalla sua celeberrima opera “Elogio della follia” (1994 – capitolo XLVII. La felicità… sta in quel che si crede): “….. Può capitare per esempio che uno vada matto per il pesce in salamoia andato a male, al cui odore tutti si turano il naso. Quell’uomo è senz’altro contento mangiando il suo pesce, ma non lo sarebbe se gli dessero dello storione, giudicato eccellente da tutti, che a lui però dà la nausea….. E se qualcuno acquista una crosta da quattro soldi, e se la rimira soddisfatto come se fosse un quadro di Apelle o di Zeusi, non è forse più felice di chi possiede davvero un’opera di tale fama, costata magari un patrimonio, ma non prova alcun vero piacere nel contemplarla?…”.

Ma in tutto questo c’è qualcosa che non collima. Perché su tante argomentazioni anche similari c’è chi le vede in un modo e chi in un altro? Come detto in premessa, la risposta è sin troppo facile: sono le categorie di riferimento che guidano il giudizio e il pensiero di una circostanza, categorie personali o, più spesso, categorie artificiosamente costituite dalle comunità sociali. Ecco che allora tutto diventa relativo perché ogni cosa ha un valore solo se traslata verso qualche schema di riferimento, che sia codificato mentalmente ed accettato sino a diventare inconscio o che sia imposto, non accettato ma ugualmente applicato. In altri termini la categorizzazione di tutti gli elementi della vita, ed allora, se cade un parametro, cade a sua volta la visione della circostanza riferita a quel parametro. Siamo quindi tutti ingabbiati in schemi e credenze che ci fanno apparire la realtà in un determinato modo, la cui realtà con un altro schema potrebbe apparire ben diversa. Ed allora per una ulteriore comprensione è bene inserire qui un brano di Anna Corbella Ortalli nella sua presentazione nella citata opera”Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam (1994): “ ‘Nessuna società e nessuna unione potrebbero esistere senza un pizzico di follia’. Guardare il mondo sempre dallo stesso verso non lo fa cambiare, anzi, rende dogmaticamente ostinati nel farlo a tutti i costi corrispondere alla rappresentazione che la sapienza umana ne ha dato. E, per quanto grande ed autorevole sia, si tratta sempre di una sapienza più piccola del mondo. Guardarlo allora alla rovescia, come fanno i folli, può rivelarne aspetti insospettati, sorprendenti, stimolanti, o quanto meno, rivelare l’unilateralità delle regole che disciplinano la convivenza tra gli uomini”.

Uscire dagli schemi dualistici del cartesianesimo è un passo fondamentale per ricomporre una concezione olistica per ricomporsi fuori dalle dicotomie concettuali. Si tenta ad agire seguendo “schemi già precostituiti” non rendendoci conto che quei “concettti” non sono altro che artifici che hanno un valore assolutamente relativistico. Siamo mentalmente abituati ad accetarli ed a misurare le cose solo seguendo quei parametri. Se nel tempo ne fosssero nati altri ora staremo a disquisire su altri concetti. Ma anche in questo caso saremmo ingabbiati all’interno di una visione relativa e priva di universalità. Solo la compenetrazione degli opposti e l’annullamento delle visioni divisorie e dualistiche riporta nella giusta misura l’argomentare di cui ci occupiamo. Posizionandosi a vedere il mondo in una dimensione olistica ci colloca in una situazione senza sfaccetatture e punti definiti, senza aspetti dominanti di osservazione, ma semplicemente all’interno di una dimensione universale e priva di parametri di definizione. Ed in questo caso anche se guardassimo le cose alla rovescia saranno ugualmente valevoli come se lo facesssimo alla dritta, poiché sono diventate una sol cosa.