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Quell'economista di Benetazzo

di Eugenio Benetazzo - Elisa Battistini - 01/03/2010

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Eugenio Benetazzo, 37 anni, è un economista. Dunque un “precisino”. Ha scritto libri (Duri e Puri, Banca Rotta e l'ultimo Padrone del tuo denaro). Non è facile indurlo al riso.

 

 

Lei ha detto che gli italiani non conoscono l'economia. Io non ci capisco niente. Mi spiega un po' di cose?

Per favore, possiamo fare un'intervista seria?

Mi perdoni, volevo sapere solo quanto siamo ignoranti secondo lei.


Gli italiani sono la popolazione più ignorante d'Europa sui temi economico-finanziari.  

Allora, mi dica: questa crisi è finita?

No. Siamo entrati in una fase di emergenza che si manifesta in tre ambiti: finanziario, industriale, sociale. La crisi è all'inizio.

Ci sono rimedi?

La strategia è in due mosse: nazionalizzare il sistema bancario, perchè le banche devono essere al servizio dell'economia e non il contrario. E fare politiche industriali per salvare posti di lavoro, anche evitando che entrino beni che mettono in difficoltà le piccole e medie imprese.

Mica sarà favorevole ai dazi? Mica vorrà contrastare la mano invisibile di Adam Smith?

Macchè mano invisibile. Il modello economico mondiale, così com'è, è senza futuro. Servono vincoli razionali.  

Ricapitolando: l'armonia del mercato non è una legge naturale e il terziario avanzato non è la salvezza. Lei sta mettendo in crisi quel che i reduci del Pci sostengono da 20 anni?

Il modello di Friedman è fallito e il modello tatcheriano è inconsistente. È impossibile deindustrializzare e lasciare tutto allo spontaneismo del mercato. Noi guardiamo con preoccupazione la Grecia. Ma è il Regno Unito il soggetto a rischio, visto che un terzo del suo Pil nasce dentro a un km quadrato, a Londra.

Tra i miti della sinistra post-comunista c'è stato anche quello della flessibilità: tutti liberi di scegliere nel pingue mercato del lavoro...una vera fregatura.

L'idea che le imprese, prima di sposare a vita una persona, la debbano “testare” è sana. Ma il periodo di prova è diventato la norma. Mentre sono i contratti a tempo indeterminato ben retribuiti a creare ricchezza. La legge Biagi è come una candela: posso usarla per illuminare la stanza o per dar fuoco alla casa. Noi abbiamo dato fuoco alla casa.

E che mi dice di quelli che vogliono decrescere? Sa che c'è gente che pensa che poi vivremo come gli Amish? Con il calesse e senza auto, con le lampade a olio al posto dell'elettricità?

Stupidaggini. Io abbraccio la de-crescita. Che significa, semplicemente, tornare a produrre in maniera sostenibile. Dire che è assurdo comprare un vasetto di yogurt che ha percorso migliaia di km per arrivare al supermercato.

Basta, lei è un no global.

Sono contro a questa globalizzazione. Che vede convergere tre movimenti catastrofici: il nomadismo delle aziende, l'emergenza energetica e quella alimentare. Entro pochi anni entreranno in collisione aprendo scenari allarmanti.

Però, chi fa notare le falle del sistema fa sempre la parte dell'apocalittico.


L'istruzione universitaria degli atenei “prestigiosi” ha generato dei replicanti. I giornalisti e gli economisti che si ostinano a difendere questo modello non sono più credibili.  

Che pensa dello scudo fiscale?

Era meglio far emergere la prostituzione e tassarla. Avremmo recuperato circa 40 miliardi di euro.

Lei è un rivoluzionario! Addirittura ha difeso la “caccia” al manager quando in Francia rapivano i dirigenti.

I manager hanno responsabilità sociali. La logica del profitto è finita. Ma gli imprenditori, soprattutto italiani, se ne fregano dei dipendenti. Il senso civico è sotto zero. Rapire manager è assurdo, sbagliato. Ma il resto le sembra normale?



Fonte: «Il Misfatto», inserto satirico de «Il Fatto Quotidiano» - 28 febbraio 2010.