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Trasferire le prerogative del “laissez-faire” dall’economia all’ecosistema

di Herman Daly - 11/12/2013

Fonte: greenreport

 

 

 

 

herman daly

E’ possibile immaginare un’economia forte senza crescita continua? Tale questione ci offre lo spunto per prendere in considerazione una domanda preliminare: come si può immaginare un pianeta Terra fiorente senza crescita continua? E’ facile immaginarlo perché esiste realmente! La Terra nel suo complesso non cresce in dimensioni fisiche. Eppure cambia qualitativamente, si evolve e si sviluppa. E’ tutta una questione di cicli della Terra, ma non vi è alcuna crescita.

L’energia generata dal sole passa attraverso la Terra entrando sotto forma di energia radiante a bassa entropia e uscendo sotto forma di calore ad alta entropia. Tuttavia, il flusso solare non è in crescita. Quasi tutte le forme di vita sono alimentate da questa produzione entropica di energia solare. Nascita e morte, produzione e ammortamento continuano ad alternarsi. Nuove realtà si evolvono, mentre quelle vecchie si estinguono. Vi è un cambiamento continuo. Uno sviluppo qualitativo. Ma la terra non sta crescendo!

L’economia è un sottosistema della Terra. Immaginate che l’economia cresca fisicamente fino a includere tutta la Terra. Allora l’economia dovrebbe adeguarsi al comportamento della Terra, dal momento che queste due entità sarebbero identiche. L’economia non potrebbe più crescere e dovrebbe adattarsi a un flusso praticamente costante di energia solare e cicli di materiali chiusi, avvicinandosi a uno stato stazionario – un’economia di stato stazionario eccessivamente grande.

L’economia si assumerebbe la gestione dell’intero ecosistema – per ogni ameba, molecola e fotone verrebbero stabiliti una destinazione in funzione degli scopi umani e, di conseguenza, un prezzo corrispondente. Tutte le “esternalità” verrebbero assorbite all’interno del sistema come richiesto dai mercati più efficienti e nulla potrebbe più essere trasferito all’esterno dell’economia onnicomprensiva. Le questioni legate all’informazione e alla gestione globale assumerebbero dimensioni ciclopiche – un sistema di pianificazione centrale aumentato all’ennesima potenza. Molto prima che avvenga la totale acquisizione dell’ecosistema, l’economia umana e la relativa civiltà crollerebbero sotto il peso della colossale richiesta di informazioni e della complessità gestionale.

La democrazia non risale in superficie una volta raggiunto il limite della capacità portante dell’ambiente. La crescita fino al limite estremo della capacità portante dell’ambiente comporta anche un costo politico non effettivamente riconosciuto. Un surplus di capacità portante dell’ambiente rappresenta una condizione fondamentale per la libertà e la democrazia. Vivere al limite di questa capacità, come all’interno di un sottomarino o di una navicella spaziale, richiede una disciplina molto rigorosa. Tuttavia, nei sottomarini c’è un capitano con autorità assoluta, non una democrazia. Se vogliamo una democrazia, dobbiamo bloccare la crescita prima di toccare il limite della capacità portante dell’ambiente; a tal fine, conviene lasciare un certo margine di tolleranza includendo i disaccordi e gli errori dovuti alla libertà di calcolo.

Il principale costo politico generato dalla crescita è la guerra per l’accesso alle risorse rivali – minerali, acqua, terreni agricoli e le rimanenti aree verdi. La speranza secondo cui la crescita economica apporterebbe sempre più averi a un numero sempre maggiore di persone – tenendo così a bada le minacce di rivolte – poteva essere temporaneamente credibile nel mondo vuoto di ieri, ma non in quello pieno di oggi.

Per arrivare a una prospettiva che prometta successo dobbiamo scartare alcuni sogni che non offrono sbocchi: non soltanto il “sogno americano” del consumismo, ma anche il sogno degli economisti mainstream di assorbire tutte le relazioni ecologiche nei conti monetari dell’economia. E’ pura fantasia credere di poter elaborare un sistema di mercato truccato in cui i prezzi “corretti” dicono tutta la verità circa il costo opportunità di ogni cosa al mondo, ottimizzando automaticamente la scala dell’economia rispetto all’ecosistema, nonché la distribuzione delle risorse all’interno dell’economia. Nelle parole di T.S. Eliot, questo vuol dire “sognare un sistema così perfetto da aver eliminato il bisogno della bontà”.

Bontà significa impedire che l’economia travolga l’ecosistema circostante causando un massiccio esaurimento delle risorse e l’inquinamento. Per fare ciò occorre non interferire con l’ecosfera, limitarne l’assorbimento nel sottosistema economico – mantenendo gran parte dell’ecosistema terrestre in natura – come fonte futura per la produzione a bassa entropia di materia/energia e punto di raccolta per i rifiuti ad alta entropia, nonché come fornitore di servizi di supporto alla vita dell’uomo e habitat per le altre specie.

Laissez-faire assume quindi un nuovo significato: è l’ecosistema, non l’economia che deve essere lasciato nelle condizioni di gestire se stesso ed evolversi secondo le proprie regole. Naturalmente l’ecosistema non può essere realmente “lasciato solo” perché noi dipendiamo innegabilmente da esso per garantire vita e produzione. Tuttavia, il nostro tasso di sfruttamento deve essere limitato entro le capacità rigenerative e di assorbimento dell’ecosistema.

L’attività metabolica da e verso la natura non può continuare a crescere senza distruggere i servizi ecosistemici a un ritmo più veloce di quanto non produca benefici produttivi, tramutandosi così in crescita antieconomica. Quando il valore dei costi esterni al mercato supera il valore dei benefici interni, allora è giunto il momento di trasferire le prerogative del “laissez-faire” dall’economia all’ecosistema.

Quando l’economia è vincolata da una scala aggregata a rimanere entro i limiti imposti dall’ecosistema, potremmo allora perfezionare la sua efficienza allocativa, assorbendo i rimanenti costi esterni nei prezzi di mercato. Tuttavia è fondamentale capire che anche un’economia perfettamente efficiente con prezzi ottimali può crescere troppo perché l’ecosistema finito riesca a sostenerla, e una volta raggiunte dimensioni eccessive migliorare l’efficienza allocativa all’interno di un’economia troppo grande sarebbe come buttare i soldi al vento.