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Nucleare e salute, un'altra ragione per dire no

di Andrea Degl'Innocenti - 11/02/2010

Sono in molti ad essere spaventati dal ritorno del nucleare in Italia. Le ragioni sono le più diverse, ambientali, economiche, etiche, sociali. Meno indagate, ma altrettanto allarmanti, sono invece gli aspetti legati alla salute: sono ormai numerosi gli studi che mettono in relazione l'esposizione anche minima alle radiazioni con lo sviluppo di gravi malattie e mutazioni.

 

Scorie radioattive
Lo stoccaggio delle sostanze radioattive è uno dei processi più dispendiosi
Nell'acceso dibattito di questi giorni, chi abbia avuto la pazienza di oltrepassare la cortina di fumo dell'informazione tradizionale, svolgendo una rapida ricerca su internet o attingendo da fonti dirette, avrà sicuramente trovato una serie di buone ragioni per schierarsi fra i contrari al ritorno del nucleare in Italia.

 

Le perplessità sono innanzitutto ambientali, dovute oltre all'enorme impatto sul territorio, al fatto che una centrale nucleare necessita, per funzionare, di elevatissime quantità di acqua per il raffreddamento (la Francia vi impiega il 40% delle sue risorse idriche) e spesso di una centrale a carbone ausiliaria che fornisca l'energia necessaria ad estrarre il plutonio dall'uranio.

E di natura economica, dati gli elevati costi di costruzione – Edison ha stimato in 40 miliardi di euro il prezzo di 10 centrali – e di stoccaggio delle sostanze radioattive, a fronte di un prezzo al kilowatt che – si legge sul blog di Jacopo Fo - risulterà sconveniente rispetto al solare e all'eolico nel giro di 3-4 anni (dunque 15 anni prima che le centrali entrino in funzione); senza contare che l'uranio va scomparendo ed il suo prezzo è destinato a crescere esponenzialmente.

E poi etiche, visto che l'energia nucleare era stata abolita in Italia per volontà popolare da un referendum nell'87, mentre nessun referendum è stato richiesto per reintrodurla, e sociali, perché le centrali creeranno prevedibili contrasti e frizioni nelle comunità dove saranno costruite.

 

Centrale nucleare
Sono numerosi ormai gli studi che attestano la nocività dell'esposizione alle radiazioni nucleari, anche in quantità minime.
Mille buone ragioni si possono trovare, e già di per sé sufficienti. Ce n'è un'altra però, che forse fino ad ora non è stata presa nella dovuta considerazione: quella salutare. Sono numerosi ormai gli studi che attestano la nocività dell'esposizione alle radiazioni nucleari, anche in quantità minime.

 

In un'intervista su Qualenergia.it Gianni Mattioli, deputato dei verdi, ebbe a dichiarare che il danno sanitario da radiazioni è un “danno senza soglia”, visto che un'esposizione anche minima può innescare processi di tumori, leucemie o effetti sulle generazioni successive.

La stessa Commissione internazionale per la radioprotezione definisce “dose massima ammissibile […] quella dose cui sono associati effetti somatici, tumori e leucemie, che si considerano accettabili a fronte dei benefici economici associati a siffatte attività o radiazioni” piuttosto che, come sarebbe logico supporre, quella che non comporta rischi per la salute umana.

Uno studio finanziato dal governo tedesco e condotto da un gruppo epidemiologico dell’Università di Mainz ha portato ulteriori conferme. Su un campione significativo di persone esposte a quantità minime di radiazioni nucleari – i residenti in un raggio di 5 chilometri da ciascuna delle 16 centrali tedesche, in un arco di tempo di 13 anni, dal 1980 al 2003 – si è riscontrato un aumento di incidenze allarmante, soprattutto per quanto riguarda i bambini al di sotto dei 5 anni (+ 220% i casi di leucemia, + 160% quelli di cancro).

 

Le regioni e il nucleare
Persino la volontà delle regioni, alla faccia dell'osannato federalismo, viene calpestata dal governo,
Infine un articolo del quotidiano britannico The Guardian illustra come esistano altri tipi di effetti, ancora più a lungo termine, dell'esposizione alle radiazioni. Effetti che possono “causare cambiamenti in cellule lontane nello spazio e nel tempo da quelle colpite dalle radiazioni. Che sfidano l'attuale spiegazione sugli effetti delle radiazioni ma sono sconosciuti all'opinione pubblica. Che sono discussi dai biologi di tutto il mondo e sono soggetto di migliaia di articoli scientifici.

 

Un quadro agghiacciante, reso ancor più inquietante dalle ultime notizie di attualità che vedono, in data di ieri 10 febbraio, l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo sulla disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.

Il nucleare sembra alle porte, insomma. Certo non ci è dato sapere dove saranno costruite le centrali, non in campagna elettorale. Né possiamo esprimere il nostro parere in proposito (un referendum darebbe come esito probabile la vittoria del no, almeno stando ad un recente sondaggio condotto da Ipr Marketing che vede i contrari attestarsi al 56%).

Persino la volontà delle regioni, alla faccia dell'osannato federalismo, viene calpestata dal governo, che si è affrettato ad impugnare le leggi approvate da Puglia, Campania e Basilicata che impedivano la costruzione di centrali sul proprio territorio.

Ma non c'è di che preoccuparsi. Probabilmente il nucleare in Italia non tornerà mai. Secondo Jacopo Fo infatti, ben prima del 2019, anno in cui le stime più rosee dei tecnici Edison attestano l'inizio attività della prima centrale, la crisi energetica affosserà l'economia italiana al punto da rendere ridicolo il solo pensare di poter costruire una centrale. Siamo proprio fortunati.