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Il libro di Rahm: il piano di guerra di Emanuel per i democratici

di John Walsh - 08/11/2008

[Articolo di due anni fa, quindi in alcuni punti superato, ma che riassume efficacemente la carriera del probabile prossimo capo di gabinetto di Barack Obama prendendo in esame la sua fulminante ascesa e il suo attivismo in occasione della guerra contro l'Iraq]



La scorsa settimana su Counterpunch [1] ho scritto che il presidente del Democratic Congressional Campaign Committee (DCCC), il membro del congresso Rahm Emanuel, ha lavorato alacremente per assicurare che i candidati democratici in corsa [alle elezioni di Medio Termine tenutesi nel 2006, N.d.T.] fossero a favore della guerra. Ci è ampiamente riuscito grazie al denaro di cui dispone e alle celebrità politiche pronte a rispondere alla sua chiamata, assicurandosi che 20 dei 22 candidati democratici in quei distretti fossero pro-guerra. Dunque l'esito delle prossime elezioni sarà truccato.

Nel 2006, indipendentemente dal partito che controllerà la Casa Bianca, una maggioranza sarà pronta ad appoggiare la guerra in Iraq, nonostante il fatto che tra le file democratiche e tra gli elettori ci sia indubbiamente una forte opposizione al conflitto (dico subito che questa situazione può essere rovesciata anche dopo le elezioni-beffa tra i due partiti della guerra).

Qual è la posizione di Emanuel su guerra e pace? Emanuel ha appena fornito la risposta a questa domanda con uno smilzo libretto scritto con Bruce Reed, umilmente intitolato The Plan: Big Ideas for America ("Il piano: grandi progetti per l'America"). Gli autori riassumono premurosamente ognuna delle otto parti del "piano" in un singolo paragrafo. La sezione che abbraccia tutta la politica estera è intitolata "Una nuova strategia per porre fine alla guerra al terrore": titolo rivelatore, visto che la "guerra al terrore" è la maniera in cui neocon e lobby israeliana amano inquadrare la discussione sulla politica estera. Questo è il paragrafo riassuntivo del libro, coi miei commenti tra parentesi:
"Una nuova strategia per vincere la guerra al terrore"
("Guerra al terrore", come osserva George Soros, è una falsa metafora usata da coloro che vorrebbero trascinarci in avventure militari che non sono del nostro interesse o in quello dell'umanità)

"Dobbiamo usare tutte le radici del potere americano per rendere sicuro il nostro paese (Comincia giocando la carta della paura). L'America deve guidare la battaglia del mondo contro il diffondersi del male e del totalitarismo, ma dobbiamo smettere di provare a vincere questa battaglia da soli. (Imperialismo messianico). Dobbiamo riformare e rafforzare le istituzioni multilaterali per il ventunesimo secolo, non allontanarcene. Abbiamo bisogno di fortificare la "sottile linea verde" militare attorno al mondo aggiungendola alla Forze Speciali Statunitensi e ai Marines, ed incrementando l'esercito statunitense di ulteriori 100.000 unità (Un esercito ancora più grande per le forze armate più potenti del mondo, una visione parecchio militarista del modo di trattare i conflitti tra nazioni. Che genere di impiego ha in mente Emanuel per queste truppe?). Innanzitutto dovremmo approvare un nuovo GI Bill [provvedimento che istituisca borse di studio per finanziare l'istruzione dei veterani, N.d.T.] per i soldati che tornano a casa. (Più incentivi per spingere chi ha maggiori problemi finanziari a diventare carne da cannone). Infine dobbiamo proteggere la nostra patria e le nostre libertà civili creando una nuova forza antiterrorismo come l'MI5 britannico (Un nuovo servizio segreto sarebbe una chiara minaccia alle nostre libertà civili; in Gran Bretagna l'MI5 dispone di file segreti su un adulto ogni 160, nonché documentazione su 53.000 organizzazioni).
Queste le testuali parole [2].

Ma cosa pensa esattamente Emanuel, l'uomo che ha esaminato e scelto i candidati democratici per il Congresso del 2006, della guerra in Iraq, questione numero uno nei pensieri degli elettori? Nel loro libro Emanuel e Reed non citano l'Iraq, tranne che in termini di "guerra al terrore". Emanuel non menziona l'Iraq nemmeno sul suo sito web quando parla delle questioni importanti cui dobbiamo far fronte, omissione piuttosto sorprendente e condivisa da Chuck Schumer, sua controparte al Senato, che presiede il DSCC (Democratic Senatorial Campaign Committee). Tuttavia, in un recente profilo pubblicato su Fortune (25/9/2006) dal titolo "Emanuel Rahm, politico pitbull", il capo della redazione di Washington Nina Easton osserva: "Sull'Iraq Emanuel sta alla larga dalla folla che chiede il ritiro immediato, preferendo criticare Bush per i fallimenti militari a partire dall'invasione del 2003. 'La guerra non doveva andare così', mi ha detto durante la sua campagna. Nel gennaio 2005, quando Tim Russert di Meet the Press domandò se avrebbe votato per autorizzare la guerra 'sapendo che non c'erano armi di distruzione di massa', Emanuel rispose di sì (Emanuel non entrò in carica fino a dopo il voto). 'Credo ancora che sbarazzarci di Saddam Hussein fosse la cosa giusta da fare, ok?', aggiunse". [3]

Quando Jack Murtha fece la sua proposta di ritiro dall'Iraq, Emanuel subito dopo dichiarò che "Jack Murtha ha parlato per sé". Per quanto riguarda la politica irachena, Emanuel aggiunse: "Al momento giusto prenderemo posizione su questo". Era il novembre 2005. Nel giugno 2006, ovviamente il momento giusto, Emanuel svelò finalmente la sua posizione in una dichiarazione al Parlamento durante il dibattito sull'Iraq: "La discussione di oggi è se il popolo americano voglia mantenere questa rotta con un'amministrazione e un Congresso che si sono allontanati dai propri doveri o intenda perseguire una vera strategia per vincere la guerra contro il terrorismo. Non raggiungeremo la vittoria standocene seduti a guardare, fermi e immobili, lo status quo: questa è la politica repubblicana. I democratici sono decisi a battersi contro il nemico". Il ritornello è noto, un aumento delle truppe è il mezzo e la vittoria in Iraq l'obiettivo.

La guerra in Iraq ha portato vantaggi a Israele, devastando un paese che Israele vedeva come uno dei suoi principali avversari. L'impegno a favore di Israele di Emanuel [4] e il suo ruolo al Congresso sono indubbi. La dimostrazione più recente è stata il suo attacco al Primo Ministro fantoccio iracheno, Nuri al Maliki, perché Maliki aveva definito l'attacco israeliano contro il Libano un atto di "aggressione". Emanuel ha invitato Maliki ad annullare il suo intervento al Congresso, ed è stato seguito a ruota dal suo amico e controparte nel DSCC, il senatore Chuck Schumer, che ha chiesto: "Nella guerra al terrorismo, (Maliki) da che parte sta?" Se, secondo la definizione dell'ex senatore Fritz Holling, il Congresso è territorio occupato israeliano, Rahm Emanuel fa parte delle truppe di occupazione. Ed è certamente un importante ingranaggio nella lobby israeliana descritta da Mearsheimer e Walt. L'idea che la lobby esiste e ha un'enorme influenza sulla politica mediorientale non è più un tabù per l'opinione pubblica. Secondo un sondaggio appena effettuato da Zogby International per CNI, [5] il 39% del pubblico americano si ritiene "d'accordo" o "parzialmente d'accordo" con l'affermazione che "le pressioni della lobby israeliana sul Congresso e l'amministrazione Bush siano state un fattore chiave della guerra in Iraq e l'attuale confronto con l'Iran". Un numero simile, il 40%, è "fortemente in disaccordo" o "parzialmente in disaccordo" con questa posizione. Circa il 20% del pubblico si dice incerto.

Sotto certi aspetti Emanuel è un uomo misterioso, come dimostra la sua biografia: che è sì disponibile su Wikipedia e nell'articolo su Fortune, [3] ma con un paio di cose che mancano o non pienamente spiegate. In primo luogo, come è stato spesso sottolineato, il padre di Emanuel sarebbe un medico emigrato in Israele. Secondo Leon Hadar però negli anni Quaranta ha lavorato anche con il famigerato Irgun, che è stato etichettato come organizzazione terroristica dalle autorità britanniche. [6] Forse Rahm ha preso l'interesse per il terrorismo dal padre.

In secondo luogo, durante la Guerra del Golfo, nel 1991, Emanuel faceva il volontario civile in Israele, dove si occupava di "manutenzione dei freni in una base militare nel nord di Israele". (Wikipedia, New Republic). Questo è strano per due ragioni. Gli Stati Uniti vanno in guerra contro l'Iraq ed Emanuel, cittadino statunitense, parte volontario non per il suo paese, ma per Israele. Inoltre è un noto politico dell'Illinois, con un padre che è stato nell'Irgun, ma viene assegnato alla "manutenzione dei freni" in una "base militare". Forse.

In terzo luogo, subito dopo essere tornato dal deserto, Emanuel ha avuto un ruolo importante nella campagna di Clinton, "che ha acclamato fin dall'inizio, aprendogli il portafogli per la raccolta dei fondi necessari". [3] Come ha potuto farlo, dopo essere stato isolato all'estero e senza alcuna esperienza in politica nazionale? Quarto, dopo aver lasciato la Casa Bianca di Clinton, ha deciso che, se aveva intenzione di rimanere in politica, aveva bisogno di avere un po' di soldi da parte e di "sicurezza". Allora andò a lavorare per Bruce Wassertein, uno dei principali benefattori democratici e finanziere di Wall Street.

Secondo Easton, "In poco più di due anni e mezzo ha fatto il broker, spesso utilizzando legami politici, per Wassertein Perella. Secondo informazioni finanziarie congressuali, in quel periodo ha incassato più di 18 milioni di dollari. I suoi contratti comprendono le offerte di fusione di Unicom con Peco Energia e l'acquisto della SBC, filiale di SecurityLink, da parte della GTCR Golder Rauner. Ma suoi amici dicono che avrebbe inoltre beneficiato da due vendite della stessa Wassertein, prima alla Dresdner Bank e quindi alla Allianz AG". Anche in questo caso, per un nuovo arrivato guadagnare 18 milioni di dollari in due anni è quasi miracoloso. Come ha fatto? Successivamente, nel 2002, Emanuel ha conquistato un seggio al Congresso, e nel 2006 è diventato presidente del DCCC. Un'altra ascesa quasi miracolosa.

Ma Emanuel e i suoi amici falchi potrebbero non riuscire a raggiungere il loro scopo. Personaggi di spicco dell'impero americano, e i loro ben pagati consulenti, da James Baker a Jimmy Carter, a Zbigniew Brzezinski e Mearsheimer e Walt, prevedono una catastrofe incombente per i neocon, a meno che i partiti della guerra di entrambi gli schieramenti politici, con la loro doppia lealtà a Stati Uniti e Israele, non vengano ricondotti all'ordine. Ma soprattutto la gente è stanca della guerra in Iraq e diffida di altre guerre, come quelle progettate da falchi come Emanuel. I politici che verranno eletti, che siano repubblicani di Rove o democratici di Emanuel, dovranno fare i conti con questa crescente ondata di rabbia o rischieranno di perdere i loro privilegi. Tale rischio è compensato dalle macchinazioni di Emanuel e di altri per garantire che non esista un vero partito o movimento di opposizione. E l'assenza di una vera opposizione è un problema che dobbiamo risolvere.

John Walsh può essere contattato a john.endwar@gmail.com .

Note:

[1] http://www.counterpunch.com/walsh10142006.html
[2] Emanuel e Reed parlano anche con approvazione di Peter Beinart, il guerriero neocon teorico dei democratici che scrive sulla New Republic di Marty Peretz, dicendo di lui: "Nel suo recente libro The Good Fight [La buona battaglia], Peter Beinart spiega perché una nuova politica di sicurezza nazionale più rigida sia essenziale per il futuro delle politiche progressiste, così come un fronte unito contro totalitarismo e comunismo era essenziale per il New Deal e per la Grande Società". (Questo capitolo di The Plan è intitolato: "Chi ha affondato la mia nave da guerra". Non c'è bisogno di dire che la nave da guerra non è la USS Liberty). A Emanuel e Reed piace anche la proposta di Anne-Marie Slaughter di "una divisione del lavoro nella quale le Nazioni Unite si occupano dell'assistenza economica e sociale, mentre una NATO allargata (!) porta il fardello della sicurezza collettiva". In altre parole le Nazioni Unite svolgono il lavoro caritatevole mentre la NATO, dominata dagli USA, fa il poliziotto mondiale. Che visione. E la loro richiesta di più truppe è condivisa dai repubblicani neocon, mentre il Weekly Standard di William Kristol la scorsa settimana chiedeva 250.000 uomini in più per l'esercito.
[3] http://money.cnn.com/2006/09/17/
[4] http://www.radioislam.org/islam/english/jewishp/usa/rahmzion.htm
[5] http://www.cnionline.org/learn/polls/czandlobby/index2.htm
[6] J. Palestine Studies, 23: 84(1994)