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A un passo dal baratro dell'attacco all'Iran

di Antonio Marafioti - 01/07/2010






La CIA sostiene che l'Iran potrebbe costruire due bombe atomiche e Israele è pronta per attaccare militarmente la Repubblica Islamica

"L'Iran ha abbastanza uranio per due bombe atomiche e, se volesse, potrebbe costruirle in due anni". Israele voleva un casus belli, Israele l'ha ottenuto. A fornirglielo, con queste pesanti dichiarazioni, è stato Leon Panetta direttore della Central Intelligence Agency (CIA). Nel corso di un'intervista all'emittente televisiva Abc il capo degli 007 statunitensi ha svelato quelli che, secondo l'intelligence Usa, sarebbero le vere risorse nucleari a disposizione della Repubblica Islamica.

Israele in fermento. Le esternazioni di Panetta, le prime della Cia dall'inizio del "caso Iran", rappresentano ciò che il governo di Tel Aviv aspettava da almeno un anno a questa parte. Che i generali dell'IDF stiano preparando un attacco in piena regola contro l'Iran non è più un mistero. Lo si è capito, nel passato più recente, lo scorso 31 maggio, dopo l'assalto contro la nave Mavi Marmara della Freedom Flottillia. In quell'occasione il raid del commando israeliano contro il natante battente bandiera turca portò alla morte di 9 attivisti, e al ferimento di una trentina, che cercavano di portare aiuti umanitari a Gaza. Con quel gesto Tel Aviv smosse con le acque del Mediterraneo anche quelle politiche da una parte infliggendo una "punizione esemplare" alla Turchia di Recep Erdoğan reo di aver appoggiato insieme al Brasile il nuovo piano nucleare di Teheran, dall'altra lanciando un messaggio chiaro a tutta la comunità internazionale: o con noi o contro di noi. Oltre i consuetudinari messaggi di riprovazione provenienti da tutto il mondo l'attacco ha concretamente reso vincente la tattica d'Israele. Nove giorni dopo la morte degli attivisti, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dimenticava già tutto votando la Risoluzione 1929 che inaspriva le sanzioni contro l'Iran. Dalla parte di Israele si schierarono improvvisamente la Russia di Dmitri Medvedev e la Cina di Hu Jintao. Quest'ultimo ricevette lo stesso giorno una delegazione israeliana che lo informò dell'intenzione di Tel Aviv di attaccare Teheran non appena, riportò l'International Herald Tribune, "dovesse ritenere che l'Iran potrebbe riuscire a mettere insieme un'arma nucleare".

Schieramenti. Oggi la CIA ha fugato ogni sospetto e servito a Tel Aviv un assist di prim'ordine ribadendo, nonostante il recente gelo tra il presidente Barack Obama e il premier Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, la vecchia solida alleanza fra Stati Uniti e Israele. Poco importa che Erdogan abbia annunciato dal G20 di Toronto la chiusura dello spazio aereo turco agli aerei militari israeliani. Tel Aviv si era preparata già da tempo trasferendo il proprio stormo da una base Nato in Turchia a Tabuk negli hangar militari di un nuovo amico: l'Arabia Saudita. Da qui l'accerchiamento sulla Repubblica Islamica sembrerebbe essere completo con le truppe statunitensi già schierate in Pakistan e Afghanistan, per la loro guerra contro i Talebani, pronti a entrare dal confine Est. A Sud i Guardiani della Rivoluzione (pasdaran) troveranno il blocco navale Stati Uniti-Israele forte di undici corazzate da guerra che la scorsa settimana sono entrate, con l'avallo dell'Egitto, nel Golfo Persico attraverso il Canale di Suez. Su quello che potrebbe rivelarsi l'ipotetico fronte occidentale dello scontro ci sono ancora i militari del Pentagono che possono contare oltre che sull'esercito del Kuwait, armato di tutto punto da Washington, anche sulle basi in Turchia e Iraq. A nord-ovest, infine, la US Army può vantare accordi di cooperazione militare con il Turkmenistan siglati lo scorso anno. In virtù di queste intese si sarebbero registrate attività militari massicce degli Stati Uniti nel territorio turkmeno lungo la zona di frontiera con l'Iran.

Dall'Iran. Il presidente Mahmud Ahmadinejad chiede altro tempo per ritornare al tavolo delle trattative che il presidente vorrebbe riaprire "a partire dalla seconda metà del mese di Ramadan", ovvero fra due mesi. Dopo le esternazioni di Panetta questa scadenza sembrerebbe troppo lunga. Il numero uno dell'agenzia di Langley, Virgina, non scarta ancora l'opzione diplomatica: "sanno che le sanzioni avranno un impatto - ha detto - sanno che se continuiamo a spingere l'Iran dal punto diplomatico avremo un impatto e ci vogliono lasciare il tempo di cambiare l'Iran diplomaticamente, culturalmente e politicamente, anzichè cambiarlo militarmente". Ma i falchi del Likud stanno ormai facendo pressing sul loro leader Netanyahu affinché si predisponga l'attacco. Il premier che ormai sembrerebbe lanciato sulla via dell'azione bellica ha optato, la scorsa settimana, per l'alleggerimento militare sul fronte interno dando ordine di allentare il blocco su Gaza ed evitare ulteriori attriti con Hamas.
Ora non resta che sperare che la "guerra psicologica" che secondo Ahmadinejad la CIA starebbe muovendo al suo Paese rimanga tale e non superi definitivamente il confine dei nervi.