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Cinquant'anni di ambientalismo

di Giuseppina Ciuffreda - 08/01/2012

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Se l'evento di riferimento è "Primavera silenziosa" della scienziata Rachel Carson, l'ambientalismo ha appena compiuto cinquant'anni.

Le radici del movimento per la difesa della natura affondano nell'Ottocento, nei Paesi della rivoluzione industriale, protagonisti scienziati, politici e intellettuali ma dagli anni Sessanta accanto agli scienziati troviamo la società civile e un movimento con una diffusione mondiale, resa evidente nel 1970 da un'iniziativa storica, il primo Earth Day.

In Italia l'attenzione politica è altrove. Il Sessantotto si è concluso da poco, sono esplose le bombe ed è arrivato il neo femminismo. Laura Conti è un'eccezione isolata. Il ventennio '70-'90 sarà uno dei periodi più creativi per l'ecologia e un anno fitto di eventi è il 1972. Scorriamolo.

A giugno, a Stoccolma, si svolge la prima Conferenza delle Nazioni Unite convocata per "difendere e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future". Per questo vertice la rivista "Ecologist" pubblica "Blueprint for Survival", un'agenda che raccomanda un cambiamento radicale della società per evitare il crollo dei sistemi naturali che sostengono la vita. La cura l'inglese Teddy Goldsmith con un gruppo di scienziati, tra cui Julian Huxley e il Nobel Peter Medawar, che hanno in mente comunità su scala umana a basso impatto, deindustrializzate.

Un anno dopo la redazione si trasferisce in Cornovaglia formando una comunità rurale di agricoltura organica. Il testo fa riferimento anche al Club di Roma, un pensatoio di scienziati e industriali fondato da Aurelio Peccei, che proprio in quell'anno pubblica il famoso "Limiti dello sviluppo" (in inglese "crescita"). Utilizzando scenari e sistemi, il Club denuncia una prossima scarsità delle risorse affrontabile solo con un cambiamento profondo della mentalità. Gregory Bateson pubblica "Verso un'ecologia della mente", che è una parte di un "più ampio conoscere che tiene unita l'intera biosfera o creazione", quella "struttura che connette l'uomo agli altri organismi viventi, all'ambiente".

Tutto è connesso e la relazione è centrale. Ricerca portata avanti dal norvegese Arne Naess che a Bucarest in un incontro internazionale conia l'espressione "ecologia profonda", filosofia che dà valore in sé alle realtà naturali e colloca noi nella natura, e definisce "superficiale" l'ecologia che concepisce la natura solo come un insieme di risorse utili per la società umana.

In Bhutan il re apre la critica al Pil e s'inventa l'indice di Felicità Interna Lorda sulla base di valori buddhisti, in Australia nasce il primo partito verde, un vertice europeo a Parigi afferma che espansione economica e qualità della vita hanno bisogno di tutelare le risorse naturali e l'Onu crea l'Unep, il suo programma ambiente.

Il decennio '62-'72 è dunque matrice delle principali tendenze dell'ambientalismo - ecologia radicale e ecologia industriale - che riprendono differenze già incarnate agli inizi dagli americani John Muir e Geoffrey Pinchot. Appena un anno dopo, nel 1973, esplode in India Chipko, il movimento tribale che difende la foresta abbracciando gli alberi. L'ecologismo è anche dei poveri.