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Il decoro giapponese e la furba Italia

di Ugo Gaudenzi - 10/03/2010


Forse qualcuno l’ha dimenticato, o, meglio, “rimosso”: il Giappone è l’unica nazione al mondo ad aver subito un bombardamento atomico, una doppia catastrofe: a Hiroshima e Nagasaki. Un genocidio vero, per di più eseguito dagli Stati Uniti del presidente “democratico” Truman, con estrema disumanità, a guerra ormai vinta. Le atomiche furono sganciate sulle due città giapponesi dichiarate falsamente “zone militari”. E Truman fu anche il presidente che portò gli Usa alla guerra di Corea.
Si dà il caso che quei cinquecentomila morti e i 266 mila sopravvisuti  (gli hibakusha, tuttora affetti dalle malattie genetiche provocate dalle radiazioni) sono impressi a fuoco nella memoria storica del Giappone. E del mondo.
Un olocausto nucleare che ha condotto il popolo del Sol Levante a respingere nelle sue leggi, nella sua carta fondativa, il concetto stesso della guerra e, soprattutto,  ad abbracciare una politica di neutralità e di rifiuto di ogni armamento atomico.
Ma il Giappone, come la Germania e come l’Italia, è una Nazione sconfitta. E il suo suolo, come la Germania e come l’Italia e non solo, è stato, dal 1945 ad oggi, disseminato di basi militari atlantiche. La sua sovranità militare, come quella politica, come quella economica, non esiste letteralmente più.
E se in Italia fu un tale Andreotti a ricordare timidamente a Craxi e a Formica, ai tempi dei governi degli Anni Ottanta, la “sovranità limitata” - un eufemismo - della nostra Nazione, in Giappone si è dovuto attendere la scorsa estate e la fine dell’era di governo del partito “liberal-democratico” suddito totale degli Usa per “scoprire” che quella nazione è priva di reale sovranità.
La notizia è di queste ore. Il partito democratico al governo di Tokio, dopo aver negato agli Usa un ampliamento della base di Okinawa (in Giappone stazionano ancora 50 mila militari “ospiti-occupanti” americani), ha rivelato che già dalla guerra di Corea le sue coste erano “basi belliche” contro Pyong-yang e contro Pechino. Non solo “belliche” ma nucleari.
Il ministro degli Esteri nipponico, Katsuya Okada, ha cercato di gettare anche un po’ d’acqua sul fuoco, dichiarando che la desecretazione di tali accordi segreti  (imposizioni, cioè, made by Usa), “non avranno effetto dulla attuale alleanza per la sicurezza internazionale” tra Giappone e Stati Uniti.
Ma a Washington, le dichiarazioni governative nipponiche non sono state affatto accolte sottogamba: gli ambienti conservatori, (democratici e repubblicani: in quanto a questo non c’è differenza alcuna) e cioè la stragrande maggioranza dei rappresentanti politici Usa, nei loro commenti e nelle loro analisi ritengono “lo strappo giapponese” un esplicito segnale della volontà dell’amministrazione Hatoyama di Tokio di giungere ad una “revisione” degli accordi di alleanza con gli Usa.
E’ un fatto che la presenza giapponese nelle guerre umanitarie atlantiche sia diventata ormai più che simbolica. Ed è un fatto che il nuovo corso di intesea tutto campo - politiche ed economiche, soprattutto - tra Tokio e Pechino non permetta più agli Usa di considerare “totalmente affidabile” il suo suddito-colonia d’estremo-oriente.
Esattamente il contrario di quanto accade con la colonia-Italia.
Ma, si sa, noi “siamo più furbi”...