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8 Settembre. Una disfatta che dura ancora…

di Piero Sansonetti - 09/09/2013

Fonte: Gli Altri online


Settant’anni fa, l’8 settembre, l’Italia ha vissuto la pagina più vergognosa della sua storia. Forse non è giusto dire: l’Italia. E’ più esatto precisare: la classe dirigente italiana. Perché invece ci furono grandi porzioni del popolo italiano che in quello stesso giorno, e nei giorni successivi, vissero il momento del maggior coraggio e della gloria.

I fatti, più o meno, li conoscete. Il 25 luglio del 1943 era caduto il fascismo e si era insediato a Roma un governo presieduto dal maresciallo Badoglio. Il nuovo governo, durante l’estate, aveva trattato segretamente con gli americani e gli inglesi per ottenere un armistizio o concedere una resa e uscire dalla guerra. Nel frattempo gli americani erano sbarcati in Sicilia e lì avevano sconfitto i tedeschi. Il 3 settembre, proprio in Sicilia e in gran segreto, gli italiani e gli alleati avevano firmato l’armistizio. Si era deciso però di renderlo pubblico dopo un paio di settimane per organizzare un nuovo sbarco americano in Campania e un aviosbarco a Roma. Lo sbarco a Salerno  era previsto per il 9 settembre. Subito dopo si sarebbe data notizia dell’armistizio e le truppe italiane avrebbero dovuto difendere Roma per qualche giorno in modo da permettere l’aviosbarco. Se le cose fossero andate così, la liberazione dell’Italia sarebbe stata molto più rapida e sarebbero stati evitati orrori atroci come la deportazione e lo sterminio degli ebrei romani (16 ottobre 1943) e la strage delle Fosse Ardeatine (marzo 1944). Invece poche ore prima dello sbarco di Salerno la radio inglese diede notizia dell’armistizio, in modo da evitare una resistenza delle truppe italiane. Alle 19, 45 dell’otto settembre anche il capo del governo italiano parlò alla radio e annunciò la fine della guerra contro gli angloamericani. A quel punto si trattava di difendere Roma. Impresa non impossibile, perché le forze armate italiane disponevano di quasi 100 mila uomini intorno a Roma, mentre i tedeschi non potevano metterne insieme più di 30 o 40 mila.

Le cose però andarono in un altro modo. Il Re, suo figlio Umberto erede al trono, il capo del governo, gran parte dei ministri e degli alti ufficiali dell’esercito, la mattina del 9 settembre, mentre a Salerno era iniziato lo sbarco alleato, salirono in macchina e fuggirono prima a Pescara e poi a Brindisi. Abbandonarono Roma, il popolo, e anche l’esercito e la marina. Rinunciarono a resistere ai tedeschi e a salvare la capitale. Perché? semplicemente perché ebbero paura, erano codardi.

Alla vigliaccheria dei vertici dello Stato si contrappose il grande coraggio di gente del popolo e di un certo numero di ufficiali e soldati italiani che – spontaneamente e in modo disorganizzato – cercarono di salvare le navi italiane, trasferendole a Taranto, e di salvare Roma facendo le barricate. Riuscirono a impedire ai tedeschi di prendere Roma per poco più di 24 ore. Lasciarono sul campo più di 1500 caduti. Costrinsero l’armata nazista a concentrare forze a Roma indebolendo la resistenza a Salerno. Chi li guidava? Un pezzetto minoritario delle gerarchie militari e rappresentai dei partiti politici democratici, soprattutto di sinistra: c’erano Nenni, Amendola, Pertini, Lussu. Sparavano coi fucili da caccia o con le mitragliette trovate nelle caserme. Contro i carrarmati. Resistettero per dieci ora a Porta San Paolo, poi si ritirarono, si nascosero e diedero vita alla Resistenza.

L’otto settembre è diventato una metafora dell’assenza di classi dirigenti nel nostro paese. E’ stato la disfatta della borghesia. Temo che le cose non siano cambiate molto. Sebbene, fortunatamente, in forme assai meno drammatiche , stiamo vivendo qualcosa di simile. Una nuova dimostrazione dell’inesistenza di una classe dirigente vera, in questo paese. Così come mancò allora, ancora oggi manca una borghesia consapevole di cos’è l’interesse collettivo. Allora fu il popolo e i partiti della sinistra – e al Nord la classe operaia – a riempire il vuoto e a conquistarsi un ruolo fondamentale nel futuro del paese. Oggi? Sembra non esserci più niente. Solo burocrazia. Solo lobby. Eredi della burocrazia regia dei Savoia.