Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La ricerca diventa glocale

La ricerca diventa glocale

di Roberto Germano - 20/05/2010

Fonte: Il Denaro

 
 

Stefano Serafini, romano, 39 anni, filosofo e psicologo, un background  da medievista, discepolo del genetista Giuseppe Sermonti, è la mente  epistemologica del Gruppo Salingaros per un'architettura "biofilica"  secondo il pensiero del noto urbanista Nikos Salingaros, e collabora con  la società di trasferimento tecnologico, spin off dell'Infm Cnr,  Promete, con sede a Napoli.Agli inizi di aprile è stato l'unico  straniero invitato a un convegno scientifico internazionale per soli  russi, nella lontana Tomsk, una città con status segreto ai tempi  dell'Urss per le ricerche di tecnologia militare che vi venivano svolte,  e ora centro di riferimento per la rinascita tecnologico-scientifica  dell'intera regione siberiana.  

Serafini, ma lei di quante cose si occupa?  Di una sola: il problema della forma. 

E per questo un'importante università russa la invita a parlare di reti  tra scienziati che più "hard" non si potrebbe?  Non solo. Mi hanno anche chiesto di curare per loro i rapporti con le  università e le aziende italiane interessate alla ricerca di eccellenza  che colà viene condotta. Non ero soltanto l'unico straniero e l'unico  filosofo: ero l'unico rappresentante di una spin-off company, appunto la  Promete di Napoli. 

Di cosa ha parlato?  Ho proposto un modello di rete per favorire la comunicazione tra  scienziati di lingua russa, dotata di alcune caratteristiche  interessanti: complessità, auto-organizzazione adattiva, scalarità,  struttura "piccolo mondo", e monolinguismo. Negli ultimi mesi il governo  russo si è fortemente attivato per creare una connessione fra i propri  studiosi e ricercatori, e tutti gli scienziati che espatriarono dopo il  crollo dell'Urss, finendo spesso nelle migliori università di tutto il  mondo. " un'iniziativa intelligente: far rientrare persone che da  vent'anni vivono all'estero, dove hanno costruito un'ottima carriera e  quasi sempre anche una famiglia, non è realistico. Ma facilitare  comunicazione e collaborazione con i compatrioti rimasti non soltanto è  realistico: è anche molto gradito, più economico, funzionale, e ha il  vantaggio straordinario di connettere in vivo la ricerca russa alla  migliore ricerca internazionale. Al giorno d'oggi sono moltissimi i  progetti di ricerca che si svolgono con successo tra laboratori distanti  migliaia di chilometri, e la comunanza linguistica e culturale, cioè il  fattore umano, vi gioca un ruolo fondamentale. Peccato che in Italia, a  parte piangere sui "cervelli in fuga", non si sia ancora pensato a  sfruttare questo aspetto della comunicazione globale. 

La sua proposta insiste sul concetto di comunità scientifica "glocale",  basato sulla lingua d'origine...  Le lingue non sono neutrali. Esprimono modi diversi di guardare il  mondo, custodiscono cornici epistemologiche. " un'illusione pericolosa  ritenere che ciò non abbia influenza sulla scienza. Lo dimostrano intere  tradizioni di pensiero spazzate via o sepolte, con buona parte dei dati  preziosi ad esse collegati, dalla visione del mondo mentalista che  l'inglese porta con sé. Penso ad es. alla biologia della forma. In  questi mesi due ottimi pensatori, J. Fodor e M. Piattelli-Palmarini  l'hanno riproposta, scatenando reazioni aggressive, da stadio, tra i  biologi neo-darwinisti.

Ma cosa ci si può aspettare da chi – spesso  senza saperlo – adotta una cultura che etichetta tutto il pensiero  europeo, dai Presocratici a Heidegger, come "Continental Philosophy"?  Ovviamente il modello pensato per la Russia, va altrettanto bene per  altri Paesi, ad es. l'Italia che vanta trascorsi scientifici di tutto  rispetto. 

Pensare e comunicare in italiano farebbe bene alla scienza?  Senza dubbio, almeno quanto le farebbe bene parlare russo, francese,  cinese: perché l'arricchirebbe di un policentrismo epistemologico, oggi  sopraffatto dall'uso della sola lingua inglese nella pubblicazione e  nella comunicazione scientifica. E poi favorire il dispiegarsi adattivo  delle differenze è nella natura del ben fare. Guardi lo sviluppo  biologico, o il modo stesso in cui fiorisce una lingua. Sono stati Ch.  Alexander e N. Salingaros a farmi capire il dispiegamento dell'ordine,  senza disegno esterno, di strutture formali in architettura e in  urbanistica. La forma di una città medievale, o di una casba maghrebina,  o addirittura di una baraccopoli brasiliana, ha un ordine vitale,  naturale, organico, che piace immediatamente al nostro sistema  neurofisiologico, ma che gli architetti moderni, per quanto si sforzino,  non riescono nemmeno lontanamente ad imitare. 

Biologia, urbanistica e linguistica: una strana insalata…  Non tanto strana, se le si guarda dal punto di vista delle leggi della  forma. Natura e cultura hanno una radice comune, tant'è che se vogliamo  realizzare cose che funzionano, come una buona rete comunicativa,  dobbiamo imparare dall'ordine sotteso a tanti fenomeni apparentemente  slegati. Adrian Bejan, alla Duke University, ha dimostrato costanze  costruttali valide per qualsiasi cosa si muova, sia esso un pesce, una  farfalla, una scimmia, o un Boeing 747. Grazie a tale scoperta, per la  prima volta, possiamo prevede le caratteristiche del "progetto"  evolutivo in natura. Ancora: tra tutte le possibili associazioni di  vocali e consonanti, in tutte le lingue del mondo, dal Latino, al  Fiammingo, al Sedang vietnamita, ne ricorrono solo alcune, e sempre  quelle. Il che, se non vogliamo credere al mito di Babele, rivela  l'esistenza di leggi auto-organizzative universali. La biologia, in  questi ultimi anni, è tutta un rinascimento delle leggi della forma, che  stanno surclassando il concetto stesso di selezione naturale. 

Cos'è il "piccolo mondo"?  Lo stato di una rete tra il caos e l'ordine, una condizione  caratteristica del regno dell'auto-organizzazione. I contatti sociali ne  sono modellati. Esclamiamo "com'è piccolo il mondo!", ad esempio quando  scopriamo che la fidanzata che nostro figlio si è trovato durante una  vacanza a Londra, è la nipote del nostro maestro di tedesco quando  vivevamo in Australia. Duncan e Watts hanno dimostrato che le reti  auto-organizzate di tipo adattivo sono estremamente efficaci perché sono  "piccolo mondo", e le sorprendenti connessioni che avvengono al loro  interno obbediscono a una formula retta dalla legge della potenza.  

E la biologia?  Su tali collegamenti "miracolosi" si fondano cose molto concrete, come  la sincronizzazione delle cellule cardiache, o il movimento gregario di  colonie animali. Sono "piccoli mondi" le proteine, il nostro sistema  nervoso, le lingue. E questi sistemi si connettono reciprocamente  piuttosto bene. Per funzionare bene, un sistema artificiale deve  adeguarsi alle medesime leggi. L'architettura biofilica, della quale mi  occupo insieme ai colleghi del Gruppo Salingaros, cerca di applicare  tali leggi, e funziona. Mentre le strutture disorganiche e prive di  scala (purtroppo quelle maggiormente di moda tra i nostri intellettuali  da rivista patinata) inducono stress misurabile nelle persone e persino  negli animali, l'architettura e l'urbanistica biofilica migliorano la  qualità della vita sul piano individuale e sociale.