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Partiti da Roma e Milano alcuni degli agenti che uccisero l’uomo di Hamas

di Alberto Stabile - 25/02/2010

Caso Dubai, i killer del Mossad erano 26


Individuati altri quindici passaporti europei falsi usati dai membri del commando
Resta da chiarire perché il gruppo di fuoco fosse composto da così tante persone

La polizia di Dubai ha identificato altre 15 persone sospettate di aver preso parte all´omicidio di Mahmud al Mabhuh, il dirigente di Hamas ucciso il 19 gennaio in un albergo di lusso del piccolo emirato, portando a 26 il numero complessivo delle persone coinvolte nel delitto. Al centro delle indagini su mandati ed esecutori resta il Mossad, ma alla luce delle nuove rivelazioni, ammesso che i sospetti degli inquirenti siano fondati, resta da capire come mai il potente servizio segreto israeliano abbia deciso di mobilitare un così alto numero di agenti per uccidere una persona sola e disarmata.
Il precedente capitolo di questo giallo che non sembra ancora concluso ci aveva consegnato le foto e i passaporti manipolati di undici persone: sei inglesi, tre irlandesi un francese e un tedesco. Secondo le autorità di Polizia di Dubai, avevano fatto parte della squadra incaricata di assassinare al Mabhuh, un capo militare del Movimento islamico cui da anni i servizi israeliani davano la caccia, responsabile del traffico d´armi che dall´Iran arrivano a Gaza.
La pubblicazione delle foto e dei nomi degli undici sospettati aveva portato alla scoperta più sensazionale. E cioè che l´identità di alcuni di loro corrispondeva a quella di altrettanti cittadini israeliani emigrati in Israele in epoche diverse e per questo muniti di doppio passaporto. Persone la cui identità era stata rubata e clonata sui passaporti di alcuni degli assassini.
Ora la polizia di Dubai, «grazie all´aiuto amichevole» di alcuni paesi ha aggiunto altri 15 nomi alla lista dei killer: sei con passaporti britannici, tre irlandesi, tre francesi e tre australiani. Le modalità seguite per confezionare queste 15 nuove identità sembrano analoghe alle precedenti. Infatti, c´è già un cittadino israeliano, Adam Marcus Korman, nato in Australia nel ‘75 ma emigrato in Israele sin da bambino, che ha visto il suo nome sulla lista dei nuovi ricercati diffusa da un sito ma non si è riconosciuto nella foto corrispondente. Ed ha subito protestato.
Assieme ai nomi dei 15 la polizia di Dubai ha reso noti altri dettagli. Il gruppo sarebbe giunto a Dubai proveniente da diverse città, tra cui Roma e Milano. Compiuto il delitto la «squadra» si sarebbe dispersa in molte direzioni. In particolare, una coppia di finti australiani sarebbe partita in nave con destinazione l´Iran. Proprio il temutissimo Iran.
Ma per quanto accuratamente addestrati, anche a far fronte agli inevitabili errori e contrattempi, gli uomini e le donne del commando, si sono lasciati dietro una «traccia elettronica» che oggi ha permesso la loro «esposizione» anche se non si può parlare di una vera identificazione. Nel caso di Michael Bodenheimer, poi, la traccia era ben visibile da tempo. Nell´estate del 2009, infatti, un uomo in possesso di passaporto israeliano si è presentato al consolato tedesco di Colonia chiedendo un passaporto tedesco che, a suo dire, gli spettava essendo figlio di una coppia di ebrei tedeschi sfuggiti ai nazisti. Alle autorità tedesche l´uomo presenta tutti i documenti necessari, compreso il certificato di matrimonio dei genitori. Solo che il vero Michael Bodenheimer è un rabbino che vive nella cittadina ultraortodossa di Bnei Barak.