Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Hai 2 prodotti nel carrello Carrello
Home / Articoli / La cerimonia del voto. Da cittadini a sudditi, l'ultimo libro di Danilo Zolo

La cerimonia del voto. Da cittadini a sudditi, l'ultimo libro di Danilo Zolo

di Danilo Zolo (Intervista) - 02/03/2007

La democrazia rappresentativa

è ormai alle nostre spalle

e i soggetti politici non sono più

propriamente dei «partiti»,

ma imprenditori elettorali

 

DANILO ZOLO è professore di Filosofia

del diritto all’Università di

Firenze. Gli abbiamo chiesto

che anno è stato questo, per la democrazia

del nostro paese. Anche perché il

2006, a causa delle elezioni, è stato l’anno

della Politica con la p maiuscola, dei

partiti che si apprestano a diventare

unici, delle coalizioni, del gioco delle nomine

e delle poltrone. Che spazio è rimasto

alla partecipazione dei cittadini?

«Lo spazio ‘partecipativo’ all’interno

della vita politica istituzionale - a livello

centrale, come in ambito regionale

e locale - mi sembra

molto ridotto, non solo in

Italia ma nell’intera area

occidentale. Nel nostro

paese, a partire dalla fine

della Guerra fredda, si sono

verificate profonde mutazioni

del sistema economico

e politico. Dalla società

dell’industria e del lavoro

siamo passati alla società

postindustriale dominata

dalla rivoluzione tecnologicoinformatica

e dallo strapotere delle forze

economiche che sfruttano le dimensioni

globali dei mercati proiettando le

disuguaglianze sociali su scala planetaria.

Il fallimento del ‘socialismo reale’

e la spinta della globalizzazione hanno

messo in crisi anche le istituzioni del

welfare e fortemente contratto i diritti

sociali, a cominciare dal diritto al lavoro,

soprattutto delle nuove generazioni.

I processi di globalizzazione economica

consentono alle grandi corporations

industriali e finanziarie di sottrarsi

ai vincoli delle legislazioni nazionali,

in particolare all’imposizione

fiscale. Nello stesso tempo lo sviluppo

tecnologico ha aumentato la produttività

delle grandi imprese che tendono a

disfarsi della forza-lavoro che non sia

altamente specializzata e di questa si

servono secondo le modalità del lavoro

interinale o a tempo determinato, con

la conseguenza di un costante aumento

della inoccupazione giovanile e della

disoccupazione».

«Nel frattempo - aggiunge - la democrazia

parlamentare ha ceduto il

passo alla ‘videocrazia’, la logica della

rappresentanza è surrogata dalla logica

della pubblicità commerciale, modello

della propaganda politica. Il codice

politico è contaminato dal codice

multimediale della spettacolarità e

della personalizzazione. Il potere persuasivo

dei grandi mezzi di comunicazione

di massa ha vanificato anche gli

ultimi residui ‘partecipativi’ e ‘rappresentativi’

della democrazia pluralistica.

I partiti di massa sono scomparsi».

Lei ritiene che i sistemi politici occidentali

possano essere detti «post-rappresentativi

» e «post-democratici»?

Sì, secondo me la democrazia rappresentativa

è alle nostre spalle. Chi pretende

di esportarla all’estero, magari con

la forza delle armi, è un autentico impostore.

In Italia le direzioni centrali dei

partiti non ricorrono più alla mediazione

comunicativa delle strutture di base

e del proselitismo degli iscritti e dei militanti.

Non ne hanno più alcun bisogno,

perché ci sono strumenti molto più efficaci

ed economici per farlo: i canali delle

televisioni pubbliche e private. In questo

senso i nuovi soggetti politici non sono

più, propriamente, dei «partiti»: sono

delle ristrettissime élites di imprenditori

elettorali che, in concorrenza pubblicitaria

fra di loro, si rivolgono direttamente

alle masse dei cittadini-consumatori

offrendo, attraverso lo strumento

televisivo e secondo precise strategie

di marketing, i propri prodotti simbolici.

Usando altre tecniche di marketing – in

particolare il sondaggio di opinione – gli

imprenditori elettorali analizzano la situazione

del mercato politico, registrano

le reazioni del pubblico alle

proprie campagne pubblicitarie

e influenzano circolarmente

queste reazioni attraverso

la pubblicazione

selettiva, spesso manipolata,

dei risultati dei sondaggi.

E allora, come democratizzare

la democrazia?

Ho sempre apprezzato lo

slancio innovativo e contestatore

del movimento altermondialista,

ma non ho mai condiviso la retorica che

ha identificato in questo movimento la

«seconda superpotenza» in grado di

cambiare il mondo in radice. Ora, purtroppo,

è diffuso un senso di impotenza

e di smarrimento. Sul terreno propriamente

politico, sarebbe necessaria una

lotta per i diritti che non si risolva in parole

d’ordine generiche e moralistiche.

Mentre la tutela dei diritti civili – «liberty

and property» – appartiene, per

così dire, alla normalità fisiologica dello

stato di diritto, solo una pressione

conflittuale può ottenere che questo livello

minimo venga superato: solo il

conflitto sociale è in grado di restituire

effettività all’esercizio dei diritti politici,

riscattandoli dalla loro condizione di

puro cerimoniale elettorale, e di garantire

l’adempimento effettivo delle aspettative

che stanno dietro ai cosidetti «diritti

sociali». E andrebbe tematizzata l’esigenza

di garantire non soltanto le libertà

politiche e il diritto all’informazione

dei cittadini, ma anche la loro «autonomia

cognitiva».

I temi della «nuova censura» e del

«diritto di replica» a difesa della autonomia

cognitiva dei cittadini contro i

monopoli della comunicazione elettronica

dovrebbero essere posti all’ordine

del giorno di una battaglia per l’«aggiornamento

della democrazia», per

usare l’espressione di Jacques Derrida.

Senza una lotta contro la concentrazione

e l’accumulazione comunicativa, la

democrazia è destinata a restare per

sempre una pura finzione procedurale,

una ingannevole parodia multimediale.

.......................................................................

Da cittadini a sudditi

DANILO ZOLO pubblicherà il suo nuovo libro, «Da cittadini a sudditi», con Carta

e con l’associazione culturale Punto rosso [che, come i lettori ricorderanno,

insieme hanno già pubblicato, nella collana «I tascabili», «Lavoro. Vecchio

e nuovo sfruttamento» di Andrea Fumagalli]. In questo libro, Zolo ripercorre la

storia filosofica del concetto di cittadinanza e la storia reale dei suoi destini, soffermandosi

sull’analisi di come sta cambiando la democrazia – e di come essa sia

obbligata a ripensarsi profondamente - nell’epoca dei poteri internazionali ed economici.

Zolo analizza il rapporto tra democrazia, diritti di cittadinanza e globalizzazione

[e affronta il rischio della diffusione di una nuova utopia negativa, il «modello

Singapore», frutto della micidiale miscela di finanziarizzazione, capitalismo

selvaggio e autoritarismo politico]. Nell’ultimo capitolo l’autore ripercorre diverse

proposte politiche elaborate in questi anni [come il reddito di cittadinanza]

per rivitalizzare l’istituto della cittadinanza e l’esercizio reale della democrazia.

«Da cittadini a sudditi» uscirà in edicola con Carta nel prossimo febbraio.

Ma questo è solo l’ultimo passo di un dibattito che ormai, anche in Italia, conta

decine di libri, centinaia di incontri e dibattiti, e soprattutto ha dato luogo alla Rete

del Nuovo Municipio, che proprio in queste settimane sta ridiscutendo della

sua funzione in un contesto molto cambiato dal momento della nascita della Rete.

Il tema della democrazia municipale, come possibile rimedio alla crisi della democrazia

rappresentativa a scala nazionale, è stato reso più reale dai movimenti

comunitari di difesa dalle grandi opere e di nuova cittadinanza nelle città e, all’opposto,

è stato sottolineato in negativo dai ripetuti tagli delle leggi finanziarie

[compresa la prima del centrosinistra] ai bilanci dei comuni, cioè alla loro sovranità.

La Rete continua il suo lavoro, il sito www.nuovomunicipio.org è il luogo adatto

per farsene un’idea più precisa.