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Il 2010 è stato proclamato dall’ONU “Anno Internazionale della Biodiversità”, per evidenziare
all’attenzione del mondo intero la questione dell’impoverimento ambientale del pianeta a seguito della distruzione di habitat ed ecosistemi e le inevitabili conseguenze sul benessere umano. Alla fine di maggio si tengono in Italia i principali eventi relativi.

Ma cos’è la biodiversità e perché è così importante?
Secondo la definizione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sull’ambiente tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992: «La biodiversità è rappresentata dalla variabilità fra gli organismi viventi d’ogni tipo, inclusi, fra gli altri, i terrestri, i marini e quelli d’altri ecosistemi acquatici, nonché i complessi ecologici di cui fanno parte. Ciò include la diversità entro le specie, fra le specie e la diversità degli ecosistemi».
Alcuni numeri: le specie conosciute al mondo sono circa 1 milione e 250 mila, di cui 1 milione animali e 250.000 vegetali. In Italia si parla di circa 58.000 specie animali (per lo più insetti, i mammiferi sono solo 100) e 18.000 vegetali.

In senso generale possiamo dire che la vita per continuare ha bisogno di difendersi, riprodursi, diversificarsi. La biodiversità è quindi una fondamentale condizione di continuità della vita. Se ci fosse una sola specie sarebbe più indifesa alle intemperie e alle azioni della terra. La vita si è quindi differenziata e ha messo in atto strategie, generando diverse specie che si sono adattate ai diversi ambienti: dai mari alla terra ai fiumi all’aria, ai ghiacci. Piccole e grandi.

Trasmutando il concetto in campo economico tutti siamo consapevoli della importanza della differenziazione dell’approvvigionamento energetico, così come della differenziazione degli investimenti, che mettono al riparo da crisi puntuali o settoriali.

Oggi nel mondo la biodiversità è in pericolo: la stima è che venga perso il 25% delle specie mondiali per il solo cambiamento climatico. Lo stato della biodiversità è stato fotografato dal Millennium Ecosystem assessment (MA) voluto dalle Nazioni Unite che ha messo in evidenza tra l’altro come a livello europeo il 50% delle specie animali autoctone sia minacciato di estinzione così come 800 specie vegetali europee. I risultati effettivamente conseguiti in relazione all’obiettivo europeo di fermare la perdita di biodiversità entro il 2010, (Countdown 2010) mostrano come molto rimanga ancora da fare nonostante gli sforzi messi in campo.

E a causa dell’accelerazione della perdita della biodiversità, sono a rischio di “collasso” i sistemi naturali che sostengono l’economia globale. Lo dice il Global Biodiversity Outlook del Programma ambientale Onu, che si basa su una serie di recenti studi scientifici e di contributi nazionali, e avverte che il ritmo con il quale si sta disperdendo il patrimonio biologico delle specie animali e vegetali potrebbe cominciare ad avere un impatto economico di rilievo. “L’umanità si è fabbricata infatti l’illusione che in qualche modo ce la possiamo fare senza biodiversità o che questa sia in qualche modo periferica al nostro mondo: la verità è che ne abbiamo bisogno più che mai.”

La perdita è quindi particolarmente preoccupante non solo in sé, perché la natura ha un valore intrinseco, ma per la perdita di quei servizi ecosistemici che la natura offre attraverso la varietà come
• la produzione di cibo
• l’effetto regolatore su acque, aria e clima, la fotosintesi
• il mantenimento della fertilità dei suoli e i cicli dei nutrienti.
• garantire i servizi ecosistemici dai quali dipendiamo
• effetto resilienza, dare cioè una maggiore difesa e resistenza ai mutamenti negativi

Come hanno riconosciuto i 21 ministri partecipanti al G8 Ambiente di Siracusa del 2009, la perdita della biodiversità e la conseguente riduzione e danno dei servizi ecosistemici mette a rischio l’approvvigionamento alimentare e la disponibilità di risorse idriche, cosi come mette a repentaglio i processi economici globali, per cui si rendono necessari appropriati programmi ed azioni tempestive, volti a rafforzare la resilienza degli ecosistemi.

Le principali minacce alla biodiversità in Italia, dove per fortuna non abbiamo la riduzione delle foreste, sono essenzialmente
• il cambio dell’uso del suolo, specie se associato a modificazioni e frammentazione degli habitat;
• i cambiamenti nella concentrazione di anidride carbonica, ossido di carbonio , metano, ozono e altri inquinanti nell’atmosfera;
• i conseguenti cambiamenti climatici (negazionisti, basta!);
• l’ inquinamento delle matrici ambientali (acqua, aria, suolo, ambiente sonoro e luminoso);
• l’ eccessivo sfruttamento delle risorse naturali.

Ovviamente tutti effetti dell’attività umana diretta verso il glorioso obiettivo dello sviluppo. La causa di tutto ciò è quindi in una sola parola: crescita.

E’ indubbio pertanto che solo una diversa direzione dell’economia in senso opposto alla crescita può veramente salvare la biodiversità. L’alternativa è la sua ghettizzazione nei parchi e nelle altre aree protette, con all’esterno un mondo deserto, cementificato e privo di vita.

Cosa fare ?
Rete Natura 2000 è la risposta principale che la Comunità Europea ha dato e che costituisce una serie di siti ad alto valore di naturalità. In Italia sono presenti 2255 SIC e 559 ZPS. Le Aree protette (parchi e riserve naturali) sono parimenti importanti, ma certo non si può correre il rischio di vedere la vita in una sorta di museo.

Occorre quindi soprattutto prevedere una pianificazione delle attività economiche compatibile con la conservazione e il ripristino delle specie, degli habitat e del Paesaggio, della biodiversità e degli ecosistemi. E strategica è la attività di divulgazione e di educazione ambientale, visto che è dal basso che potrà nascere una nuova economia.

Come ha affermato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: “Per affrontare le cause profonde della perdita di biodiversità, dobbiamo darle una priorità più alta in tutte le nostre scelte e in tutti i settori economici”