Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Tutti stregati dai tre idoli Economia, tecnica e crescita

Tutti stregati dai tre idoli Economia, tecnica e crescita

di Guido Ceronetti - 08/01/2012

http://ilglocale.files.wordpress.com/2011/11/il-coraggio.jpg
 

Valeva, per i mistici cristiani, anche inesplicita, la regola «Se incontri il Cristo uccidilo». Vale anche in altre religioni, in culti più antichi. Significa che bisogna staccarsi dal proprio maestro (come Jung da Freud) e anche dalla cosa cui più si tenga, e andare oltre, segnati e liberati. In un contesto attuale, stregati tutti dall'idolo economico, valga la stessa regola: «Se incontri l'Economia uccidila!». Se non si oltrepassa questo orizzonte piombato, siamo perduti.
Infatti. L'Economia, quando non è finalizzata al crimine, osservate bene: non conduce che per falsi cammini, non accumula che errori. — È così che bisognava fare! — Ma no: facendo l'opposto ci si perdeva in un altro errore. Condizionata dalla legge (il più perfido dei Nomos) economica, la politica non e più che follia e perdita di autonomia; le norme dettate dai parlamenti sono paranoidi, e vanno incessantemente cambiate. Questa è l'Economia che la «Welt» chiamava necroeconomia, un'economia per anime morte: la nostra, la planetaria, il treno folle delle catastrofi — mentali, etiche, ambientali. In tasca che cosa ci mettiamo? Ora lo vediamo.
Ma ci sarà questa crescita, professore? — mi domanda ansioso chi mi sta radendo il pelame del muso. E io non posso rispondergli: — «Se incontri la Crescita, uccidila! — La verità non è mangiabile, e la Sapienza, dice la Bibbia, grida nelle piazze. Si fermerà qualcuno? Tanto per ridacchiare...
Ecco, voglio ricordare due date storiche: 1970 e 1971.
Nel primo anno ci fu il memorabile rapporto del Mit di Boston sullo stato del pianeta: scientifico, non metafisico, conteneva il responso drastico, l'avvertimento ultimativo: sviluppo zero. E da quel momento, figuriamoci! Provocò un'onda lunga di rifiuti e di rivolte, una mobilitazione generale di scherni, di ironie, di scetticismi di Nobel: consensi pochi. Da bruciare come una strega, tra Miracoli Economici che allora si moltiplicavano! In realtà, ripensandoci adesso, trovo che proprio il limite metafisico era stato già da un pezzo oltrepassato, e noi eravamo utopisti perché indietro non si poteva tornare più, e ormai Nemesi, la dea ultrice, si era messa in movimento.
Lo stesso anno uscì a Londra un formidabile saggio storico-scientifico, documentatissimo: Il Libro del Giorno del Giudizio («The Doomsday book») di Gordon Rattray Taylor, che divenne subito il mio vangelo di ecologista radicale. (Oggi lo sarebbe per milioni di giovani, per il tam-tam informatico). Tutte le future catastrofi ambientali e demografiche erano previste, e molte le stiamo sperimentando. Incontrando l'Economia dappertutto, dovevamo usare lo spadone di San Giorgio e abbatterla. L'inconscio collettivo sa la verità rannicchiata nelle sue teche oscure: i governi e gli Stati ci arrivano con immenso sforzo, solo per rivelare la loro sconcertata impotenza (vedi Durban, Kyoto). Nei governi italiani, da Berlusconi a Monti, l'ambiente è nebulosa del Granchio. La materia infera, gli idrocarburi, domina e rende opache tutte le menti.
L'anno dopo, il mese nefasto ci fece questo regalo: il 15 agosto 1971, Richard Nixon annunciò la fine della convertibilità del dollaro in oro. Lo stesso biglietto verde diventava la propria base-oro. Nixon si espresse proprio così: — L'oro ce l'avrete nelle vostre tasche! — In verità, da quel momento, dappertutto, in tasca non avevamo che carta, fino a non avere che carte magnetiche per cifre gonfiabili all'infinito. La base-oro della moneta arcaica erano le pecore, i cammelli, gli asini, sottosuolo fermo della pecunia, rimasta nel linguaggio, e neppure (la direi beata) del tutto estinta. E dietro agli Stati Uniti, a poco a poco, tutti gli Stati hanno rinunciato alla sovranità monetaria, e alle Banche Centrali (Fed compresa!), private, non statali, e passato uno smisurato potere di leviatani in cui si cela un tacito Stato unificato mondiale nel quale versiamo, al termine del lungo tubo, le nostre tasse. Ai governi non resta che il debito. La crisi-madre — lucidamente lo riconobbe Tremonti — è là.
Ne conseguono due verità amare che costringono i governi a menzogne croniche: a) l'unica unità europea funzionante (zatterone di salvezza per più nazioni) è quella dell'euro, e chi presieda alla Bce è il vero presidente dell'Europa; b) con le misure anticrisi si penalizzano lavoro e gente, e quanto alla oh Dio «volontà politica», dove mai una sola idea nuova riesce a penetrare è zavorra da buttare, ma non so in che modo si possa schiodare uno Stato dal debito perpetuo, incontrollabile dai poteri statali, perché questo è in mani di usura che a loro volta sono trascese e dominate da un potere più forte.
In realtà, come esseri umani e popoli, non controlliamo nessuna forza cosmica, né l'economia, né la tecnica, né i disastri della natura e della storia fattuale, perché il nostro guinzaglio è corto. Circa il futuro, si può parlarne del tutto a vanvera a gogò, non sondiamo che il vuoto puro.
Mi resta una dolente e bella certezza illuministica: questa Economia di allucinati non produrrà mai un atomo di felicità, mai moneta aurea di un po' di vero bene. Se la incontri, uccidila.