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È possibile , fra uomo e donna, una vera amicizia fra pari?

di Francesco Lamendola - 15/04/2008

 

 

 

Aristotele, com'è noto, distingueva tre tipi di amicizia: quella fondata sul bene, quella fondata sull'utile e quella fondata sul piacere; e sosteneva che, in linea generale, il simile è attratto dal simile, sicché l'amicizia tende ad instaurarsi fra persone che si trovano a un medesimo livello di evoluzione spirituale.

Scrive infatti nell'Etica Nicomachea, libro VIII, capp. 2-4 (traduzione di Marcello Zanatta, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1998, vol. 2, pp. 492-496):

 

Stante dunque che tre sono le determinazioni per le quali gli uomini amano, nel caso dell'affezione per gli oggetti inanimati non si parla d'amicizia, giacché non c'è contraccambio d'affezione né si può volere il bene di quel dato oggetto(sarebbe infatti certamente ridicolo volere ciò che è bene per il vino, ma semmai si vuole che si conservi, per possederlo). Invece per l'amico si dice che si deve volere ciò che p bene per lui.

Ma le persone che vogliono bene in questo modo diamo l'appellativo di benevole se lo stesso sentimento non sorge anche da parte di colui che amano; infatti è in chi pè contraccambiato che la benevolenza è amicizia.

Non bisogna forse aggiungere: «se essa non resta celata»? Molti infatti sono benevoli verso persone che non hanno mai visto, ma che pensano di essere oneste ed utili; e qualcuna di esse può pure provare lo stesso sentimento verso di loro. Questi individui, quindi, si manifestano vicendevolmente benevoli, ma come si può dire che sono amici se ignorano d'avere sentimenti reciproci? Occorre dunque che ci sia mutua benevolenza e che l'uno voglia ciò che è bene per l'altro, senza tenerlo nascosto, per una delle ragioni che abbiamo detto.

 

Ora, queste ragioni differiscono specificamente l'una dall'altra, e anche le affezioni e le amicizie. Tre sono pertanto le specie dell'amicizia, in numero uguale rispetto a ciò che è amabile: infatti, rispetto a ciascuna, vi è corrispondenza non latente di affezioni. E coloro che si amano reciprocamente vogliono ciascuno ciò che è bene per l'altro in quella specie dell'amicizia per cui si amano.

Quando gli uomini dunque che si amano reciprocamente in ragione dell'utile, si amano non per se se stessi, ma in quanto deriva loro qualche bene all'uno dall'altro. Similmente si deve dire anche di coloro la cui amicizia è motivata dal piacere: infatti hanno care le persone di spirito non per il fatto che sono dotate di quelle qualità, ma perché risultano loro piacevoli. Pertanto coloro che ad amare sono motivati dall'utile, amano in forza di ciò che per loro è piacevole: cioè non in quanto si tratta della persona amata, ma in quanto è utile o piacevole. Pertanto queste amicizie sono accidentali: non è infatti in quanto chi è amato è quello che è nella sua essenza che viene amato, ma in quanto apporta l'uno qualche bene, l'altro un piacere. Le amicizie di questo genere sono quindi facili a rompersi dato che le due parti non restano sempre uguali: infatti se non sono più utili o piacevoli cessano di amarsi. Ora, l'utile non è duratura, ma in un certo momento è una cosa, in un altro un'altra. Di conseguenza, essendo venuta meno la causa per la quale esse erano amiche,  vien meno anche la loro amicizia, in quanto, appunto, l'amicizia mirava a quei fini.

Comunemente si ritiene che l'amicizia di questo genere sorge soprattutto tra vecchi (gli uomini di quest'età infatti non perseguono il piacevole, ma l'utile), ma sorge anche tra tutte quelle persone mature e tutti quei giovani che ricercano il loro interesse.

Assolutamente gli amici di questo genere non conducono nemmeno una vita d'intimità tra loro; talvolta infatti non sono neppure piacevoli l'uno all'altro. Pertanto non sentono nemmeno il bisogno di questo tipo di frequentazione, se non sono utili. Infatti in tanto sono piacevoli l'uno all'altro in quanto hanno speranze di ottenere qualche bene. In questa categoria di amicizie gli uomini pongono anche l'ospitalità.

Invece, ad avviso di tutti, l'amicizia dei giovani è motivata dal piacere. Costoro infatti vivono secondo passione e perseguono soprattutto ciò che a loro piace personalmente e ciò che piace al momento. Ma quando l'età muta, anche le cose che piacciono diventano altre. Per questo in fretta diventano amici ed in fretta cessano di esserlo: giacché la loro amicizia muta assieme a ciò che piace, ed i piaceri della giovinezza sono soggetti a rapidi cambiamenti.

I giovani sono pure inclini all'amore, giacché gran parte dell'amicizia amorosa asseconda la passione ed è dovuta al piacere. Per questo motivo amano e cessano di amore con rapidità, mutando più volte nel medesimo giorno. Questi desiderano trascorrere le giornate in compagnia e condurre vita in comune, perché in questo modo nasce loro ciò che è conforme all'amicizia.

L'amicizia dei buoni, vale a dire di coloro che sono simili in virtù, è perfetta. Questi infatti, in quanto buoni, vogliono in ugual modo l'uno ciò che è bene per l'altro, e buoni essi sono di per se stessi. Ma coloro che vogliono ciò che è bene per gli amici per loro stessi, sono massimamente amici, giacché ciascuno lo è dell'altro per l'altro stesso e non per accidente. Quindi l'amicizia fra costoro perdura finché sono buoni, e la virtù è cosa durevole.

E ciascuno è buono in senso assoluto e per l'amico, giacché i buoni e sono buoni in senso assoluto e sono vicendevolmente utili. Ed in ugual modo sono anche piacevoli, giacché i buoni sono piacevoli e in senso assoluto e l'uno all'altro. Infatti le azioni che sono proprie e quelle del medesimo genere sono secondo piacere, e le azioni dei buoni sono identiche o simili.

È normale che l'amicizia di questo genere sia durevole, giacché in essa si riuniscono tutte le qualità che devono appartenere agli amici. Infatti ogni amicizia è dovuta al bene o al piacere, o in senso assoluto o per chi è amati, ed esige una certa somiglianza tra gli amici. Ma a quest'amicizia appartengono tutte le condizioni che abbiamo detto, e le appartengono in virtù della natura stessa degli amici,  giacché in questa amicizia gli amici sono simili anche per le altre condizioni, e ciò che è buono in senso assoluto è anche piacevole in senso assoluto. Ora, sono soprattutto queste determinazioni che sono degne d'essere amate, eppertanto l'amare e l'amicizia si realizzano principalmente in queste, e l'amicizia è la più eccellente.

Ed p logico che le amicizie di questo genere siano rare; infatti gli amici di questo genere sono rari.

Inoltre vi è bisogno di tempo e di consuetudine di vita, giacché, secondo il proverbio, non è possibile conoscersi l'un l'altro prima d'aver consumato assieme il sale di cui esso parla. Né pertanto è possibile accogliere qualcuno nella propria amicizia né essere amici prima che ciascuno si sia mostrato amabile all'altro ed abbia ottenuto fiducia. Coloro che instaurano rapidamente tra loro i vincoli dell'amicizia, vogliono essere amici, ma non lo sono se non sono anche degni d'amore e lo sanno. Infatti il desiderio di amicizia sorge rapidamente, ma l'amicizia no.

 

Proprio nell'ultima frase Aristotele adombra le maggiori delizie e le pene più grandi legate all'amicizia fra uomo e donna (anche se egli parla dell'amicizia indipendentemente dalla distinzione di genere). Se, infatti - e ci sembra di potere pienamente concordare con la sua affermazione - nell'amicizia tra i buoni, ossia tra coloro che tendono al bene e che coltivano l'amicizia non per l'utile o il piacere che possono ricavare dalla frequentazione dell'altro, ma per il bere dell'altro in quanto tale, ne consegue che coloro i quali si considerano reciprocamente degni di amicizia, non possono non apparire anche degni di amore.

Ma se sono degni di amore, non possono anche non provare amore l'uno per l'altro. Magari, appunto per amore dell'altro (o del bene in sé), tenderanno a reprimere questo aspetto della reciproca attrazione; tuttavia, al fondo di quest'ultima, la componente dell'amore sarà inseparabile da quella dell'amicizia. Se, per esempio, uno dei due è già felicemente unito ad un'altra persona, l'amico, per amor suo e per amore del bene in sé (ossia della convinzione che è male inserirsi in una relazione felice, per egoistico desiderio di felicità personale), si sforzerà di essere così forte e generoso da fare un passo indietro, e cercherà di nascondere a sé e all'altro la vera natura dei propri sentimenti; ma a prezzo di una crescente tensione interiore.

Questo è un elemento di complicazione particolarmente forte nell'amicizia fra uomo e donna, per ragioni che riteniamo evidenti.

L'uomo (normale) è attratto dalla donna, e la donna (normale) lo è dall'uomo. Si prendano un uomo e una donna, per quanto sconosciuti uno all'altra e diversi per età, condizione sociale, cultura, ecc.: resterà pur sempre, fra loro, se costretti a frequentarsi in maniera esclusiva, anche per motivi accidentali - talvolta appena percettibile, talvolta fragorosamente silenzioso - un ritegno, un imbarazzo che altro non è se non la reazione istintiva alla consapevolezza di una naturale, istintiva attrazione. È una legge di natura: l'uomo si sente attratto dalla donna e cerca istintivamente di piacerle; e lo stesso accade alla donna, per quanto ella cerchi di assumere un atteggiamento opposto a quello del proprio istinto.

Ora, se l'amicizia nasce dalla ricerca dell'utile, del piacere o del bene, è chiaro che anche gli uomini e le donne che si collocano su questi diversi livelli esistenziali tenderanno a sentirsi tanto più attratti, quanto più avranno modo di intuire una consonanza di fondo rispetto a ciò che essi ritengono d'importanza primaria nella loro vita. Alla naturale attrazione sessuale, dunque, si aggiungerà l'attrazione del simile che ha fiutato il proprio simile e che ha visto in lui qualcuno che persegue i suoi stessi fini.

L'uomo e la donna che sono dominati dal desiderio di ricchezza o di potere, troveranno il modo di frequentarsi e diverranno amici sulla base del comune interesse per quelle cose. L'uomo e la donna che sono dominati dal desiderio del piacere, ci metteranno poco a riconoscersi e a gettarsi l'uno nella braccia dell'altra, decisi a soddisfare reciprocamente il loro desiderio. Ma entrambi questi tipi di amicizia non hanno alcuna garanzia di durata; perché, venuto meno l'elemento accidentale di coesione, l'uomo e la donna scopriranno di essere l'un l'altra assolutamente indifferenti: e divideranno le proprie strade, senza rimpianti né rimorsi di alcun genere, alla ricerca di altre persone che possano aiutarli a raggiungere l'oggetto delle loro passioni.

Invece, l'uomo e la donna che vivono a un livello superiore di consapevolezza spirituale, e che considerano il bene come il fine supremo della loro vita, allorché si riconosceranno come simili l'uno per l'altra, non potranno non cercarsi e desiderare l'amicizia reciproca, e ciò indipendentemente dal piacere o dall'utile che essa potrà offrire loro. Né cesseranno di provare amicizia l'uno per l'altra con il venir meno di ciò che è piacevole (giovinezza, bellezza), o di ciò che è utile (sostegno nel lavoro, nella società, ecc.), ma resteranno legati per sempre, perché attratti dal bene che vedono l'uno nell'altra, e che non possono non desiderare l'uno per l'altra. A meno che uno dei due, per una serie di vicende interiori, non muti il suo atteggiamento di fondo verso la vita e regredisca verso un livello spirituale inferiore: in quel caso, e solo in quel caso, cesseranno di nutrire amicizia reciproca pura e incondizionata, trovandosi ormai su due piani di evoluzione spirituale profondamente diversi.

Ma, dicevamo, quanto più essi ameranno il bene, tanto più lo cercheranno intorno a sé; e, trovatolo in una persona che eleggono alla condizione di amica, molto difficilmente potranno non provare per essa anche un sentimento di amore. Non sarà un amore passionale, violento e irragionevole; potrà essere casto, tranquillo e devoto; potrà essere magari inespresso, magari inconfessato, perfino a loro stessi; ma ci sarà. Aristotele aveva visto giusto: quanto più una persona è degna di amicizia sul piano del bene disgiunto dall'utile e del piacere, tanto più quella persona apparirà all'altra, che abbia le medesime disposizioni spirituali, degna di amore.

L'elemento sessuale gioca anch'esso la sua parte, ed è una parte fondamentale. Tanto più amabile appare all'uomo (normale) una donna, quanto più ella gli appare rivestita degli attributi del bene disinteressato; e la stessa cosa prova la donna (normale) nei confronti dell'uomo.

In teoria, se l'amore-amicizia tra uomo e donna può anche appagarsi della vicinanza reciproca, dell'intimità cameratesca, della tacita ammirazione e dell'amore casto e inespresso, in pratica esso però si complica a causa di un fattore molto preciso: la differenza strutturale della sensibilità e della psicologia maschili rispetto a quelle femminili. Negare questa discrepanza, questo sfasamento, è stato il grande errore di certa psicologia post-moderna, influenzato dalle correnti di pensiero femministe e da un malinteso senso di democraticismo.

L'uomo e la donna si attraggono perché diversi e complementari: ma è innegabile che percepiscano la realtà e vivano i sentimenti con modalità profondamente diversi. "Le medesime passioni hanno nell'uomo e nella dona - diceva il buon vecchio Nietzsche - un ritmo diverso: perciò uomo e donna continuano a fraintendersi."

Anche quando credono di sentire allo stesso modo, uomo e donna sentono con ritmo diverso: la consonanza è solo apparente. Rimane sempre una incommensurabilità di fondo nei loro sentimenti; ed è giusto che sia così. Ecco perché le donne trovano così soddisfacente l'amicizia degli uomini poco virili o addirittura invertiti: perché con loro sì, che trovano quella quasi perfetta consonanza di ritmi e di risonanze profonde. Ma questo, con un vero uomo, non è possibile, semplicemente per ragioni strutturali.

Dunque, sono già tre le difficoltà che emergono nell'ambito di un  rapporto di amicizia fra uomo e donna: la prima è l'elemento istintivo dell'attrazione sessuale; la seconda - tipica, paradossalmente, dell'amicizia fra persone di alta statura morale - l'attrazione istintiva verso ciò che è buono in sé; la terza, il diverso ritmo di passionalità esistente fra i due sessi.

Ma ve n'è una quarta, ed è quella che maggiormente fa arrabbiare le femministe: la scarsa disposizione della donna nei confronti dell'amicizia in quanto tale.

Cominciamo col dire, per sgombrare il terreno da possibili equivoci , che stiamo parlando in linea generale, e che ogni regola ammette le sue eccezioni.

Subito dopo, affermiamo che una prolungata osservazione delle relazioni umane ci ha portati alla convinzione che l'amicizia fra donne sia cosa pressoché impossibile, stante l'elemento della rivalità e della competitività, che in loro è fortissimo, e oggi lo è ancora di più, per tutta una serie di ragioni che altrove abbiamo cerato di approfondire (cfr., fra l'altro, i nostri precedenti articoli È la donna, oggi, l'anello debole della catena e Il demone nascosto dell'infelicità femminile, sempre sul sito di Arianna Editrice).

Ciò non è vero per il genere maschile. Tra uomini, l'amicizia è un sentimento raro fin che si vuole, ma possibilissimo: almeno fra uomini virili, che si stimano e che non vedono affatto, l'uno nell'altro, un possibile rivale, come invece accade fra le donne.

Resta da vedere se la donna sia capace di provare sentimenti di amicizia per l'altro sesso. In linea generale, ci duole dirlo, ciò si verifica quando la donna, per una serie di ragioni particolari, ritiene totalmente escluso il risvolto sessuale nell'amicizia con l'uomo; ad esempio, quando si tratta di una donna con forti tendenze omosessuali. In quel caso, ella vedrà nell'uomo, psicologicamente, un proprio simile, ma senza le detestate qualità "negative" femminili, prima fra tutte la tendenza a vedere ovunque delle concorrenti e delle rivali. Perciò potrà essere una buona amica per l'uomo; allo stesso modo che l'uomo effeminato - già lo abbiamo detto - potrà essere un ottimo amico per la donna.

Resta aperta la questione se una donna molto femminile possa essere veramente amica di un uomo molto virile, e viceversa. La cosa ci sembra difficile, per le ragioni di cui dicevamo poc'anzi: la competizione è parte strutturale della femminilità, ma non della virilità. Quindi, una donna tenderà a  sentirsi sempre in competizione con le altre donne; e, se avrà una forte amicizia maschile, tenderà a vedere delle rivali in tutte le donne che, in vario modo, fanno parte della vita del suo amico. Non solo: nella donna vi è un bisogno esasperato di dominare o di essere dominata: possibilmente, anzi, l'una e l'altra cosa insieme.

Sempre il buon Nietzsche (nello Zarathustra) affermava che "per troppo tempo si sono nascosti nella donna uno schiavo e un tiranno. Perciò la donna non è capace ancora di amicizia, ma conosce solo l'amore."

E questa, che condividiamo, risulta essere la quinta difficoltà sulla strada di un autentico rapporto di amicizia fra l'uomo e la donna.

Poiché l'amicizia è, per definizione, un rapporto fra pari, mentre la donna non riesce a relazionarsi con l'altro se non in termini di dominio o di sottomissione, ne consegue che la donna, istintivamente, cerca nell'uomo o un padrone o uno schiavo: nel primo caso soddisferà le sue tendenze masochiste, nel secondo le sue tendenze sadiche; in entrambi i casi, punterà a un rapporto squilibrato, asimmetrico, e non a un rapporto fra pari.

Inutile precisare che sia la tendenza al dominio, sia quella alla sottomissione possono essere abilmente mascherate, al punto da risultare difficilmente visibili; almeno di primo acchito. Ma ci sono, ci sono sempre: e le donne più aperte ed intelligenti sono anche, di solito, le prime a riconoscerlo come un dato ineliminabile della loro natura.

 

Siamo giunti così alla conclusione che, nel rapporto reciproco fra uomo e donna, l'amicizia autentica è sempre qualcosa di estremamente problematico, anche all'interno di quella particolare forma di amicizia che è l'amore.

Si suol dire che l'uomo, nella compagna ideale, cerca la madre, la moglie, l'amante, l'amica; ed è sostanzialmente esatto. Resta il fatto che l'amica vera, nella donna, egli non la trova quasi mai; e ciò ha a che fare, a nostro avviso, con il senso di delusione che tanti uomini  provano nelle relazioni con le donne: siano esse madri, mogli, amanti, o, soprattutto, amiche. Quanto poi a trovare una amica nella propria compagna, la cosa è talmente rara da costituire veramente piuttosto l'eccezione che la regola.

Anche la donna fatica a trovare un amico nell'uomo, su questo non ci sono dubbi; e lo abbiamo visto. Ella, però, nella maggior parte dei casi ne soffre di meno: perché, in fondo, è scarsamente interessata all'amicizia, sia dentro che fuori di una relazione amorosa.

Ciò che la donna vuole davvero, è un padrone crudele o uno schiavo umiliato: nel primo caso perché ha voglia di soffrire; nel secondo, perché ha voglia di disprezzare.

 

Sarebbe ingiusto e ingeneroso, tuttavia, pretendere dalla donna qualche cosa che essa non è in grado di dare; così come sarebbe assurdo pretendere che ella possa trascendere ontologicamente la propria natura. L'importante è che l'uomo e la donna si rendano conto delle proprie differenti nature e imparino ad accettarsi, così come sono.

Se, poi, qualcuno avesse inteso che tutto questo discorso ha lo scopo di sminuire e calunniare la donna, dovremmo dirgli che non ha capito proprio niente. Al contrario: quegli uomini che esaltano, nella donna, delle qualità che essa non possiede, sono i veri calunniatori del sesso femminile: perché non sono capaci di vederla, apprezzarla e ammirarla per quello che ella è, come ella è, con tutti i suoi violenti chiaroscuri e le sue adorabili contraddizioni.