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Il nuovo Egitto si avvicina all`Iran

di Ferdinando Calda - 06/04/2011



Nell’ambito degli stravolgimenti che stanno agitando il mondo arabo, c’è da sottolineare il riavvicinamento tra l’Egitto del dopo-Mubarak e l’Iran. Un processo che potrebbe portare importanti cambiamenti nei rapporti di forza della regione e che rappresenta uno spinoso problema per Israele e Stati Uniti.
In questi giorni i ministri degli Esteri egiziano e iraniano, Nabil al-Arabi (nella foto) e Ali Akbar Salehi, hanno espresso la volontà di rilanciare i rapporti tra i due Paesi. Il Cairo e Teheran, infatti, avevano interrotto i rapporti diplomatici nel 1979, quando la neonata Repubblica Islamica ritirò i propri ambasciatori per protestare contro la firma egiziana del trattato di pace di Camp David con Israele, avvenuta un anno prima. Gli egiziani, da parte loro, concessero asilo politico a Mohammad Reza Pahlavi, lo Shah appena deposto dalla rivoluzione islamica. Un affronto che gli iraniani ripagarono un paio di anni dopo intitolando una strada di Teheran a Khaled Eslamboli, il capo del commando che nel 1981 uccise il presidente egiziano Anwar Sadat, firmatario, appunto, degli accordi di Camp David.
Considerati questi precedenti, si può capire la portata delle dichiarazioni del ministro egiziano al-Arabi che, la scorsa settimana, ha affermato che l’Egitto non considera l’Iran come un Paese “nemico”. Parole ben accolte dall’establishment politico iraniano, a cui sono seguite ulteriori aperture da entrambe le parti. “Egiziani ed iraniani meritano di avere relazioni reciproche che riflettano la loro storia e civiltà”, ha precisato al-Arabi, mentre l’iraniano Kazem Jalali, portavoce del commissione parlamentare per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera, ha ricordato come “l’ex governo egiziano, guidato da Hosni Mubarak, aveva paura dei legami con la Repubblica Islamica”. Mubarak, infatti, come alleato di Israele e degli Usa, aveva sempre osteggiato l’ascesa della Repubblica Islamica allo status di leader regionale.
A questo proposito, lo stesso ministro degli Esteri iraniano ha sottolineato come “le buone relazioni tra i due Paesi aiuterebbero a riportare la stabilità, la sicurezza e lo sviluppo nell'intera regione”. Secondo alcuni analisti, addirittura, un’alleanza tra Il Cairo e Teheran potrebbe portare anche un miglioramento dei rapporti all’interno della comunità islamica, dato che i due Paesi rappresentano un importante punto di riferimento per il mondo sunnita (Egitto) e sciita (Iran).
Ma non meno importante sarebbe il cambiamento di rotta del governo egiziano nei confronti di Israele. Del resto, come ha ricordato la parlamentare iraniana Fatemeh Alia, membro della commissione per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera, il miglioramento dei rapporti tra Teheran e Il Cairo dipende dalla volontà dell’Egitto di “rompere completamente i rapporti” con Israele.
Per il momento al-Arabi, che al tempo criticò Sadat per il trattato di pace di Camp David, ha già fatto sapere che “il nuovo Egitto” non continuerà a ignorare le “atrocità” commesse da Israele (“Il popolo palestinese si aspetta un intervento decisivo nella pace e per il riconoscimento del propri diritti nazionali”, ha dichiarato in un’intervista a Dream Tv) e non sarà più quel “tesoro strategico” che era stato per Tel Aviv durante l’era Mubarak.
Proprio per questo, al-Arabi ha espresso l’intenzione di richiedere a Israele il pagamento degli arretrati sulla differenza di prezzo del gas egiziano importato per anni a prezzo ridotto.