L'escalation della guerra ibrida
di Andrea Zhok - 03/12/2025

Fonte: Andrea Zhok
In questi giorni tre petroliere ed un cargo con esportazioni dalla Russia sono stati colpiti in acque internazionali.
Qualche settimana fa l'ammiraglio Cavo Dragone ha affermato che la Nato sta prendendo in considerazione l'idea di essere "più proattiva" contro la Russia:
"Stiamo studiando tutto…Sulla cybersicurezza, siamo un po' reattivi. Essere più aggressivi, o essere proattivi invece che reattivi, è una cosa a cui stiamo pensando."
Lo stesso ammiraglio ha lamentato che "abbiamo molti più limiti delle nostre controparti, per ragioni etiche, legali e di giurisdizione. È un problema. Non voglio dire che è una posizione perdente, ma è una posizione più difficile di quella delle nostre controparti".
Il punto sarebbe che la posizione della Nato è troppo passiva. Servirebbe invece più deterrenza, e "Come si ottiene la deterrenza – con la rappresaglia, con un attacco preventivo – è qualcosa che dobbiamo analizzare in profondità, perché in futuro ci potrebbe essere ancora più pressione su questo".
Ora, la guerra ibrida a molti sembra una trovata per farci su un film di spionaggio, ma è l'orizzonte primario della guerra moderna, soprattutto tra avversari dotati di armamenti nucleari, dove una guerra frontale genera una prospettiva di Mutually Assured Destruction.
Il problema della guerra ibrida è che essa è raramente discernibile con certezza come "aggressione". Eventi come Maidan nel 2014 a Kiev, descritti dall'Occidente come rivoluzioni spontanee, sono state identificate da Mosca come eventi di guerra ibrida, volte a mettere l'Ucraina in rotta di collisione con la Russia. Eventi come la pandemia Covid è stata letta inizialmente dalla Cina come un attacco di guerra ibrida.
Oggi abbiamo molte prove che la "Rivoluzione di Maidan" era teleguidata e che il Covid è nato in laboratorio, ma ciò che conta capire va al di là dell'interpretazione della realtà delle responsabilità.
Il punto è che in una dimensione di guerra ibrida cresce esponenzialmente la paranoia. Eventi accidentali o irrelati possono essere letti come attacchi di guerra ibrida e possono condurre a "risposte" che dalla controparte vengono lette come "attacchi immotivati".
La dinamica dell'escalation è strutturalmente implicita nella guerra ibrida. E la sue prime conseguenze sono sul piano interno di ciascun paese, dove ogni parola o pensiero non allineato inizia ad essere percepito come "al soldo del nemico". La fase di restrizione censoria che stiamo esperendo in Europa da 5 anni a questa parte è già parte di un'allerta legata alla percezione di una guerra ibrida in corso.
Io sono abbastanza tranquillo intorno al fatto che pochi italiani andranno a offrire il petto alle baionette russe per difendere la cofana laccata della von der Leyen e il SUV di Calenda.
Ma non basta, non basta perché comunque questo orizzonte di guerra non dichiarata può metterci tutti letteralmente in catene, può depredare ciò che resta del nostro stato sociale, può confiscare i nostri beni e diritti, può metterci a tacere, può incarcerarci con una scusa, può piegarci e distruggerci con molteplici forme di minaccia.
Tutto ciò, beninteso, sta già accadendo.
Le capacità di autodifesa democratica e di autoorganizzazione sono minate con una molteplicità di processi dall'alto, processi di controllo centralizzato, di creazione di ostacoli burocratici, e soprattutto di disgregazione orizzontale della società, che si vuole ridotta ad una sommatoria di atomi o guppetti lobbistici in perenne lotta intestina.
Bisogna cominciare a pensare ad un utilizzo degli scampoli di democrazia formale che ancora ci restano almeno per cacciare l'attuale classe politica, di destra come di sinistra, integralmente compromessa.
In quest'ottica anche iniziative populiste devono essere accolte con favore, perché la priorità al momento non è "rivoluzionaria", non è la sostituzione di una classe dirigente con una nuova classe dirigente capace di fornire una rotta coerentemente alternativa. Questo è un ideale normativo da perseguire, ma l'attuale urgenza è rimuovere dalle stanze dei bottoni gli attuali "monopolisti della violenza" che si alternano al governo.
In questo momento, di fronte ad una minaccia terminale per la democrazia, il ricambio della classe politica, la rimozione dell'attuale ceto politico asserragliato nelle istituzioni e che tiene in ostaggio il paese senza rappresentare più nessuno, questo è più importante di ogni cosa.
Unirsi per rimuoverli dev'essere la priorità.

