Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Non è mai troppo tardi (per eliminare la scuola...)!

Non è mai troppo tardi (per eliminare la scuola...)!

di Massimiliano Viviani - 15/11/2010









Image

Questo è il periodo in cui sta cominciando l'anno scolastico, e l'occasione di per sè è sempre buona per mettere in discussione i fondamenti culturali ed educativi su cui la nostra società si basa. Ma un'altra ricorrenza, questa volta degli anni passati, offre lo spunto per avviare una simile riflessione: esattamente 50 anni fa infatti -il 15 novembre del 1960- iniziava "Non è mai troppo tardi", il programma televisivo ideato per permettere anche a chi a suo tempo non aveva avuto la possibilità di studiare, di farsi un'istruzione in età avanzata, sui banchi di una finta scuola, proprio come i bambini. Fu un'iniziativa che ebbe un successo strepitoso, imitato anche in altri Paesi, probabilmente perchè si inseriva perfettamente nel clima ottimistico di (ri)costruzione della modernità trionfante nel dopoguerra, che voleva sradicare -e lo avrebbe fatto con successo- le ultimi propaggini di un mondo, quello contadino, che di fatto era ancora restìo all'alfabetizzazione di massa e rappresentava un ostacolo ai luminosi fasti del progresso economico e tecnologico della nostra epoca.
In effetti in un mondo che si basa sulla scrittura -perchè la scrittura è la base della mentalità tecnica e mercantile, che invece non si trova a suo agio con l'indeterminatezza della tradizione orale, colta o popolare che sia- l'analfabetismo deve proprio risultare una bestemmia. L'equazione "analfabeta uguale ignorante" ne discende come un corollario, e poco importa se a formare la mente e il sapere di un uomo non ci sono solo la scrittura o le nozioni, ma anche l'indipendenza di giudizio, il controllo delle proprie passioni, l'integrità della visione, tutte cose che proprio l'attuale esplosione della civiltà della scrittura ha minato nel profondo. Per non parlare poi di quei popoli, classificati tout court come "analfabeti" e quindi arretrati, ignoranti, che la scrittura non la conoscono perchè non le danno importanza, per tutti quei motivi -che non staremo noi a ripetere- che un certo Platone più di duemila anni fa espose in modo lucido e tempestivo nei suoi dialoghi (e il fatto che il filosofo nel Fedro si mostra preoccupato dalla nuova tendenza e non dall'esistenza di ignoranti e zoticoni, la dice lunga...).
Del resto in un'epoca in cui tutto è scritto e ognuno ha bisogno di tutto, anche quei poveri vecchi senza scrivere non potevano stare, e molti di loro accettarono di buon grado per convenienza di stare al passo coi tempi. Ma che pena guardare quelle immagini in televisione! L'analfabeta non meritava un trattamento così umiliante, andare sui banchi di scuola come un bambino ed essere trattato come loro pari dal conduttore e forse pure con sufficienza e commiserazione dai telespettatori da casa!

Perchè l'immagine dell'analfabeta che sa fare solo i suoi biechi interessi e per il resto è un beota, un uomo incapace di ragionare, è in buona parte un mito borghese e moderno. La mancanza di istruzione è certamente un handicap per capire il mondo, ma spesso viene compensata da un'integrità e una dignità che l'uomo moderno ha perduto: ho sostenuto dei discorsi sulla storia, su Dio e sul mondo con semianalfabeti di campagna, che finivano per essere più elevati e soprattutto più appassionati di quelli fatti con istruiti uomini moderni della mia età, allegri, modaioli e superficiali materialisti, spesso legati agli schemi che questa società propina tramite informazione e mass-media. Mi ricordo che nella campagna cremonese diversi anni fa sostenni un discorso un po' impegnato con un anziano cordaio semianalfabeta (quarta elementare), il quale di punto in bianco, con mia grande sorpresa, se ne uscì affermando risolutamente che il mondo è nato dal cervello! Costui certo non conosceva nè Anassagora nè le più sofisticate metafisiche orientali, ma questo dimostra che anche gente semplice, quando possiede intelligenza, autonomia di giudizio e non è condizionata dal turbinìo informativo del mondo mass-mediatico moderno, può riuscire -certo con i semplici mezzi che ha a disposizione e col suo linguaggio- a giungere a considerazioni profonde. Anche se analfabeta. Ne avessi parlato con uno studente universitario di oggi, probabilmente mi avrebbe risposto che avrei dovuto domandare a uno specialista (un fisico oppure un filosofo), in quanto la domanda esula dalle sue capacità e dal suo campo di studio. Potere dell'alfabetizzazione!
Ma se la battaglia contro l'analfabetismo può anche avere un senso in un mondo come il nostro in cui nessuno può fare più a meno della parola scritta, risulta davvero assurdo valutare coi parametri dell'alfabetizzazione quei popoli che ancora non usano la scrittura perchè effettivamente non ne hanno bisogno, ossia semplicemente perchè la loro società è strutturata in modo diverso. Nei loro confronti è chiaro che l'alfabetizzazione rappresenta un cavallo di Troia attraverso cui introdurre la mentalità tecnica e mercantile in quelle civiltà -quelle poche ancora rimaste- che si ostinano a farsi semplicemente i fatti loro. Da più di mezzo secolo non si fa altro che ripetere che esistono dei popoli analfabeti (oltre che ovviamente sottosviluppati), che nel clima odierno significa nè più nè meno "poveri e ignoranti", ma che invece rappresentano solo realtà diverse dove l'economia serve solo per campare e il sapere viene trasmesso oralmente.
Se poi qualcuno li ritiene veramente ignoranti, io ribadisco che la vera ignoranza consiste nel privilegiare la cultura a scapito della saggezza, la razionalità a scapito della ragionevolezza, e la competizione a discapito dell'equilibrio, sociale e individuale. Così come privilegiare sulla visione d'insieme la specializzazione, sulla qualità la quantità, sull'indipendenza di giudizio il conformismo di massa, sul dominio delle proprie passioni l'adesione alle mode e alle tendenze del momento.
Il sapere non si misura a peso. Non sono le tonnellate di libri, riviste e articoli che nel mondo moderno vengono pubblicati ogni anno a dare la misura della grandezza di una civiltà -la nostra nella fattispecie. Non è una gara a chi pubblica di più, a chi vende più copie, a chi tiene più seminari con il maggior numero di uditori. La vera ignoranza è seppellire la verità sotto una valanga di opinioni, teorie, ipotesi, affastellate in modo caotico e frenetico di modo che ovviamente pochi riescano a conoscerle e a giudicarle (e di cui a dire il vero, alla gran parte degli intellettuali importa ben poco).
Si rifletta su queste cose e si capirà che l'alfabetizzazione di per sè non vuol dire nulla. Anzi, oggi il suo eccesso ha portato ad una nuova e diffusa ignoranza. Non solo, ma la scuola stessa, la stessa istruzione di massa, non è diventata altro che il veicolo della mentalità razionalista e quantitativa, specialistica e nozionistica che è l'asse portante della mentalità moderna. Perchè è la scuola che introduce l'uomo moderno nel sistema dell'alfabetizzazione tecnica e mercantile. Il tutto infatti viene propinato attraverso programmi scolastici standard che uniformano e appiattiscono, senza tenere conto delle differenze locali ma soprattutto delle disposizioni personali, tutti miranti a svilire il coraggio personale e l'indipendenza di giudizio, e viceversa a sviluppare l'efficienza, la velocità di apprendimento e l'inserimento in un mondo produttivo che oramai è il punto finale di tutto.
Desidero chiudere con una proposta personale per metà provocatoria: aboliamo la scuola. Tout court. E con i soldi risparmiati, ripristiniamo l'antico precettore per chi vuole veramente apprendere da un maestro che comunichi non solo nozioni, ma anche la passione, il coraggio e l'autonomia, tutte cose indispensabili per formare veri pensatori, vero sapere e vera civiltà, e non robaccia di plastica. E per chi non vuole saperne di studiare, non preoccupiamoci, lasciamoli nella loro ignoranza. Per quanto, saranno sempre più liberi e più padroni di sè degli alfabetizzati di oggi.

Commenti