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A proposito di “nuova legge elettorale”: la truffa di un gioco senza regole certe

di Enrico Galoppini - 05/02/2014

Che gioco è mai quello in cui cambiano le regole di continuo e a seconda dei partecipanti? Cambiate da alcuni, preventivamente, in combutta, per svantaggiarne altri ai quali, però, così come ai loro sostenitori, si assicura che tutto quanto è, per l’appunto, “regolare”…

Per capirci meglio, prendiamo il gioco del calcio, che dovrebbe essere un buon esempio perché conosciuto da tutti nei suoi tratti fondamentali.

Immaginiamo un girone a quattro, composto da Italia, Spagna, Grecia e Norvegia. Una serie di partite incrociate da tenersi tutte tra Luglio e Agosto, in qualche località nel bel mezzo del Mediterraneo ed in piena canicola pomeridiana, perché così è stato stabilito in base ad un “accordo di maggioranza” tra le prime tre nazioni. Chi risulterebbe chiaramente svantaggiato?

Oppure, una situazione del tutto simile, ma a rovescio, nella quale la stessa Norvegia, assieme a Germania e Svezia, stabiliscono, col beneplacito della “autorevole” e “super partes” (!) Federazione calcistica internazionale, che negli incontri reciproci da tenersi con le squadre mediterranee si giochi solo sotto zero e col campo imbiancato! Oppure che per le medesime tre squadre, quando si trovano ad affrontare quelle dei “piccoletti” del meridione d’Europa, i goal segnati di testa valgono il doppio. Chi avrebbe tutte le ragioni per gridare alla truffa?

Si può anche cambiare sport e il discorso è lo stesso. Prendiamo l’atletica, e nello specifico le gare di fondo. Immaginiamo che ad un certo punto alcuni atleti africani, che si trovano a loro agio nel correre senza scarpe, trovino il modo, in cambio di qualche favore, di far passare la “regola”, da applicare a tutti i corridori, in base alla quale d’ora in poi tutti dovranno farsi i 10.000 metri sulla nuda pianta dei piedi! Chi taglierebbe per primo il traguardo pur essendoci stata una “gara regolare”?

Insomma, il discorso è chiaro: qualsiasi competizione, ogni gioco, deve avere delle regole certe e stabili, altrimenti ne usciranno risultati falsati, che non rispecchiano le potenzialità di ciascun partecipante.

Immaginiamo il caos che si creerebbe se, prima dell’inizio di ogni campionato, di ogni olimpiade eccetera, si dovesse riunire un ente per riscrivere daccapo le regole! Parecchi atleti, intere squadre, si troverebbero a dover praticamente rinunciare all’idea di competere, e qualora non lo facessero parteciperebbero per esprimere una pura testimonianza, consapevoli – sia loro che le relative tifoserie – che il vincitore, cioè quello che si era fatto fare le regole apposta per sé, ha truffato fin dall’inizio.

Che cosa sono allora delle “elezioni” che puntualmente, prima di essere indette, hanno bisogno di una “nuova” legge elettorale?

Sono per l’appunto un’ipocrita truffa.

Una truffa cercata metodicamente, con tutti gli artifici, i sofismi e i raggiri di cui sono capaci quei politici che sono stati messi lì col preciso scopo di occupare uno spazio che non deve finire in mano ad altri “pericolosi”.

Che soppesano in ogni modo, col bilancino di precisione, la questione del “doppio turno” coi suoi pro e contro, il tipo di preferenze che sarà concesso di esprimere all’elettore, i vantaggi o meno di un “premio di maggioranza”, lo “sbarramento” sotto una certa percentuale di voti, e via gabellando questo mercimonio per il momento più “sacro” della vita delle moderne democrazie.

Lorsignori si schermano dietro alle “questioni di principio”, come – tanto per citarne una – la necessaria “governabilità” che una legge elettorale deve assicurare. Bene, è una vita che cambiano la legge elettorale: abbiamo mai avuto qualcheduno che ha governato seriamente, con passione ed amore, l’Italia?

A meno che con “governabilità” non intendano qualcos’altro, da linguaggio per soli ‘iniziati’, che potrebbe essere tradotto così: “fare in modo che tutto vada come deve andare, cioè come ci hanno ordinato di fare i nostri padroni che ci rimpinzano di soldi”.

Infatti la democrazia si riduce a questo. A chi è più lestofante e scaltro nell’occupare le poltrone, restituendo per tutta la durata della legislatura il favore a chi, con le palanche, gli ha permesso di “vincere”.

Così, anche queste elezioni, alle quali gli italiani saranno chiamati a concorrere col loro voto dopo aver tifato per questo o per quell’altro in campagna elettorale (altra fase truffaldina della più generale presa per i fondelli), esprimeranno senz’altro una “maggioranza” (che si cuccherà il relativo “premio”, tra le altre cose attribuito in base ad alambiccati calcoli fatti e rifatti per assicurarsi che vada ad alcuni ma non ad altri). Sì, una maggioranza di camerieri con lauto stipendio e sontuosi “benefit”, mentre ci toccherà sopportare ancora una volta, nei primissimi giorni che seguiranno il voto, lo stucchevole carosello di quelli che faranno a gara nel mettere in mostra la “moralizzazione” in corso nel “palazzo”.

Se queste elezioni democratiche fossero una cosa minimamente seria, le regole sarebbero invece sempre le stesse, o comunque varierebbero nel tempo impercettibilmente, e con estrema cautela, per non creare troppi scossoni a quello che viene presentato come il “rito” per antonomasia del cittadino moderno, il quale, udite udite, sarebbe assurto ad un potere tale dal detenere anche quello di scegliere chi deve governarlo!

In poche parole, col passare del tempo hanno fatto credere – stuzzicando il mai appagato ego delle persone - che è l’uomo qualunque, il proverbiale “uomo della strada”, ma anche quello meno distratto e manipolabile ad aver bisogno di qualcheduno da “eleggere” ed al quale delegare questo meraviglioso ma misteriosamente ingestibile (!) “potere”, e non il contrario.

E qui torniamo alla metafora calcistica. È il tifoso che ha fondamentalmente bisogno delle squadre di calcio e dei calciatori, con tutto quel che ci gira attorno, o è vero il contrario?

Credo che senza sostenitori ed appassionati (quelli, insomma, che non hanno nessun tornaconto materiale e, anzi, ci hanno sempre rimesso del suo) il calcio e qualsiasi altro sport professionistico non potrebbero esistere. Gli stadi vuoti e, adesso, le “pay tv” spente, provocherebbero una repentina e drastica fine anzitempo di ogni campionato. E tutti questi padreterni di appena trent’anni che la sanno lunga al punto dal mettersi ormai anche a scrivere dei libri sulla loro vita abbasserebbero un po’ la cresta tornando a tirar quattro calci al pallone con gli amici, per divertirsi davvero e non per contare gli sghei intascati ad ogni passo che fanno.

Ecco, signori tifosi-cittadini italiani. Voi vi siete fatti prendere per le natiche per troppo tempo da questa favola.

Non siete voi che avete bisogno di loro, ma il contrario. Perché senza di voi non saprebbero più come farsi una barca di soldi alla facciazza vostra.

Non è il calcio a fare schifo, ma sono i troppi soldi che l’hanno rovinato. Così come non è la politica che è marcia di suo, ma è questo simulacro di politica che è ripugnante dato che è tutto corrotto dai troppi soldi: soldi ai politici-calciatori, soldi ai partiti-società, soldi ai media che fanno e disfanno, innalzano e abbassano, in base a quel che decide il padrone che ha in mano il cordone della borsa. Che è lo stesso del calcio e della politica: le banche. 

Ma ad alcuni tifosi-cittadini può anche andar bene così. In fondo mica sono tutti onesti patrioti, mica hanno tutti la vocazione a stare sempre all’erta e sulle barricate. Non sono tutti dei Savonarola o dei Che Guevara. Insomma, c’è anche una bella percentuale di gente corrotta e corruttibile, alla quale sta perfettamente bene che l’Italia si trasformi, da potenza all’avanguardia che era ancora fino a quarant’anni fa (per non parlare di prima della guerra), a meta del gran tour per ricchi stranieri dove si scattano fotografie alle bellezze paesaggistiche e culturali del “Bel Paese” (finché resterà qualcosa in piedi) e al “folklore” da scimuniti in cui si saranno ridotti il nostro modo di vita, il nostro “stile” e il nostro “genio”, un tempo ammirati, dopo generazioni di “modernità”, “globalizzazione” e “libero mercato”.

Questa gente trova normalissimo e anche giusto che gli altri che non condividono il loro modo d’essere e di concepire la vita politica, economica e sociale non si vedano più rappresentati in alcun modo. Sono come quei tifosi, faziosi oltre ogni limite, che nemmeno sotto tortura ammetterebbero che il rigore dato alla propria squadra è inventato di sana pianta.

Così i più turlupinati sono i tifosi delle piccole squadre, quelle che non vincono mai. Come quei partiti che non ce la fanno a superare lo “sbarramento” certamente non posto da loro; o che hanno un grosso seguito, che rischia di travolgere tutto il vecchiume fatto di… partite truccate a tavolino: ma a quel punto, dopo un girone d’andata in testa alla classifica, cominciano a fischiarti qualche strano rigore contro, ti squalificano i migliori giocatori, altri se li comprano o cercano di corromperli… Alla fine del campionato ce l’hanno fatta a farti retrocedere, col presidente in galera e i media a gestire la campagna tesa a dimostrare che non poteva che andare così.

Pensateci bene voi che bramate ardentemente uno storico epocale cambiamento per l’Italia, un ritorno alla sana politica e alla retta economia, e non ne potete più di quest’andazzo: siete come i tifosi delle “squadrette di provincia” che comunque servono – finché servono - alle “grandi” perché fanno numero, altrimenti non saprebbero con chi spadroneggiare e atteggiarsi ad onnipotenti. Ma se vincete troppo ci pensano subito a ridimensionarvi.

È quel che puntano a fare col “bipolarismo”, dove in pratica s’incontrano solo e sempre Juve e Inter, o Milan e Roma. Gli altri giochino pure nel campetto di periferia (il cosiddetto “extraparlamentarismo”, che pullula di centinaia di partiti), ed i loro tifosi o cambino squadra o s’adeguino allo status quo.

In fondo vi stanno dicendo: “non ci servite più, non ci serve più nemmeno la vostra tifoseria-voto. A noi interessano solo quelli con la sciarpa del centro-destra e del centro sinistra. E soprattutto i loro quattrini”.

Il risultato della democrazia elettorale compiuta è in definitiva un unico e ritornante derby tra due squadre che - tra un “Porcellum” e un “Mattarellum” - assorbono ogni attenzione e risorsa, anche se le loro tifoserie s’assottigliano progressivamente di numero.

Ma non è mai detta l’ultima (e lo sanno bene). Esiste sempre, a disposizione degli esclusi e degli sfruttati, l’“Incazzerellum”, una ‘legge elettorale’ infallibile, curiosamente uguale dappertutto e in ogni tempo, che garantisce miracoli alle nazioni ancora capaci di opporre una reazione.

Vogliamo provarla almeno per una volta?