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Il punto su M5S

di Gianluca Donati - 09/06/2013

 


 

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 I risultati delle elezioni amministrative hanno confermato quanto io avevo già previsto all’indomani delle elezioni politiche e cioè che il Movimento 5 stelle sarebbe durato poco e presto avremmo visto il suo crollo. Non è che abbia consultato la sfera di cristallo per anticipare gli eventi, mi sono limitato a fare 2+2. Grillo è stato coerente con quanto aveva enunciato per tutto il periodo della campagna elettorale, non ha stretto alleanze con nessuno, né a destra né a sinistra e si è posto all’opposizione, per approvare o respingere le singole proposte di legge. Punto. Se qualcuno non aveva capito, o ha fatto finta di non capire, sono problemi suoi. Tuttavia quello che è successo e che sta succedendo era ampiamente prevedibile. Se Massimo Fini nelle sue dichiarazioni pubbliche e nei suoi articoli aveva pronosticato e auspicato che in breve si sarebbe tornati alle urne e il “5 stelle” avrebbe preso il 100% spazzando tutti i partiti, io gli avevo replicato con un mio articolo affermando la tesi opposta. Come facevo a sapere che le cose sarebbero andate così? Semplice, perché conosco la natura dei popoli, soprattutto quello italiano, e in maniera particolare “quello di sinistra”. Fini e i sostenitori della tesi finiana confondono i loro auspici con i reali desideri dei popoli.

Il Movimento 5 stelle è composto da due anime; la prima è quella intransigente che non voleva accordi con nessuno e rimane fedele alla linea di Grillo. L’altra, piuttosto consistente, è quella che io chiamo “corrente di sinistra” e che già tre mesi fa e oltre avevo indicato come la corrente che avrebbe compiuto la scissione. Certo anche loro annuivano quando Grillo gridava “mai accordi con nessuno”, ma quando dopo le elezioni si è venuto a creare lo stallo nelle due Camere, tra Pd e PdL – anche questo da me ampiamente previsto e anticipato in un articolo pubblicato prima delle elezioni – si sono venute a creare le condizioni per un accordo tra Pd e Movimento 5 stelle e le convinzioni della base del “5 stelle” sono mutate radicalmente. Se gli intransigenti del movimento erano concordi nell’appoggiare la linea grillina, “la corrente di sinistra” era invece favorevole all’alleanza. Se Grillo soddisfaceva una corrente, deludeva l’altra e viceversa, non c’era alcun modo per soddisfarle entrambe. Ecco perché era inevitabile che in breve tempo il Movimento 5 stelle perdesse una valanga di voti, e perché, sempre per le stesse ragioni, il movimento sarà destinato a subire una scissione. Quando io pronosticavo questo esito, qualcuno mi criticava dicendo che ero legato ad una visione ancora ideologica, che il Movimento era andato oltre le logiche di destra e di sinistra, che era un movimento antisistemico,  ma la realtà era ben diversa. Se Beppe Grillo e Massimo Fini insistono a dire che l’obbiettivo è quello di cancellare i partiti per costruire la democrazia diretta, una parte robustissima del Movimento 5 stelle non ha mai inteso in questo senso il grillismo. Per loro era solo un tram su cui salire, per fare un pezzo di strada e scendere alla prima fermata. Era un cavallo di Troia, per penetrare nella fortezza del centrosinistra e prenderne il controllo. Quella parte del movimento si è sempre considerato “di sinistra” e, delusa dalla sinistra ufficiale, intendeva “ricostruirla”.

Ecco come si spiega lo scontro tra Grillo e Rodotà. Quando il giurista ha usato il web per criticare Grillo, quest’ultimo ha intuito quali fossero le sue mire; appropriarsi del Movimento 5 stelle, o almeno di una sua parte, per creare un nuovo “partito di sinistra” e poiché è evidente che anche un pezzo del Pd si sta muovendo in questo senso, non è difficile prevedere cosa potrebbe con molta probabilità accadere. Se il “Movimento 5 stelle” dovesse trovare, come sembra che troverà, una sponda in Sel e nella “corrente a sinistra” del Pd, le larghe intese salterebbero e il governo cadrebbe, anche perché, per ragioni diverse e se vogliamo opposte, anche renziani, veltroniani e prodiani stanno sgambettando il governo Letta – Alfano. Se il governo cade, Napolitano si dimetterà dal Quirinale e a quel punto Rodotà tenterà di essere eletto al suo posto, e si metterà alla guida di un progetto politico-culturale che comprenderà, oltre che gli scissionisti di Grillo e del Pd, tutta Sel e la sinistra extra-parlamentare, in primis gli ex di Rivoluzione civile. A quel punto Renzi si candiderà a Palazzo Chigi, alla guida di quella parte moderata del Pd che si riconosce ancora nel governo Letta - Alfano, e c’è da scommetterci che di questo progetto farà parte anche un pezzo consistente del PdL. Non è escluso che in realtà ci sia già un accordo sottobanco, ovvero Renzi si candida, vince e salva Berlusconi, se quest’ultimo garantisce di uscire di scena, e ovviamente Berlusconi non avrebbe problemi in tal senso; se avrà garanzie per la sua incolumità giudiziaria e sarà certo che il centrosinistra è stato definitivamente “decomunistizzato”, nelle mani di Renzi, Letta, Alfano, Lupi, e Quagliarello, di fatto il Cav. potrà fare sogni tranquilli, all’ombra di una rinata Democrazia cristiana 2.0 e la cosa naturalmente farebbe piacere anche “a una certa sinistra” che, tornata ad un’opposizione coatta, potrebbe riscoprire la dolce “lotta di classe”, in un recuperato spirito di radicalità. Ovviamente non si tratterebbe di ricostruire il modello della Prima Repubblica, ma una sua riedizione rivista e corretta secondo le nuove necessità. 

Inutile dire che se le cose andranno realmente così, dell’originale spirito del Movimento 5 stelle rimarrà ben poca cosa, ma la sua azione non sarà stata inutile e può ancora dare dolci frutti. L’unica reale funzione utile del grillismo è stata ed è quello per cui io ho deciso di sostenerlo idealmente. Innanzitutto mettersi all’opposizione del governo di larghe intese e approvare o respingere le singole proposte di legge e, in secondo luogo, essere il detonatore di una nuova “rivoluzione politico-culturale”, che però può nascere solo “dalle ceneri” del grillismo originario. Non è possibile poter ancora credere a un leader che senza neppure essersi candidato, pretende di comandare a bacchetta i parlamentari eletti tra le fila del suo movimento, arrivando addirittura a proporre l’abolizione dell’Art. 67 della Costituzione. E non è possibile che si possa realmente credere che, qualora la democrazia diretta e partecipativa fosse anche auspicabile, (e in un modo ragionato e limitato, può esserlo di certo), questa sia concretamente realizzabile attraverso il web; non si può passare dalla tele-democrazia del berlusconismo alla web-democrazia del grillismo. E non è possibile sentire ancora dichiarazioni demagogico - populiste che non hanno di fatto nessun costrutto; è sacrosanta l’opposizione all’euro, ma non è possibile in Italia fare un referendum su queste questioni. È giusto stabilire un tetto limite ai finanziamenti pubblici ai partiti e garantire trasparenza, ma è pericoloso abolire il finanziamento pubblico per sostituirlo con quello privato, in quanto la politica potrebbero farla solo i ricchi, oppure i partiti dipenderebbero dai ricatti dei finanziatori, tanto che bisognerebbe abolire proprio il finanziamento privato. Liberare la RAI dai partiti poi significherebbe consegnarla alla finanza. Senza pensare alla propaganda sul reddito di cittadinanza, poiché quello che descrive Grillo non è reddito di cittadinanza ma “sussidio di disoccupazione”. Se poi Grillo si fosse occupato un po’ meno di diaria e un po’ più di “decrescita”, sarebbe stato molto più utile e credibile. Infine non si può andare avanti solo con le invettive, il turpiloquio, la retorica demagogico - populista, la battuta tagliente, gli slogan logori ripetuti all’infinito, il colpo di teatro, la personalizzazione carismatica attorno al leader.

Il grillismo ha tutte le sembianze di un berlusconismo irrancidito e degenerato in modo caricaturale. Se ogni giorno si cambia la priorità: l’ineleggibilità del Cavaliere, il Monte dei Paschi di Siena, le trattative Stato-Mafia, la diaria, il finanziamento pubblico ai partiti, l’euro,  si finisce per fare un gran chiasso senza incassare realmente nulla. La politica è una cosa seria e occorre prendere un tema per volta e affrontarlo fino alla sua risoluzione, altrimenti ci si rivela solo dei semplici quaquaraquà.  Perché ciò sia possibile, occorre che si crei un progetto politico-culturale, che sappia ereditare le tematiche grilline, depurarle dalle proprie scorie, razionalizzarle, dare loro una sostanza, e una concreta attuazione. Se un pezzo del grillismo finirà per diventare la costola dell’ennesima “sinistra radicale”, l’altra parte resterà probabilmente autonoma; se quest’ultima saprà affrancarsi dalla leadership grillina e andare oltre al banale progetto di “lista della protesta antisistemica”, allora da qui si potrà avere una base sulla quale costruire qualcosa che con il tempo potrebbe diventare seria e solida, ed è da qui che dobbiamo ripartire, con pazienza e determinazione.