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Terrorismo in Iran, una storia che parte da lontano

di Dagoberto Bellucci - 17/01/2012

Fonte: dagobertobellucci

 

 

 

 

Il recente attentato terroristico che ha colpito la capitale iraniana, uccidendo Mostafa Ahmadi-Roshan scienziato in servizio presso il sito nucleare di Natanz, si inserisce nell’ormai estenuante  contenzioso sul programma atomico della Repubblica Islamica dell’Iran.

 

Modalità, tecniche e tempi hanno immediatamente fatto pensare all’ennesima operazione “undercover” orchestrata dai servizi d’intelligence americani (CIA) o dai loro colleghi israeliani del Mossad.

 

Ahmadi-Roshan, 32 anni, è stato assassinato da un commando in motocicletta che ha fatto saltare per aria la sua auto. Con lui sono morti l’autista ed un passante. Si tratta della quarta vittima eliminata in un anno con la stessa metodologia e in tutti i precedenti attentati sono stati presi di mira esponenti (tecnici o scienziati) del mondo scientifico locale impegnati tutti nel programma atomico di Teheran.

 

Le autorità iraniane hanno immediatamente accusato Washington e Tel Aviv di quest’ennesimo barbaro crimine. Come ha legittimamente scritto Massimo Fini “è difficile dar loro torto. (…) Del resto Mossad e Cia ci hanno abituato ad azioni molti “disinvolte”, per così dire, che calpestano ogni legalità internazionale e, a volte, la stessa sovranità di Paesi alleati (caso Abu Omar, rapito a Milano da agenti Cia, portato nella base USA di Aviano e da lì trasferito nell’Egitto dell’alleato Mubarak, per esservi torturato).” (1)

 

 

Abbiamo sottolineato come CIA o Mossad siano sinergiche quando si tratta di complottare contro la Repubblica Islamica.

 

 

Fin dalla costituzione della Repubblica Islamica nel gennaio 1979 entrambe le due agenzie d’intelligence si sono dimostrate le principali ispiratrici della sedizione interna (nel Kurdistan durante la guerra imposta dal regime iracheno e più recentemente nella regione orientale del Baluchistan), di complotti volti ad abbattere la teocrazia sciita, di attentati terroristici perpetrati dai gruppi criminali interni ed esterni e di fomentare le ribellioni di quelle fazioni della società iraniana che nell’estate 2009 portarono alla creazione dell’effimera “rivoluzione verde” dei circoli cosiddetti “riformisti” legati all’ex Presidente Mohammad Khatami e ad altri candidati usciti sconfitti dalle Elezioni Presidenziali di quell’anno che confermarono il voto di massa e la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza del paese.

 

L’attentato di Teheran di alcuni giorni or sono conferma che si è trattato dell’ennesimo atto terroristico rivolto contro la sovranità della nazione iraniana: azione che costituisce una violazione di qualunque regola internazionale e che alza il livello della tensione e lo scontro nell’area geostrategica del Golfo dove Iran e Stati Uniti hanno misurato le loro rispettive intenzione non meno di una settimana or sono dopo l’annuncio da parte delle autorità di Teheran di poter chiudere lo stretto di Hormuz.

 

Un clima incandescente che fa da sfondo all’episodio terroristico che non deve far dimenticare un’altra notizia –  quasi inosservata dai media internazionali – fondamentale per comprendere meglio la vastità del complotto che si va tessendo contro la Repubblica Islamica.

 

Pochi giorni prima del Natale scorso infatti le autorità irachene hanno annunciato la chiusura definitiva della base di addestramento della cosiddetta “resistenza nazionale” iraniana presso Ashraf.

 

Un fatto importante che ha messo la parola fine su una controversa questione che opponeva Iran ed Iraq fin dall’epoca del conflitto degli anni Ottanta quando, su invito dell’ex dittatore Saddam Hussein, i militanti dell’MKO (Muhjaeddin o Kalq = Combattenti del Popolo meglio noti in Iran con l’appellativo di “Munafiqìn” ovvero gli Ipocriti) decisero di porre il loro comando generale in pieno territorio iracheno sostenendo lo sforzo bellico del nemico della patria in armi.

 

Questa organizzazione, fondata nel 1965 e attiva in Iran fin dall’epoca della rivoluzione islamica, si è macchiata di inauditi crimini contro la popolazione civile iraniana, rappresentando per anni uno strumento di morte e terrore puntato dall’Occidente e dal regime criminale ba’athista iracheno contro la Repubblica Islamica.

 

Il primo ministro iracheno al Maliki ha finalmente deciso di rompere gli indugi annunciando il 14 gennaio scorso 126 mandati di arresto per terrorismo nei confronti dei residenti di Ashraf accusati dell’assassinio indiscriminato di autorità politiche e religiose in Iran.

 

In una intervista concessa alla tv di Stato iraniana il premier iracheno Nouri al Maliki ha sostenuto infine che “I monafeqin (“ipocriti”) sono un gruppetto assolutamente terrorista ed il primo gruppo di loro sarà trasferito tra pochi giorni dal Campo di Ashraf ad una base precedentemente utilizzata dagli americani in modo che possa essere svolto il lavoro preliminare per farli uscire da questo paese. Sottolineiamo che in meno di quattro mesi a partire da adesso nessun monafeq rimarrà in Iraq, il campo di Ashraf verrà chiuso e quel territorio ritornerà ai suoi proprietari. L’Iraq non tollererà più a lungo la presenza dell’MKO sul suo territorio. E’ una organizzazione terroristica sanzionata a livello internazionale. Non ha soltanto commesso omicidi di personalità politiche e religiose in Iran ma ha anche un passato sanguinoso in Iraq. Ha collaborato con l’ex regime ba’athista di Saddam Hussein.”

 

Con la chiusura annunciata di Ashraf si chiude una delle pagine più vergognose della recente storia del Vicino Oriente e un capitolo fatto di morte e terrore nelle relazioni tra i due vicini: Baghdad finalmente intende fare sul serio e mettere una pietra sopra al sostegno che, fin dalla metà degli anni Ottanta, ha concesso a questa organizzazione di criminali incalliti i quali si sono rivelati per gli “utili idioti” al servizio dell’Imperialismo fin dalla loro comparsa sulla scena politica iraniana quarant’anni or sono.

 

L’ M.K.O. appartiene a quella serie di gruppuscoli estremisti che tentarono di utilizzare per i loro fini ed i propri scopi il movimento rivoluzionario e popolare che darà voce agli oppressi ed ai diseredati dell’Iran spazzando via la dittatura dello shah Reza Pahlevi.

 

L’appoggio dato da queste organizzazioni alla Rivoluzione Islamica fu relativo come ipocrita il loro iniziale , apparente, sostegno alla Guida della Rivoluzione , Ayatollah Sayeed Ruhollah al Musawi al Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica.

 

Per comprendere meglio quanto accade oggi nell’area del Golfo occorre ripercorrere la storia della Rivoluzione Islamica ed il contributo infinitamente misero dato a questo grandioso evento – centrale nella storia recente del Vicino Oriente per la rinascita islamica alla quale diede vita – da questo genere di organizzazioni.

 

Scrivevano anni or sono fonti diplomatiche della Repubblica Islamica in Italia: “In base alla testimonianza di tutto il popolo iraniano, che da vicino è stato testimone degli eventi e così pure come possono provare tutto un insieme di documenti, film, fotografie, scritti e stampati, il fattore fondamentale e più importante del movimento popolare, nel distruggere il regime dello Shah, è stato l’Islam, un Islam che ha istituito il più profondo legame fra l’Ommat (popolo, comunità islamica, in tutta l’ampiezza del suo significato) e l’Emamat, rappresentata dalle autorità religiose e dalla presenza dell’Imam Khomeini. La direzione data al movimento rivoluzionario dagli ideali esclusivamente religiosi e l’apporto dei profondi sentimenti religiosi che caratterizzano profondamente il popolo iraniano hanno creato nella società una spirito rivoluzionario e le masse, in base alla loro fede islamica ed in base al principio del “dovere e necessità di seguire le Guide Religiose”, si sono ribellate. (…) Quando questa forma di lotta, con le sue nuove e particolari caratteristiche, prese corpo in Iran, anche le varie organizzazioni, limitate ed isolate dalle masse, avevano delle pretese di lotta.” (2)

 

I gruppi che si unirono ipocritamente alle masse popolari rivoluzionarie iraniane seguivano ideali, utilizzavano una metodologia e miravano ad obiettivi che – come la storia dimostrò ben presto, poco dopo la caduta del regime dello shah e l’instaurazione di un governo islamico costituito sul principio della Valayat et Faqì =la Guida del Giuriesperto enunciata dall’Imam Khomeini nella sua opera sul “Governo Islamico” – niente avevano a che vedere con l’Islam e con la sua visione del mondo.

 

L’ M.K.O. , il gruppo Peykar, i Feddayn del Popolo iraniano, il Forqan rappresentarono perfettamente quella tipologia di organizzazione ispirata ai principi del marxismo che non soltanto aveva avuto un ruolo irrilevante negli avvenimenti rivoluzionari durante gli anni Settanta ma , dopo aver tramato per raggiungere il potere ed abbattere il neonato governo della Repubblica Islamica, avrebbe rappresentato quella “sinistra” filo-americana di cui parlò l’Imam Khomeini.

 

L’insieme di queste organizzazioni marxiste – se ne conteranno fino a ottanta nei mesi immediatamente successivi alla cacciata dello shah, attivi soprattutto nella zona attorno all’Università di Teheran e organizzatisi con gruppi paramilitari – condussero nell’ultimo periodo della Rivoluzione Islamica la loro “lotta d’organizzazione e di gruppo” completamente alienati dal movimento delle masse , isolati rispetto alle linee guida date al movimento popolare dalle Guide religiose; qualitativamente e quantitativamente dando un contributo modesto che non ebbe alcuna influenza reale sul popolo mobilitato dalle parole d’ordine e di lotta dell’Imam Khomeini. 

 

L’ideologia che sottintendeva alle azioni di queste organizzazioni era un ibrido richiamo ad un vago “islamo-marxismo” che non ebbe alcuna influenza sul movimento rivoluzionario iraniano: si trattava di gruppuscoli dediti al terrorismo ed alla violenza politica come dimostreranno sia le loro attività contro il neonato Governo Islamico sia i loro contatti e “amici” al di fuori dell’Iran dove essi troveranno interessate amicizie tra i cosiddetti sostenitori della lotta armata (in Italia saranno provati dalla magistratura contatti dell’MKO con esponenti delle Brigate Rosse e di altre formazioni del terrorismo di estrema sinistra).

 

In particolare l’MKO troverà fin dai primi anni Ottanta una interessata benevolenza presso il governo francese. La Francia di Mitterand sarà più che tollerante nei confronti dell’estremismo di sinistra: Parigi diventerà non casualmente la base di molti rifugiati delle diverse organizzazioni marxiste europee e internazionali alle quali – come all’MKO iraniano – sarà concesso di continuare le loro attività di propaganda.

 

Ricordiamo come l’ex “first lady” di Francia, Francois Mitterand, mantenesse ottime relazioni con il cosiddetto “Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana” visitando, ancora nel 2005, la “presidentessa” di detto organismo Marjam Rajavi consorte del leader MKO e traditore della Patria.

 

 

Non essendo mai stata realizzata altrove una rivoluzione islamica molti intellettuali della cosiddetta “gauche” (la Si(o)nistra radical-chic europea) sostennero inizialmente come moto progressista la Rivoluzione dell’Imam Khomeini restandone prontamente delusi una volta che fu chiaro che la linea dell’Imam e dei suoi collaboratori sarebbe stata quella di spazzare progressivamente via quelle scorie “pseudo-rivoluzionarie” rappresentate dalle organizzazioni di sinistra – e analogamente eliminando tutti i movimenti di destra collegati al passato regime monarchico e i gruppi reazionari come il Fronte Nazionale di Bani Sadr sui quali avevano puntato le loro carte gli agenti dell’Imperialismo a stelle e strisce e i sostenitori del Sionismo – e uniformando nella forma di una Teocrazia Islamica il nuovo Stato della Repubblica Islamica nato dalla tenacia e dalla fede popolare durante il lungo processo rivoluzionario (1963-1979) che avrebbe completamente trasformato l’Iran da “gendarme” americano del Golfo a principale baluardo del fronte anti-imperialista internazionale.

 

La Rivoluzione Islamica dell’Iran sarà essenzialmente, per queste sue caratteristiche e per la propria natura spirituale, un movimento che mirava al recupero ed alla valorizzazione dell’idea-forza religiosa, ostile tanto al blocco dell’Occidente capitalista americanocentrico quanto al blocco dell’Oriente comunista sovietico. Tale rivoluzione spezzò, primo esempio nella storia dall’epoca della seconda guerra mondiale, le logiche di Yalta rifiutando sia il modello di consumismo occidentale sia il cosiddetto “socialismo reale” materialista sovietico e ispirandosi a valori desunti direttamente dalla Tradizione religiosa e spirituale dell’Islam Shi’ita duodecimano.

 

Anche i gruppi interni all’Iran, ispirandosi ad analisi basate sul materialismo storico, non compresero che l’epoca del dominio di una o dell’altra superpotenza – e delle annesse ideologie – era terminata; che in Iran era avvenuto un fatto nuovo che avrebbe rivoluzionato e modificato radicalmente la storia contemporanea e rimesso in discussione antiche certezze e vecchi rapporti di forza trasformando il volto del Vicino Oriente negli anni a venire.

 

La mancanza di validi strumenti di analisi, il ricorso alla dialettica marxista e l’insistenza con la quale queste organizzazioni – e con loro ovviamente gli stessi comunisti iraniani raccolti attorno al partito Tudeh che prendeva gli ordini direttamente dal Cremlino – continuarono ad insistere nei loro errori anche dopo che fu dimostrata la nuova realtà politica del paese minarono la credibilità del loro attivismo .

 

Nelle loro analisi interne infatti – analisi cioè limitate ai loro gruppi – essi citano il fatto di non aver svolto mai alcun ruolo veramente importante durante la Rivoluzione Islamica; riconoscono di essere stati estranei al grande movimento di popolo facendo una serrata autocritica alle azioni di guerriglia che nei primi anni Settanta li esclusero definitivamente dalla lotta rivoluzionaria.

 

“Basandosi su analisi elaborate negli anni della loro prigionia , questi gruppi marxisti ed estremisti (Mojaheddin) giudicavano questo nuovo movimento delle masse come una deviazione, guidata dalla piccola borghesia e furono ad essi contrari. In conclusione non avevano fede nella Rivoluzione; essi, anche dopo essere stati liberati dalle prigioni, tennero fede alle loro analisi; ai membri delle loro organizzazioni ed ai loro pochi simpatizzanti raccomandavano di non partecipare alle manifestazioni o agli scontri e la miglior prove, oltre alle ammissioni di numerosi elementi di questi gruppi, che oggi sostengono di aver fatto lorola Rivoluzione, è che essi non hanno neanche avuto un martire nelle manifestazioni. Le lotte del 17 Shahrivar, del 13 Aban, del 17 e del 19 Dey, del Moharram ecc. ; lotte piene di sangue e di martiri, furono compiute dal popolo musulmano dell’Iran e sotto la direttiva dell’Imam Khomeini e quei signori si tennero in disparte e si burlavano di tutto questo spirito di sacrificio e soltanto dopo il giorno dell’Ashura del 1978, quando il regime dello shah stava crollando e la vittoria era certa, i vari gruppi ed organizzazioni (…) pensarono di sfruttare la situazione. Improvvisamente il giorno di Ashura vennero distribuiti vari ed innumerevoli volantini e fra le iniziative degli ipocriti Muhjaeddin , e ciò valse a screditarli agli occhi del popolo, è da citare il fatto che nelle loro bandiere avevano appiccicato anche una grossa fotografia dell’Imam Khomeini, così da evitare proteste da parte del popolo… Fu da quel giorno che tutti gli sforzi di queste organizzazioni che fino al giorno prima avevano manifestato disprezzo per la rivoluzione e giudicavano un “suicidio” il coraggio ed il sacrificio delle masse islamiche, furono volti ad approfittare e trarre vantaggio della situazione politica ed a portare alto il nome delle loro organizzazioni…” (3)

 

L’atmosfera di libertà e di rinnovamento che contrassegnò inizialmente le prime fasi del neonato Governo Islamico nel 1979 diede l’opportunità a questi gruppi di inserirsi attivamente all’interno della vita politica iraniana.

 

Approfittando del clima di entusiasmo e delle ritrovate libertà di pensiero e di manifestazione questi gruppi marxisti cominciarono a concentrarsi soprattutto nelle Università che diventarono in breve centri per le loro attività politiche e per l’indottrinamento ideologico dei giovani spesso completamente alieni dalle tecniche di propaganda sapientemente utilizzate da questi specialisti della comunicazione rivoluzionaria.

 

I libri marxisti cominciarono a circolare liberamente ovunque. Opere di autori e testi marxisti – anche quelli proibiti in URSS e in Cina – si trovavano nei sit-in dei gruppi i quali cominciarono ad organizzare milizie paramilitari che disponevano di armi saccheggiate dalle caserme e dagli uffici della polizia nei giorni del crollo del passato regime.

 

L’ MKO continuava a spacciarsi per un movimento rivoluzionario islamico e ad inneggiare a Khomeini. Il Governo provvisorio appena insediatosi lasciò fare: i rivoluzionari, i gruppi legati alle autorità religiose, erano impegnati all’epoca a rimettere in piedi uno Stato in disfacimento.

 

I Guardiani della Rivoluzione – Basijj Pasdaran – erano d’altro lato impegnati nei Comitati perla Ricostruzione, nella Crociata della Ricostruzione ed in altri organismi che avevano lo scopo di assicurare ordine e garantire sicurezza in un periodo di agitazione rivoluzionaria incontrollata.

 

Nei primi mesi dopo la rivoluzione proclamarono la loro esistenza 28 organizzazioni marxiste e decine di altri gruppi e movimenti sorgevano ora come funghi: le libertà senza limitazioni e senza controllo dava a queste organizzazioni un senso di onnipotenza e ciascuna di esse decise di darsi da fare per sviluppare le loro teorie ed i loro programmi attivandosi quasi subito per cominciare un movimento terroristico che avrebbe compreso le regioni di Gonbad, quelle del Sistan, del Baluchistan e del Kurdistan.

 

Il comun denominatore di tutti questi gruppi era che essi rifiutavano di considerare chiuso il processo rivoluzionario e anzi, per la maggioranza di essi, questa Rivoluzione non esisteva , non era una vera “Rivoluzione” in senso marxista.

 

Uno dei neonati gruppi, il Forqan, appena nato dopo la rivoluzione islamica, cominciò con i primi atti di terrorismo nell’aprile 1979. Cominciarono con l’assassinio del Gen. Qarani, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, quindi uccisero l’Ayatollah Motahari, membro del Consiglio della Rivoluzione e tra i più influenti filosofi islamici.

 

La loro attività terroristica raggiunse il culmine quando uccisero il Dr. Mofateh, un altro grande pensatore iraniano, concentrandosi successivamente verso altri bersagli tra i vertici religiosi della nazione. L’ira del popolo si manifestò contro questi criminali – collegati direttamente con l’MKO – dopo il martirio di Motahari e di Tabataba’i – giudice e rappresentante dell’Imam Khomeini per la città di Tabriz.

 

Le regioni più colpite dalla violenza terroristica furono Gonbad e il Kurdistan dove vennero prese d’assalto le caserme e attaccati i posti di polizia. I Feddayn del popolo furono tra i principali responsabili dei fatti di Gonbad, regione che sarà bonificata dai Guardiani della Rivoluzione dopo alcuni mesi di violenza incontrollata.

 

Analogamente nel Kurdistan si assisterà ad un vero e proprio tentativo di secessione favorito dalla lontananza rispetto alla capitale Teheran, dalla presenza di esponenti locali di chiari sentimenti comunisti (come l’allora governatore della provincia legato al Partito Democratico Curdo) e dal fatto che la zona confinava con l’Iraq e divenne un ottimo rifugio per tutte le strategie contro-rivoluzionarie delle organizzazioni marxiste.

 

Quando nell’agosto 1979 la cittadina di Paveh cadde in mano a questi gruppi fu chiaro il loro programma di violenza e morte. Di fronte all’inaudita violenza che aveva colpito gli abitanti della povera cittadina curda l’Imam Khomeini rispose con la mobilitazione totale dei reparti rivoluzionari che in breve ripresero il controllo di tutto il Kurdistan.

 

Mentre avvenivano questi fatti nella capitale l’MKO si dava da fare per agevolare le trame ed i complotti del Presidente Bani Sadr attorno al quale si radunarono tutti i contro-rivoluzionari e verso il quale guardavano interessati gli imperialisti in particolar modo l’amministrazione Carter che intendeva rovesciare il Governo Islamico.

 

L’MKO avevano compreso perfettamente che la situazione politica era ancora instabile pur sapendo che non era ancora possibile sferrare alcun attacco diretto contro le istituzioni. Fu per questo che essi avvicinarono sempre più Bani Sadr che, da allora, si farà portavoce delle istanze di un fronte che andava dagli ex monarchici ai laici del Fronte Nazionale fino ai comunisti ed alle decine di organizzazioni che sul modello dell’MKO aspiravano ad abbattere la Repubblica Islamica.

 

Dalla seconda metà del 79 e per tutto il 1980 si intensificarono gli incontri tra Bani Sadr e Massoud Rajavi, capo dell’MKO.

 

Nel marzo 1980 viene deciso l’attacco contro i Guardiani della Rivoluzione all’Università di Teheran: da quel momento Bani Sadr sarà una marionetta nelle mani dell’MKO e degli altri gruppuscoli marxisti.

 

Lo scoppio della guerra imposta (22 settembre 1980) favorì le manovre sediziose di questa coalizione di contro-rivoluzionari i quali da tempo avevano preso di mira il Partito della Repubblica Islamica che rappresentava la linea dell’Imam Khomeini ed aveva tra i suoi leader l’Ayatollah Beheshti tra i massimi teologi sciiti del paese.

 

L’Ayatollah Beheshti cadrà vittima, assieme ad altri 71 esponenti del Partito, di un attentato criminale commesso da esponenti dell’MKO che piazzarono un ordigno nella sede del partito di governo il 28 giugno 1981.

 

Mentre i mass media occidentali incitavano alla demonizzazione del governo della Repubblica Islamica questa diventava il target degli attacchi terroristici delle organizzazioni criminali che rivelavano il loro volto assetato di vendetta e sangue dei nuovi dirigenti e di civili innocenti.

 

Il conflitto aperto dall’Irak di Saddam Hussein contro la Repubblica Islamica verrà salutato positivamente da tutti questi gruppi che in esso vedranno una nuova opportunità per abbattere la teocrazia sciita e conquistare il potere.

 

Uno sguardo riassuntivo ai primi tre anni di attività terroristiche compiute in Iran dalle organizzazioni di estrema sinistra chiarisce perfettamente la natura di questi gruppi , le loro intenzioni e il loro ruolo di agitatori al soldo dell’Imperialismo internazionale.

 

Caddero sotto il piombo o l’esplosivo dei nemici della Rivoluzione eminenti figure di militari, politici e religiosi. In ordine ricordiamo:

 

-         il Gen. Qarani (Capo di Stato Maggiore dell’Esercito);

-         il Dr. Mofatteh (pensatore e ideologo islamico);

-         l’Ayatollah Motahari (membro del Consiglio della Rivoluzione);

-         l’Ayatollah Qazi Tabataba’ì (Imam del Venerdì di Tabriz e rappresentante dell’Imam Khomeini);

-         Mahdi ‘Ezaqi (direttore del giornale “Keyhan”);

-         Ayatollah Behesti (capo della Corte Suprema);

-         Quattro ministri del Governo Rajai;

-         Oltre 10 membri di gabinetti ministeriali;

-         Il comandante supremo della Polizia;

-         Oltre 28 membri del Parlamento;

-         Ayatollah Madani (Imam del Venerdì di Tabriz);

-         Ayatollah Dastgheib (Imam del Venerdì di Shiraz);

-         Rajai, primo ministro del Governo neocostituito della Repubblica Islamica;

-         Dr. Bahonar , primo Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran.

 

Dal giugno all’ottobre 1981 vennero martirizzate in Iran oltre novanta persone che avevano ruoli di rilievo nella politica nazionale.

 

Il numero delle vittime del terrorismo nel periodo 1980-82 supera abbondantemente le 2000 unità tra le quali religiosi, medici, ingegneri, avvocati, operai, studenti, negozianti, donne, bambini.

 

Tra le persone che rimasero invalide l’attuale Guida della Rivoluzione, Grande Ayatollah Sayeed Alì al Khamine’ì.

 

La violenza terrorista non ha mai smesso di insanguinare piazze e strade delle città iraniane colpendo – crimine particolarmente odioso – anche le moschee durante le funzioni come avvenne in occasione delle cerimonie di celebrazione dell’Asciurà del 1994 quando un ordigno piazzato dall’MKO provocò oltre ottanta vittime tra i fedeli di una moschea di Mashad città santa sciita.

 

Tutti questi attentati, tutto questo sangue ingiustamente versato, tutto il terrorismo riversatosi contro la Repubblica Islamicanon ha mai smosso le cattive coscienze dell’Occidente.

 

Nessun sit in di protesta. Nessuna manifestazione. Nessun dolore espresso per le vittime.

 

Silenzio. Solo ed esclusivamente il silenzio complice dell’Occidente ha accompagnato ogni episodio di terrorismo che negli ultimi 33 anni ha colpito l’Iran.

 

Il silenzio delle organizzazioni cosiddette “umanitarie” e di quelle che si occupano venticinque ore al giorno di “diritti umani” e blaterano ai quattro venti di “democrazia” e “libertà” è ancor più evidente e complice.

 

E infine il silenzio della cosiddetta “comunità internazionale” e delle sue istituzioni rappresentative (ONU) ancora più complici e impotenti di fronte alle ingiustizie, ai sopprusi ed alle violenze che ogni giorno sono commesse dal regime criminale sionista, unica potenza nucleare del Vicino Oriente e stato-pirata che ha utilizzato il terrorismo quale arma per l’eliminazione dei suoi nemici colpendo in maniera indiscriminata esponenti della resistenza palestinese in Europa e in altri paesi arabi.

 

Silenzi che sono ammissioni di colpe.

 

Le stesse colpe che hanno permesso l’instaurazione di un regime d’occupazione sionista nel cuore del mondo arabo che manifesta quotidianamente le proprie volontà di attaccare stati sovrani alimentando la tensione in tutta la regione attraverso il terrorismo del Mossad.

 

Il nuovo terrorismo che oggi colpisce la Repubblica Islamica ed i suoi scienziati nucleari non è altro che l’evoluzione di una serie di programmi di lotta contro-rivoluzionaria che hanno a Washington ed a Tel Aviv i principali centri direttivi e nei gruppuscoli separatisti del Baluchistan sunnita e nei rottami dell’MKO alcuni dei loro più attivi strumenti di morte.

 

Niente di nuovo dunque sotto i cieli di Persia.

 

La Repubblica Islamica dell’Iran forte della fede delle sue masse islamiche saprà respingere questi vecchi e nuovi arnesi del terrorismo targato “US-rael” riconoscendo la lunga mano del Grande Satana a stelle e strisce ogni qualvolta proverà ad avvicinarsi minacciosa al territorio iraniano.