Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Seconda considerazione inattuale: ripristinare la virilità e la femminilità

Seconda considerazione inattuale: ripristinare la virilità e la femminilità

di Francesco Lamendola - 16/03/2008

Ci hanno detto (noi non ce n'eravamo neanche accorti) che l'ultimo grido della moda, per i ragazzi delle scuole superiori, è andarsene in giro con i pantaloni abbassati, in modo da esibire le mutande, ovviamente firmate, e qualche cosa del loro giovanile fondo schiena.

Ciò fa il paio con la moda, imperversante ormai da qualche anno, delle loro spigliate coetanee, che consiste nel girare con i pantaloni abbassati - pardon, a vita bassa: sono fatti così quei benedetti pantaloni, che ci volete fare - allo scopo di esibire non solo l'ombelico e il ventre, ma possibilmente anche il pube e, come minimo, gli elastici del perizoma.

Ebbene, questa è la perfetta sintesi dello stravolgimento dei ruoli sessuali oggi imperante: gli uomini mostrano il sedere, e le donne ti sparano in viso il loro addome. Ammesso e non concesso che, per essere maschi o femmine, sia proprio necessario esibire le proprie nudità al di sotto della cintura, fino a qualche tempo addietro accadeva il contrario. Le donne esibivano il sederino, nei loro bei pantaloni attillatissimi, e gli uomini (vedi i baldanzosi ufficialetti dell'armata napoleonica) lasciavano intravedere le forme dei genitali…

Quel che vogliamo dire è che, oltre alla distruzione del sentimento del pudore, ormai relegato fra le anticaglie oscurantiste di un passato medioevale (cfr. il nostro saggio Dobbiamo reimparare a indignarci davanti ai seminatori di scandali, sempre sul sito di Arianna Editrice), i due sessi stanno conducendo un gioco narcisista che sfiora ormai la distruzione della specificità di genere. C'è una tendenza delle donne ad abdicare alla propria femminilità - a meno che si scambi per femminilità l'ostentazione sessuale più grossolana e anti-erotica, che è di matrice maschile, anzi maschilista: anche se il chirurgo continua senza posa ad aumentare il volume del seno, delle labbra e via dicendo. E c'è una tendenza degli uomini ad abdicare alla propria virilità, a sprofondare in un pavoneggiarsi languido e molle, che è una pietosa caricatura della seduttività femminile - anzi, per dir meglio, della seduttività femminile da quattro soldi. Dunque, una caricatura della caricatura: qualcosa di doppiamente ridicolo.

E allora diciamolo forte e chiaro: virilità e femminilità non stanno nei muscoli, nei glutei, nei seni e neppure nei genitali; stanno nella mente e nel cuore delle persone. Si è maschili o femminili, perché si possiedono un cuore e una mente virili o femminili. E il cuore e la mente di molte donne, oggi - nonostante le apparenze - sono sempre più maschili; mentre il cuore e la mente di tanti, troppi uomini, sono decisamente, ostentatamente femminili. Ma la donna che scimmiotta il peggio dell'uomo non è solo repulsiva, è anche grottesca; e l'uomo che scimmiotta il peggio della donna non è solo disgustoso, è anche patetico.

Dopo aver predicato, per anni e anni, che l'eterosessualità è una specie di nevrosi da repressione, e che l'individuo veramente liberato non conosce le "artificiali" barriere di genere, siamo arrivati a questo risultato. Donne che non sono più donne, per quanto gonfiate dal silicone nei punti strategici, per quanto ostentino biancheria intima ultra provocante; e uomini che non sono più uomini e non si danno alcuna pena di nasconderlo, anzi, competono con le donne sul loro stesso terreno: esibendo i graziosi culetti, per esempio.

Che tristezza.

I cattivi maestri della liberazione sessuale, le femministe arrabbiate e i pederasti travestiti da maestri spirituali, possono star contenti: hanno raggiunto pienamente il loro scopo.

 

Il fenomeno della distruzione delle differenze di genere parte da lontano ed è uno dei tratti distintivi della modernità. In quello straordinario laboratorio delle nuove tendenze che sono stati i Paesi scandinavi, tra gli ultimi decenni dell'Ottocento e i primi del Novecento, i primi ad accorgersene sono stati scrittori come Henryk Ibsen e August Strindberg. Strindberg, soprattutto: un uomo che era disperatamente attratto dal sesso femminile, proprio quando esso stava cominciando a subire la mutazione antropologica di cui abbiamo detto sopra.  La sua disperata e disperante attrazione per la moglie lesbica, la quale, invece, era disperatamente attratta dalla cameriera, è uno spaccato eloquente di quell'allontanamento reciproco dei sessi che ha avuto inizio quando la donna, in nome di una malintesa emancipazione, ha deciso di abbandonare la propria "casa di bambola" e ha incominciato ad avere non più dei figli, ma dei problemi esistenziali (come osservava sapidamente Oswald Spengler).

Oggi si dà per scontato che l'emancipazione femminile, intesa come distruzione delle differenze di genere, sia stata una conquista "di civiltà", sorvolando bellamente sul fatto che essa, al contrario, è nata dall'esigenza economica di mantenere la famiglia con un secondo stipendio. Pertanto è stata una conseguenza dello sfruttamento di classe, tanto dell'uomo che della donna: sfruttamento che continua ancora oggi, anche se camuffato e imbellettato sotto le vesti, assai più presentabili, di un progresso (la vecchia parola magica che fa ancora il suo bravo effetto sulle menti superficiali) del costume e di una modernizzazione (altra parola magica da quattro soldi) della famiglia e della società intera.

Eppure, osservando le donne stressate, nevrotiche, esaurite, che si barcamenano, oggi, nel loro triplice impegno di casalinghe, di lavoratrici e di eterni oggetti del desiderio - come insegna e pretende la pubblicità televisiva -, non si direbbe che esse abbiano realizzato questa gran liberazione e questo gran progresso. Verrebbe da pensare, al contrario, che siano più sovraccaricate di lavoro, più frustrate e più infelici di quando non godevano ancora delle meraviglie della cosiddetta emancipazione. Senza contare che il terzo impegno cui sono sottoposte, domeniche e ferie comprese - anzi, soprattutto le domeniche e le ferie -, ossia quello di essere dei perfetti, scintillanti oggetti del desiderio (ma di chi, poi, visto che uomini virili, all'orizzonte, ce ne sono sempre di meno?), non è certo il più lieve o il più gratificante. Al contrario: riteniamo che sia il più faticoso, il più tirannico e il più frustrante di tutti.

Il più faticoso, e non solo in senso fisico, perché  condanna le donne a un'esistenza perennemente inautentica, ove è loro proibito, nel modo più tassativo, lasciarsi vedere per quel che sono veramente. No, devono sempre recitate la commedia della femme fatale, della bellona dal sorriso smagliante e indefettibile, dalla messa in piega a regola d'arte e dagli abiti perfettamente stirati e smacchiati. Impensabile che queste donne eternamente conturbanti possano tornare a casa e dire a voce alta che i loro piedi, serrati nelle graziose scarpine dal tacco a spillo, urlano per il dolore, e che non vedono l'ora di immergerli nell'acqua tiepida!

Il più tirannico: perché impone loro una maschera che mai, mai, per nessuna ragione al mondo, potranno togliersi, fosse pure per pochi istanti. Come un pagliaccio costretto a ridere nella sua maschera di cerone, anche se ha il cuore a pezzi per qualche privato dispiacere, moltissime donne, oggi, sono letteralmente costrette a scimmiottare, bon gré mal gré, le dive di Hollywood, al punto da legare la propria autostima ai riflessi condizionati che la loro seduttività esasperata produce nei signori uomini (ovviamente, quelli più sciocchi e superficiali).

Il più frustrante, perché logora le donne in una battaglia quotidiana che dura tutta la vita e che può concludersi solo con la disfatta finale. Prima o poi, per quanto facciano, spunterà sempre all'orizzonte una ragazza più giovane, più formosa e più seducente, che le relegherà nell'ombra e le farà apparire - o, comunque, sentire, il che è lo stesso - vecchie, brutte e patetiche. Inevitabile risultato dell'aver giocato tutte le proprie carte sul terreno di un modello di bellezza tutto esteriore e quantitativo, dove le cinquantenni, le quarantenni  e perfino le trentenni non potranno mai spuntarla sulle colleghe-rivali più giovani e agguerrite.

Sempre più frustrate e affaticate da ritmi di vita e di lavoro insostenibili, molte donne sono andate perdendo, senza rendersene conto, proprio quella femminilità che tanto vorrebbero sbandierare come insegna di potere. Sono andate sviluppando quella tipica sfrontatezza, quella tipica aggressività, che sono una caratteristica - peraltro, deteriore - del genere maschile. Ci vuole ben altro, che un seno debordante e un addome fantasiosamente tatuato e generosamente esibito, per fare una vera donna, una donna desiderabile agli occhi di un uomo normale. La femminilità - così come, del resto, la virilità - non è un fatto di centimetri, non è un  fatto quantitativo: è un modo di essere. E se è vero che una donna volgare non potrà mai passare per una principessa, pur addobbandosi di gioielli come un albero di Natale, allo stesso modo una femmina senza pudore e senza fascino, che se ne va a caccia di maschi come i maschi (idioti) vanno a caccia di femmine, non riuscirà mai a passare per una vera donna.

 

E adesso veniamo agli uomini.

Non che ce ne siano rimasti molti, in circolazione.

L'inquietudine distruttiva che ha travolto il genere femminile ha provocato un contraccolpo penoso su quello maschile. Ne ha messo a nudo tutte le miserie, prima in qualche modo dissimulate: il narcisismo, l'immaturità, l'insicurezza. Soprattutto l'insicurezza. Respinto e deluso là dove aveva creduto di trovare una compagna, spesso l'uomo ha reagito con una fuga in avanti: si è messo, più o meno inconsapevolmente, a gareggiare con la donna, sul terreno proprio del femminile. Ha cominciato a spendere una fortuna in profumi e prodotti cosmetici, a dedicare ore e ore alle lampade abbronzanti, alle cure estetiche e così via. Come se avesse voluto dire: il mondo è solo delle bellone di Hollywood?; bene, e allora anch'io diventerò come i belloni di Holywood. Ma il mondo dei belloni di Hollywood non è che apparenza di virilità: dietro, vedi il caso - emblematico - di Rock Hudson, c'è un'omosessualità dilagante, da fare invidia ai pederasti dell'antica Grecia nel momento del loro massimo trionfo.

Essere veramente uomini, è un'altra cosa. Vuol dire porsi di fronte alle donne con la propria specificità: che è certamente complementare, e, proprio per ciò, è profondamente diversa da quella femminile. Vuol dire pensare da uomini, sentire da uomini, agire da uomini; e, secondariamente, parlare da uomini, vestire da uomini, camminare da uomini. Avere la franchezza, la lealtà, la sincerità degli uomini. Un uomo che gioca al nascondimento, che spettegola dietro le spalle, che lascia intravedere le mutande (firmate, mi raccomando!), per sviare l'attenzione dalla sua testa e dal suo cuore, non è un vero uomo: è una brutta caricatura della donna. E nemmeno, lo ripetiamo, della vera donna: ma solo delle bambolone plastificate stile pubblicità televisiva.

Una vera donna non si vergogna delle sue rughe, né delle sue paure, né delle sue incertezze; e un vero uomo non si vergogna dei suoi anni, della sua calvizie o, eventualmente, della sua stessa timidezza. C'è un modo virile di essere timidi, come c'è un modo virile di invecchiare. Oggi, invece, vediamo sempre più imperversare donne che non sono donne e che sprecano ogni loro energia in una battaglia persa contro le rughe, fino a ridursi a una maschera grottesca, come quella di Elizabeth Taylor; e uomini che non sono uomini, e che piuttosto di mostrare la testa pelata si fanno fare il trapianto dei capelli, uno ad uno, nelle migliori cliniche svizzere o americane (chissà di chi staremo parlando?).

Per favore, recuperiamo almeno un po' di dignità.

E, se non vi fossero altre buone ragioni per smetterla con questa farsa, facciamolo almeno per i nostri figli.

Che ci guardano increduli, esterrefatti, angosciati.

Lo spettacolo che stiamo dando loro non è solo deprimente: è amorale.

Mentre i tre quarti dell'umanità stanno ancora lottando per conquistarsi un'esistenza decente, noi facciamo loro credere che i valori supremi della vita consistano in un corpo sempre giovane e sempre erotico, in una eterna macchina di seduzione sessuale.

Ma per favore.

Non siamo già caduti abbastanza in basso? Vogliamo scendere ancora più in giù?