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Solo l'orchestra italiana suona sul Titanic che affonda

di Marco Cedolin - 17/03/2011



La tragedia delle centrali atomiche fuori controllo che in questi giorni sta dilaniando il Giappone, mette una pietra tombale sulla fallimentare esperienza costituita dall'utilizzo del nucleare a scopo di produzione energetica.
Se infatti i termini della catastrofe giapponese, tuttora in corso e in continua fase di aggravamento, non sono ancora definiti e le informazioni si accavallano in maniera schizofrenica nella confusione più totale, alcune evidenze appaiono al contrario di una chiarezza adamantina.
Il gravissimo incidente di Chernobyl aveva dimostrato come eventuali guasti tecnici o errori nella gestione di un reattore nucleare potevano determinare disatri di enorme grandezza, la cui portata difficilmente era quantificabile sull'asse del tempo. Nessuno sarà mai in grado di raccontarci quante persone in Europa si sono ammalate di cancro e si ammaleranno nei decenni a venire, sono diventate sterili o lo diventeranno, sono state vittima di malformazioni fetali o lo saranno, a causa del disastro di Chernobyl. Molte sicuramente, ma la radioattività è un assassino che colpisce in silenzio, spesso a decine di anni di distanza e senza manifestarsi come carnefice.
L'impatto sull'opinione pubblica fu enorme e per la tecnologia nucleare iniziò la parabola discendente. Nonostante ciò riuscì a sopravvivere, in quanto i morti risultavano dispersi nell'imponderabile e la causa del disastro allignava in un deficit tecnico. Sarebbe bastato promettere miglioramenti tecnici e misure di sicurezza di alta tecnologia, per scongiurare almeno in una parte dell'opinione pubblica il rifiuto radicale nei confronti dell'atomo.
Fortunatamente in Italia questo escamotage non funzionò e un plebiscito popolare disse no al nucleare in maniera ferma e definitiva, prima che a riesumarlo in maniera fraudolenta arrivasse il caramogio di Arcore, con la banda di barbassori che gli fanno da contorno, nel tentativo di riportare in vita un cadavere ormai mummificato.....

La tragedia giapponese, a differenza di Chernobyl, coinvolge molti reattori e più di una centrale su un territorio estremamente vasto, e non è stata causata da un guasto tecnico, bensì da una catastrofe naturale di enorme grandezza, un terremoto ed uno tsunami. Ma in tutta evidenza conseguenze simili sarebbero state determinate da una colossale alluvione, da un incidente aereo che avesse coinvolto una centrale, da un attentato terroristico, da un missile fuori bersaglio in un conflitto bellico e da molti altri eventi sui generis.
La tragedia giapponese mette impietosamente in evidenza l'impotenza e l'incapacità da parte di chi gestisce le centrali nucleari, di controllare in maniera soddisfacente situazioni di grave emergenza. Non perchè i tecnici e gli scienziati giapponesi siano incompetenti (a differenza dei russi liquidati al tempo come scarsamente capaci sono considerati unanimamente fra i migliori al mondo) ma in quanto tecnologicamente non esistono i requisiti per far fronte ad emergenze di questo genere. Si può solo sperare che non accadano, ma quando accadono si brancola nel buio e si tratta di tenebre che potenzialmente possono fare calare il sipario sull'intera storia del'umanità.
In questo caso servono a poco le patetiche promesse di nuove mirabilie tecnologiche e le proiezioni oniriche di centrali super sicure a prova di....a prova di cosa?

La produzione di energia tramite le centrali nucleari, già economicamente deficitaria a causa del problema delle scorie e già perdente di fronte all'alternativa delle fonti energetiche rinnovabili come il solare e l'eolico, sta incontrando a Fukushima il suo stop definitivo.
Tutti i paesi con cospicue presenze di centrali atomiche sul proprio territorio stanno interrogandosi profondamente sull'opportunità di proseguire su questa strada. Sicuramente si tratterà di un processo graduale, essendo impossibile smantellare decine di centrali dall'oggi al domani e ci vorrà del tempo per spostare in altra direzione gli investimenti della politica energetica, ma la strada sembra chiaramente tracciata.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha deciso immediatamente lo stop di 7 reattori nucleari ed ha congelato il provvedimento, da lei stessa redatto, che prolungava la vita degli impianti in scadenza.
Il presidente francese Sarkozy (la Francia è in assoluto il paese europeo più legato all'atomo) ha deciso minuziosi controlli su tutte le centrali presenti nel paese, oggetto negli ultimi anni di continui piccoli incidenti, mentre i movimenti ecologisti stanno avviando una campagna per indire un referendum sull'atomo.
In Svizzera il governo federale sospenderà la procedura per autorizzare tre nuove centrali, dichiarando che solo dopo una radicale revisione dei sistemi di sicurezza il progetto potrebbe andare avanti.
In Belgio, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia i governi iniziano ad esternare la necessità di pause di riflessione sui programmi nucleari, pause che sembrano essere propedeutiche ad eventuali ripensamenti.
Perfino la UE rende pubblico l'intendimento di riesaminare gli standard di sicurezza delle centrali, dimostrando di avere subito il colpo e di sentire la necessità di un'ampia riflessione sull'argomento.

Solo in Italia, l'unico paese che grazie al popolo e non certo alla politica, dal nucleare si è tirato fuori con il referendum del 1987, pur dovendo continuare a confrontarsi con i retaggi della precedente attività e con le relative scorie gestite in maniera scellerata, il governo non ha bisogno di alcun tipo di riflessioni, essendo in possesso di certezze adamantine e convincimenti così radicati da non potere essere scalfiti da nessuna tragedia nucleare, qualunque sia la sua gravità.
In questi termini infatti si sono espressi in TV e sui giornali in questi giorni i ministri per caso Prestigiacomo e Romani e tanta parte della geniale consorteria politica che sostiene il Cavaliere.
Il governo italiano andrà avanti con il proprosito di costruire nuove centrali nucleari, nonostante il referendum del 1987 e nonostante dopo la tragedia giapponese rischi davvero di ritrovarsi l'unico governo in Europa a credere che la strada nucleare sia una via praticabile per il futuro.
Con tutta probabilità questi vaneggiamenti sono solo di facciata e nessuno tenterà mai di costruire centrali nucleari in Italia, rischiando seriamente un'insurrezione popolare, soprattutto dopo la catastrofe giapponese.
Ma nel caso qualcuno fosse veramente così folle, supponente e incapace di leggere la realtà da tentare di farlo, sarà costretto a confrontarsi anche con la pietra tombale scivolata sulla sua esperienza politica.