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Svastiche e odio represso

di Alessio Mannino - 30/09/2011

Fonte: alessiomannino


Di primo acchìto l’ho considerata una di quelle notizie a cui non dar molto peso, ed effettivamente le svastiche disegnate sulla facciata della scuola elementare Zecchetto a Vicenza, come singolo episodio, è uno dei tanti di grafomania dei soliti deturpatori imbecilli. Poi però mi è capitato di leggere il commento del mio amico Giuliano Corà, al quale, vuoi per la sua formazione fortunatamente abbandonata ma giustamente non rinnegata di comunista, vuoi perché forse toccato sul vivo in quanto maestro elementare, è scappata l’indignazione a comando, secondo me degna di ben altri e peggiori misfatti. E mi è sopravvenuta una riflessione.
Chi pensa che oggi si comincia con le scritte e domani si finisce col tracciarle con il coltello sulla faccia di un “negro” o di un “islamico”, fa lo stesso ragionamento di un qualunque Giovanardi quando dice che si inizia fumando gli spinelli e si finisce con la cocaina o l’eroina. Una deduzione statisticamente destituita di ogni fondamento. Guardiamo alla nostra società per come è, ripulendoci la testa di pregiudizi: vi pare possibile la riedizione di un movimento razzista di massa che porti ai pogrom, alla violenza squadristica, a brutalità di partito? Certo si possono moltiplicare episodi di intolleranza criminale, ma come sfogo di qualche squilibrato, non come opzione politica e organizzata su vasta scala. E questo perchè la società dei consumi, globalizzata, americanizzata, innocuizzata, slombata e devitalizzata dal benessere e dalla televisione, attutisce e anzi cerca in tutti i modi di spegnere alla fonte il sentimento dell'odio. L'odio sociale, per poter tradursi in azioni di offesa, in violenza vera e propria, deve trovare una spinta abbastanza forte e una giustificazione ideologica (un'idealizzazione, tipo i nazisti che consideravano gli ebrei nemici del popolo tedesco, inferiori, non umani). Siamo realisti: non c'è nè l'una nè l'altra. E non mi venite a parlare della Lega, perchè il razzismo di fondo della Lega è quello del bottegaio e del padroncino pauroso e ossessionato dal conto in banca, che davanti a un gruppo di africani incazzati se la farebbe addosso. Tanto è vero che in tutti questi anni, il massimo che la Lega ha fatto è stato la Bossi-Fini, nemmeno lontanamente paragonabile alle leggi di Norimberga che portarono alla Notte dei Cristalli e poi all'Olocausto.
Il guaio vero è che senza odio non c'è rivolta, e senza rivolta non c'è liberazione. L'odio serve. Ovviamente se ben giustificato. Non certo, quindi, dal razzismo o dal neonazismo. Ma oggi siamo in tempi per cui certi simboli, come la svastica, non sono neanche ben compresi, credo addirittura neanche conosciuti nella loro storia. E' come quando da ragazzini ci si diverte facendo scherzi atroci. Viviamo in una società di eterni adolescenti, mediamente ignoranti e indotti ad essere irresponsabili. Più che di inesistenti pericoli neonazi, io mi spaventerei per questa mancanza di serietà, di gravità, di spirito di contrasto e avversione. Tutto deve andare bene, procedere bene, tutti volerci bene, nessun malanimo, nessuna idea troppo fuori posto, e quindi nessun odio. Quelle scritte sono come la spia che l’inconscio collettivo ha un disperato bisogno represso di miti e storie negative, truci, violente. E' il meccanismo psicologico della compensazione: si prova attrazione, puramente irrazionale, per ciò che manca, che è compresso, che non viene riconosciuto dalla coscienza, e che invece, se incanalato e ritualizzato, potrebbe essere usato per scopi benefici (questa è la vecchia cara saggezza pagana che il cristianesimo ha cercato di nascondere e cancellare e in gran parte, purtroppo, ci è riuscito). Ma non c'è alcun rischio serio di una persecuzione razziale, questo no. E' solo che il nazismo nel nostro immaginario odierno simboleggia il male assoluto, e come tale viene sfruttato per esprimere, seppur confusamente e stupidamente ma non senza ragione, un bisogno profondo di rappresentare il male che è in noi, in tutti noi. Il bene e il male, diceva Eraclito, sono invece connessi l’uno all’altro. Se ne schiacciamo uno, come insegna la psicologia analitica, l’altro fuoriesce comunque, e alla lunga si vendica.