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Autorità sovranazionali e fine degli Stati

di Filippo Ghira - 14/06/2012



 
Meno di tre mesi per salvare l’euro. Da quando è approdata alla direzione del Fondo monetario internazionale, dopo aver lasciato il ministero delle Finanze francese, Christine Lagarde è entrata così dentro il suo ruolo di banchiere da assumere i tipici vezzi e i modi di ragionare della tecnocrazia internazionale.
Il primo dei quali è di pensare che la soluzione di tutti gli sconquassi dei mercati finanziari non si trovi, come sarebbe logico, nell’incominciare a stroncare la speculazione ma che possa invece essere trovato nella creazione di un governo mondiale o di una grande autorità sovranazionale, tipo appunto il Fmi, che con le buone o con le cattive, riesca a convincere gli Stati a cedergli progressivamente la loro sovranità e nell’adottare una unica moneta di riferimento.
Nessuno, e meno che mai la Lagarde, si preoccupa di ricordare che un’autorità del genere finirebbe per avere ai posti di comando esponenti di punta di quel mondo bancario e finanziario anglo-americano che da un decennio tiene sotto tiro i Paesi europei per colpire l’euro e tutelare il ruolo svolto dal dollaro e dalla sterlina.
Tre mesi, lo stesso periodo di tempo che un altro bandito di professione come George Soros, ha assegnato all’Unione europea “per correggere i propri errori e invertire l'attuale inerzia”. Un’affermazione che per il criminale di Wall Street significa che i Paesi europei dovrebbero fare di più per la crescita economica ricorrendo ad un maggiore indebitamento pubblico anche se questo significasse l’abbandono della linea del rigore dei conti imposta dalla Merkel, dalla Commissione europea e dalla Bce ai Paesi dell’euro per salvare la moneta unica ma che ha innescato l’attuale recessione.
Per la Lagarde, i tre mesi non significano però che entro tale termine la situazione dovrebbe risolversi al meglio ma che si dovranno adottare le prime misure di una strategia sul lungo periodo che dovrebbe rendere l’euro praticamente inattaccabile. La creazione dell'Eurozona, ha ricordato, ha richiesto tempo. Si tratta di un che dovrà essere migliorato, modificato e rafforzato. Varie questioni vanno risolte, come quella della Grecia. La Lagarde non sa dire se Atene uscirà dall’euro ma in ogni caso, al di là della colorazione e dalle decisioni del nuovo governo che nascerà dalle prossime elezioni, il primo punto sul quale si deve intervenire con decisione è l’evasione fiscale che ha raggiunto livelli intollerabili.
Sulla stessa linea, il vice direttore del Fmi, David Lipton, anche lui contrassegnato da un curriculum degno di un usuraio istituzionalizzato. Dopo essere stato direttore generale di Citi Group Bank, Lipton ha infatti fatto parte del National Economic Council e del National Security Council alla Casa Bianca durante l’amministrazione Clinton. A suo avviso i 100 miliardi che i fondi salva Stati dell’Unione europea verseranno per salvare le banche spagnole e ricapitalizzarle, rappresentano un importante passo ed eliminano dubbi e incertezze. Ma, in linea più generale, per l'Europa sono necessari altri passi da parte dei Paesi membri in funzione del consolidamento fiscale, che significa pareggio di cassa nel rapporto tra entrate (tasse) ed uscite finanziarie (spesa pubblica).
Scontate le soluzioni prospettate dalla Commissione europea che con il suo presidente, Josè Barroso, ha auspicato la nascita di una nuova struttura burocratica. Un supervisore sovranazionale per le grandi banche dei 27 Paesi dell'Unione in funzione della nascita, entro il 2013, di una Unione Bancaria. Per il tecnocrate portoghese, il piano potrebbe essere realizzato senza metter mano agli attuali trattati   europei. Esso dovrebbe comprendere uno schema per la garanzia dei depositi e un fondo di salvataggio pagato dalle istituzioni finanziarie. Oggi vi sarebbe una più chiara consapevolezza fra gli Stati membri europei sulla necessità di andare avanti nel processo di integrazione, specie nell'area dell'euro. Questa, ha insistito, è una delle lezioni da trarre dalla crisi. A Berlino, Londra e Parigi, ha concluso, i leader politici hanno cominciato a capire che l'eurozona potrà sopravvivere solo attraverso soluzioni europee comuni e una maggiore integrazione. Il fatto che Barroso abbia citato Londra, la Borsa di un Paese che non fa parte dell’euro, la dice lunga sul modo di ragionare del tecnocrate portoghese che come molti suoi colleghi non vuole ammettere quale sia oggi la posta in gioco e come la Gran Bretagna sia oggi, con gli Stati Uniti, il primo nemico operativo dell’euro.
Se Barroso vuole l’Unione Bancaria, il Governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, vuole l’Unione Finanziaria europea. Una necessità che si sarebbe resa chiara con la crisi finanziaria e con i suoi effetti. L’Unione Monetaria, ha ammonito, ha bisogno di essere sostenuta da entrambe. L’Unione Finanziaria comporterà la nascita di una autorità unificata di supervisione per seguire e controllare quelle società finanziarie che abbiano una presenza e una attività significative al di la dei confini nazionali ed europei.