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Dante Gabriel Rossetti: preraffaellita

di Valerio Zecchini - 20/05/2010

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Protagonista indiscusso di uno dei più enigmatici capitoli della storia dell’arte moderna, il preraffaellismo, Dante Gabriel  Rossetti (1828-1882) è figura notissima –anche come poeta- ma in buona parte inesplorata in Italia per ciò che riguarda le sue riflessioni sull’arte. Gli scritti qui presentati- la sua  ampia prefazione al volume dedicato a W illiam Blake, i suoi aforismi sull’arte, i sonetti ispirati a dipinti suoi o di altri, le lettere a famigliari, amici, modelle, committenti- colmano questa lacuna. Si entra così nel mondo magico di Rossetti e del preraffaellismo, in bilico tra passato e presente, tra ingenuità e tormento, tra spontaneità e sapienza tecnica, tra trascendenza e quotidianità, e soprattutto tra  l’apertura al nuovo e la difficoltà di dare ad esso una forma in grado di rendere operante la bellezza.

Il libro è corredato di una precisa nota biografica e di una ricca documentazione iconografica; ma ancor più ricca è l’importantissima mostra di Ravenna(I  Preraffaelliti e il sogno del ‘400 italiano-fino al 6 giugno al MAR), che costituisce la prima grande esposizione di opere preraffaellite in Italia.

Nel 1848 tre giovani artisti inglesi-Hunt, Millais e Rossetti- fondano a Londra “The Pre-Raphaelite Brotherhood/La Confraternita Preraffaellita (P.R.B.), spinti dalla volontà di un radicale rinnovamento della pittura britannica, in opposizione con l’arte tradizionale insegnata alla Royal Academy: La scelta del termine Preraffaelliti dichiara le inclinazioni artistiche del gruppo, orientate verso la ripresa di uno stile modellato sulla pittura italiana del Quattrocento, prima di Raffaello- pittura a loro avviso meno perfetta, meno maestosa, ma più diretta e autentica. La brillantezza dei colori, l’attenzione ai particolari naturali, l’estrema semplicità e l’intensità dell’espressione dei capolavori preraffaelliti si ispirano ai grandi maestri italiani del passato (sono esposti in mostra dipinti come “Preghiera nell’orto” di Beato Angelico o “Gesù Bambino tra la Madonna  e San Giuseppe, adorato dai pastori” di Perugino). L’Italia con la sua  arte, il suo paesaggio, la sua letteratura e la sua storia sono la loro principale fonte di ispirazione: la magnifica serie di acquerelli e dipinti, che illustrano alcuni episodi chiave della  “Divina Commedia”, nasce, infatti, dal profondo interesse per la poetica di Dante da parte di Rossetti, esponente di punta della Confraternita. Una curiosità: pur essendo nato in una famiglia di origine italiana e nonostante il suo sviscerato amore per la cultura italiana, in vita non riuscì mai a mettere piede nella nostra penisola. Ci venne invece varie volte  lo scrittore, italianista e critico d’arte John Ruskin, ispiratore, mentore e difensore del  movimento Preraffaellita, insieme a un gruppo di  giovani artisti-Boyce, Inchbold, Brett, in seguito Bunney, Randall e Burgess- con l’intento di documentare, attraverso scenografici disegni e opere pittoriche, gli edifici e le architetture storiche italiane, parecchie delle quali stavano andando in malora. Nel 1894 Edward Burne-Jones – figura fondamentale della Confraternita dal 1857- giunto a Roma, realizza nella chiesa anglicana di San Paolo dentro le Mura una meravigliosa serie di mosaici (visibile in video nell’ultima sala del percorso espositivo) tra cui “L’albero della vita”, superbo esempio di decorazione sacra preraffaellita. In mostra  sono esposti eccezionalmente i cartoni e i disegni  preparatori, insieme ad altri suoi capolavori. Gli splendidi paesaggi  e gli scorci della penisola animarono anche un gruppo di giovani artisti spinti dallo stesso entusiasmo dei Preraffaelliti, riuniti dal pittore Nino Costa  nella “Scuola Etrusca” nel 1883, ai quali viene dedicata una sezione della mostra.

Indubbiamente, l’elemento che maggiormente  caratterizza Dante Gabriel Rossetti e la sua corrente artistica è il culto quasi fanatico della bellezza, ciò che viene spesso qualificato, con una punta di disprezzo, come “estetismo”. Ma che cos’è un esteta e cos’è che lo distingue dagli altri artisti? E perché lo si accomuna di frequente ad altri tipi umani come lo snob, il dandy, il libertino- funamboli sempre a un passo dalla caduta nel ridicolo?

L’esteta, oltre a produrre un’arte che si distingue dai gusti dominanti per la sua singolarità, è costantemente impegnato a fare della sua stessa esistenza un’opera d’arte; pensa anche che ciò che accade nella sua testa sia molto più interessante di ciò che accade nella realtà – di qui lo snobismo. Egli si è insomma costruito un mondo “altro”, più bello e stilizzato, da dove osserva con sufficienza le vicissitudini dei divorati e dei divoratori, dei difensori dei divorati e dei difensori dei divoratori.

Forse a causa delle peculiarità  storico-politiche che da Enrico VIII in poi l’hanno resa un’entità a sé stante in Europa, l’Inghilterra è individuabile come la culla dell’estetismo. Precursori del movimento di Rossetti furono infatti grandi personalità quali William Blake, Lord Byron e soprattutto Heinrich Füssli (1741-1825): pittore e critico d’arte, la cui esasperata espressione dell’estetica del sublime, visionaria e allucinata, influenzò profondamente il romanticismo inglese. Lo stesso Blake ne fu ammirato estimatore. Con Oscar  Wilde l’esteta diventa poi una figura pubblica influente e di successo (finchè l’eccesso di scandali non lo renderà ingombrante). Dagli anni sessanta fino ad oggi  la stirpe britannica dei seguaci della bellezza trionferà con personaggi come Ken Russell, Francis Bacon, Malcolm McLaren, Quentin Crisp, Morrissey, tutto il fenomeno del glam rock con Bryan Ferry, Marc Bolan e (chi non lo conosce?) David Bowie.

Influenzato da pensatori come Nietzsche e Bergson, il più grande esteta italiano, Gabriele D’Annunzio, imboccherà all’inizio del secolo la via dell’impegno politico e militare, inaugurando così la lunga tradizione dell’esteta armato, nella quale nel tempo si arruoleranno le principali avanguardie  e i maggiori artisti  del novecento come Marinetti e Majakovskij, Hemingway e Leni Riefenstahl-per citarne solo alcuni. Una stagione che avrà il suo epilogo con le morti parallele di Mishima e Pasolini.

Tutti costoro avevano in comune con i Preraffaelliti una caratteristica fondamentale: combattere il vecchio con le armi dell’antico-o meglio proponevano un’estetica nuova che però aveva come fulcro un’etica arcaica. E colpivano nel segno, perché nulla poteva indispettire di più i progressisti/conservatori. Vediamo ad esempio come reagì Charles Dickens ad una delle prime mostre preraffaellite (1850); scrive con scandalizzata ironia sulla sua rivista “Household words”: “Invoco la creazione di una confraternita pre-newtoniana, contraria alle leggi di gravità, e di una società pre-galileiana,contestatrice della rotazione della terra intorno al sole”.

Ma non tutti i seguaci di Rossetti disdegneranno l’impegno politico: alla seconda fase del movimento preraffaellita aderirà Algernon Charles Swinburne (1837-1909), poeta, autore di opere caratterizzate da sadomasochismo, androginia, blasfemia e radicalismo politico, che poserà per Rossetti e che stringerà con sua moglie Elizabeth una complice amicizia. E poi William Morris, le cui radicali idee neoluddiste e antimoderne lo porteranno a vagheggiare (non solo in arte, ma anche in architettura,nell’arredamento e  nello stile di vita) la restaurazione di un fatato Medioevo corporativo.

Il puntuale saggio di Marco Alessandrini che chiude questa preziosa antologia di inediti rossettiani porta un titolo emblematico: “Un’arte che fa risplendere l’abisso”. Il culto della bellezza presuppone una forte intimità col demoniaco-anzi,questa controparte oscura gli è quasi intrinseca. Le levigate, infinite raffigurazioni di un Eterno Femminino idealizzato, risplendenti di colori abbacinanti, sottendono una tenebra mai apertamente presente. L’intera opera di Rossetti è una teoria di immagini sontuose e raffinate che irradiano il dolore della fugacità, della caducità della bellezza: una lacerazione che abita tutta l’arte di Rossetti, e che verosimilmente abitava il suo animo, la sua mente. Questa incapacità di accettare l’impermanenza delle cose del mondo e le naturali limitazioni della vita furono probabilmente le cause della tossicodipendenza che contrassegnò l’ultima parte della sua esistenza. Come ben chiosa Alessandrini: “Ecco perciò un’arte che per prima, e forse anche per ultima, al cuore di una manifesta bellezza e di una raffinata estetica emana un disperato sentimento di morte. Un’arte nostalgica e ‘crudele’, perturbante,intrisa tuttavia di un’immensa e risplendente dolcezza, la cui levità è perciò densa e penetrante”.

Tra i vari scritti, vale la pena riportare un paio di aforismi che sintetizzano alla perfezione la poetica di Dante Gabriel Rossetti:

“Tra pittura e poesia vi è la stessa relazione che intercorre tra uomo e donna: il punto in cui sono maggiormente simili è la suprema perfezione nella bellezza”.

“La poesia dovrebbe sembrare a chi l’ascolta come se fosse stata sempre presente al suo spirito, ma mai precedentemente udita”.

 

 

VALERIO ZECCHINI.