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Ma tra lo Stato e la famiglia gli italiani sanno con chi stare

di Claudio Risé - 03/12/2025

Ma tra lo Stato e la famiglia gli italiani sanno con chi stare

Fonte: Claudio Risé

Qualcosa finalmente si muove nel rapporto degli italiani con la famiglia e con lo Stato: incominciano a dire cosa ne pensano davvero. Più che la politica-politicata lo dimostrano le reazioni delle persone e dei media alle vicende della famiglia Trevaillion, che ha guadagnato un interesse e una popolarità al momento inaccessibili per partiti e Istituzioni ufficialmente celebrate. D’altra parte questa famiglia, i genitori Nathan Catherine e bambini, è invece irresistibilmente sorprendente e quindi simpatica e incomprensibile per interlocutori mediatici e/o burocratici, abituati a ragionare per categorie ormai disseccate, un po’ arcaiche: ricchi/poveri, colti/analfabeti, buoni/cattivi, sani/malati, etc. I Trevaillon invece plurilingui e con ideali affettivi ma anche pratici non sembrano rifugiati da un altro pianeta, ma rappresentano oggi l’equivalente dei figli dei fiori degli anni 70, dunque gente che ha visto il mondo, ed è qui perchè per ora sta bene qui, gli piace, si è comprata appezzamento e casetta e vuole goderseli, mettendoli a posto poco per volta. In un paese turistico e con necessità di mano d’opera come l’Italia cittadini simili dovrebbero piuttosto essere accolti con gioia.
Si tratta- tra l’altro- della tipologia che la filosofa Hanna Arendt nel suo fondamentale Vita Activa (Bompiani) chiama appunto “artisti”: i quali, possedendo un’arte (ars-artis) si mantengono liberi dalla necessità di lavorare sempre. Quando però - spiega la Arendt- “si presenta la possibilità di iniziare qualcosa di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione viene subito colta, perchè ci ricorda che gli uomini- anche se devono morire- non sono nati per morire ma per incominciare”. Facendo così, impegnandosi in iniziative le società non rinsecchiscono, morendo. Ed è proprio allora che l’uomo, motivato e commosso, compiendo una nuova azione salva e nutre la vita, propria e degli altri. Ecco perchè l’intervento giudiziario con espulsioni e conseguente polverizzazione della famiglia Trevaillion era in patetico ritardo di almeno 100 anni sugli avvenimenti in corso nel mondo, e ha suscitato irritazione e anche sgomento: corrisponde a una visione del mondo burocratica, secca, già morta e incollata al suolo, il contrario dei bambini, testimoni della nascita, la crescita, il rinnovamento. Anch’esso niente affatto casuale perchè garantito dall’esistenza e continuazione del bosco annesso, che non è una moda snobistica ma un’esigenza vitale del mondo e dell’uomo.
Questi aspetti della realtà attuale della società occidentale, non solo italiana, afflitta da un processo di progressiva imbalsamazione tecno-meccanica, con graduale uscita dell’umano dalla scena del mondo, vengono anche presentati in questi giorni per l’Italia in un libro-rapporto sulla famiglia dell’anno 2025 dell’accurato Centro Internazionale Studi Famiglia: Il fragile domani. La famiglia alla prova della contemporaneità.(San Paolo, 2015.)
Il dato ormai noto confermato nelle ricerche qui raccolte, forse il più significativo del processo in atto, è la graduale scomparsa dei fratelli, aspetto centrale nella funzione formativa della famiglia e nel contributo da essa fornito alla società. Nel campione esaminato le famiglie con figlio unico sono ormai la maggioranza (58%) in Italia: i fratelli diminuiscono andando da ovest a est e da nord a sud. E’ un bel guaio, perchè nella struttura e funzione della famiglia, formazione dinamica e molteplice, l’altro, il coniuge tra i genitori e il fratello tra i figli è centrale. Come dimostrano gli altri dati forniti dal sondaggio e dalle altre ricerche presentate nel volume la scomparsa dell’altro, coniuge, figlio o fratello nell’una o l’altra posizione rende problematica la vita degli altri facendo sparire la fondamentale esperienza della comunione. L’altro, e soprattutto gli altri bambini, rappresentano la manifestazione della vita della famiglia e della società, come ha dimostrato Nathan Trevaillon quando hanno provato a prendergli i figli.
La famiglia è sì un’istituzione, però non formale ma dinamica, che producendo azioni nutrite dall’affetto e dalla spinta al domani genera la storia umana.