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Afghanistan, tutti a casa

di Flavio Pompetti - 02/09/2009

Fonte: ilmessaggero

Cresce la voglia di ritiro Anche tra le file dei conservatori si parla di exit strategy USA

L`editoriale di George Will pubblicato ieri sul R ashington Post è il primo a dar voce al malcontento che serpeggia in Usa contro la guerra, ma non mostra alcun segno di incertezza o di soggezione. «Il genio - scrive Will citando de Gaulle, il quale a sua volta citava la decisione di Bismark di fermare l`assedio inconcludente dell`esercito tedesco alle porte di Parigi nella guerra franco-prussiana del 1870-sta nel sapere quando è il tempo di fermarsi».

«Portiamo a casa il grosso dei marines suggerisce Will - e continuìamo la guerra a di- stanza di sicurezza con attacchi di droni, azioni del sei-vizio segreto, missili cruise e piccole unità di Forze Speciali. Concentriamoci piuttosto sul confine con il Pakistan, che è il vero teatro di tensione».

Nessuno l`aveva detto ancora con altrettanta determinazione, eppure la frustrazione per l`andamento della campagna era già infiltrato tra i banchi del Congresso, anche tra i democratici come il senatore Russ Feingold che sabato scorso dalle colonne di un altro quotidiano: il TVall StreetJournal, aveva chiesto un calendario per il ritiro delle truppe.

Torna alla mente un altro editoriale di proporzioni storiche, quello pronunciato da Walter Cronkite, l`anchorman televisivo scomparso due settimane fa, alla fine dell`offensiva del Tet nella campagna Usa in Vietnam. Anche Cronkite chiese senza mezzi termini di riconoscere l`impasse della guerra, e la storia finì per dargli ragione.

Obama tornerà a Washington alla fine della breve vacanza estiva con un quadro politico molto diverso da quello che aveva di fronte due settimane fa, quando difese la sua strategia militare in Afghanistan in un discorso all`associazione dei veterani di guerra a Phoenix.

Tra le due date è arrivato il rapporto del generale McChrystai sullo stato della campagna, nel quale si legge che «la situazione sta deteriorando» e che c`è bisogno di «un cambio di strategia». Le due espressioni vengono lette a Washington come un imminente richiesta al Congresso di nuove truppe da inviare a Kabul: 5 mila, forse 10 mila nuovi soldati che permettano un maggiore controllo del territorio dopo le azioni militari che ripuliscono alcune aree dalla presenza dei guerriglieri talebani.

L`invio di altri marines non è solo impopolare, è anche costoso, e il nome di Obama si sta pericolosamente associan- do nella mente degli americani all`opposizione con la proposta di nuove spese.

«La nostra strategia è: ripulire prima, tenere il controllo, e poi ricostruire.

- Scrive Will - Ripulire:

i talebani devono solo nascondersi in attesa che le nostre sparute forze debbano spostarsi in altre zone. In quanto a ricostruire, abbiamo di fronte un governo: quello afgano, la cui debolezza è seconda solo a quello somalo, stando ai dati forniti dalla Brookings Institution». Nemmeno le recenti elezioni hanno calmato la. frustrazione del quotato editorialista: «Un voto cruciale? - si domanda - Ne hanno espressi tre negli ultimi otto anni. Sono passati senza lasciare traccia se non la rabbia contro la nostra presenza».

Nuove strategie: meno uomini, più tecnologie Le esequie di un marine nel cimitero di Arlington in Virginia [.]