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Non rischiamo nostra identità, l'abbiamo già presa a picconate da soli

di Franco Cardini - Marco Guerra - 14/09/2015

Fonte: Intelligo news


“Ma quali guerre la crisi migratoria ha motivi economici”. Questa la lettura che lo storico Franco Cardini offre ad IntelligoNews riguardo all’emergenza immigrazione. “Questa gente – sottolinea lo storico – non mette a repentaglio la nostra identità perché l’abbiamo già presa a picconate da soli”. 

Profughi, Cardini: 'Non rischiamo nostra identità, l'abbiamo già presa a picconate da soli'
Cardini, che idea si è fatto di questa crisi migratoria? 

“Come tutte le malattie è inutile una cura superficiale. Molti media fanno finta di non sapere che la crisi ha ragioni profonde, che non stanno solo nelle guerre e nelle dittature, ma soprattutto nelle ragioni economiche. In Africa il lavoro congiunto delle multinazionali e dei governi locali corrotti ha super sfruttato il territorio e ha fatto cadere molte possibilità di lavoro della popolazione, desertificando il continente. Bisogna capire che questi posti non vanno soltanto monitorati politicamente, ma anche sostenuti economicamente. Grandi gruppi che impongono mono culture  – caffè, ananas, il pesce nei grandi laghi …- rovinano l’economia di intere nazioni. Senza parlare dell’Emiro del Dubai che ha comprato i territori dei masai per ridurli a riserve di caccia. Queste cose inducono intere popolazioni a spostarsi, e poi è un gioco da biliardo come alla fine dell’impero romano…”

Si riferisce alle invasioni barbariche… può spiegarsi meglio? 

“Alcune popolazioni spingono delle altre perché le condizioni economiche sono diventate impossibili per la sopravvivenza. Allora c’era un processo di raffreddamento del terreno e quindi dei pascoli nell’Europa centrale che spinse le popolazioni più a sud. Oggi c’è il lavoro congiunto, come dicevo, delle multinazionali e dei governi locali. E la gente deve pur campare. Facevano i contadini e pescatori e ora cosa possono fare? Ora vedono la Cina che compra tutte le materie prime, le multinazionali che fruttano le monoculture”. 

Le guerre quindi c’entrano poco con questo colossale flusso migratorio?

“Ma anche sulle guerre ci sarebbe molto da dire: tutti additano il Califfato come il pericolo numero uno ma nessuno fa nulla. Si lascia combattere al Califfo ai volontari iraniani e ai curdi e gli altri si limitano a qualche raid di facciata. Eppure, se non sbaglio, nel 2003 a Bush sono bastate poche settimane e una sola delibera dell’Onu per buttare giù Saddam ed arrivare a Baghdad. Allora perché il Califfo è ancora lì dopo un anno e mezzo? Chi lo sostiene? Chi gli compra il petrolio? Chi gli evita di subire vere campagne militari su cui, in teoria, saremmo tutti d’accordo? Se non si risolvono queste cose non si può pretendere di rimandare i migranti nei loro posti di origine”. 

Questa ondata migratoria avrà ripercussioni sul futuro volto dell’Europa?

“Certo che le avrà, alla luce dei 300mila arrivi l’anno non dimentichiamo che l’Europa ha quasi mezzo miliardo di cittadini. Dunque, nonostante tutto non si tratta di numeri alti ma non ingestibili. Poi sappiamo bene che abbiamo bisogno di una forza lavoro non qualificata per i cosiddetti lavori che gli europei non vogliono fare più. Per questo serve anche un’Europa politica che sappia gestire e integrare questo flusso. Non possiamo metterli in ghetti dove dopo si daranno alla malavita, le abbiamo già viste queste cose. Gli americani e canadesi cento anni fa misero gli immigrati anche a fare i lavori di pubblica utilità. Ma adesso abbiamo le anime belle che dicono che impegnare i profughi in qualche attività sarebbe sfruttamento del lavoro, un nuovo schiavismo”. 

Ma così lei conferma i timori di chi afferma che questa massa di disperati serve proprio per creare nuovi lavoratori sottopagati e pronti a farsi sfruttare dal capitale….

“E’ anche vero, sono perfettamente d’accordo, ma allora si cerchi una risposta sul piano politico, creando delle possibilità di lavoro nei loro paesi d’origine, e soprattutto disciplinando il rapporto tra le multinazionali e i governi africani, e questo in sede di Onu si potrebbe fare. Sinceramente non credo che sia il capitalista che sfrutta chi raccoglie i pomodori a organizzare i viaggi dei migranti. Se vogliamo fare dietrologia facciamola su cose plausibili. Forse è più plausibile chi dice che i migranti ce li mandano i movimenti fondamentalisti per islamizzare l’Europa, ma anche questo non regge visto che sta arrivando un capitale umano poco qualificato. Non credo che gli europei si faranno colonizzare da questa gente qui, al ritmo di 300mila arrivi l’anno”. 

Però lo scontro più duro in seno all’Europa è proprio sull’immigrazione. La battaglia per l’identità è ancora forte? 

“Le identità non sono mai morte, perché tutti sanno che ce n’è bisogno. L’Europa per anni ha tirato picconate sulla propria identità – non ci siamo messi d’accordo nemmeno sulle radici cristiane  e su questo si è bloccato il preambolo della Costituzione europea – il che vuol dire che abbiamo identità di cui ce ne siamo sempre fregati preferendo continuare a far quattrini. Adesso ci si trova davanti a poveri cristi che non hanno nulla se non la loro identità etnica, ma non è colpa loro se la nostra ce la siamo venduta. Personalmente ritengo di aver badato alla mia personale identità: sono un toscano, italiano, cattolico. Quindi non ho alcuna paura che i migranti scippino la mia identità. Più che altro posso aver paura che qualche migrante mi scippi il portafoglio o aggredisca me o le mie figlie, perché la delinquenza quasi sempre – ma non sempre – è figlia della povertà. Certamente non ho paura che mi facciano diventare
musulmano! Abbiamo paura che ci prendano il lavoro? Bene organizziamoci e facciamo fare loro quelle attività in cui scarseggia la manodopera. E se abbiamo paura che si crei una fascia di lavoratori sottopagati significa che non sappiamo far rispettare la legge perché, fino a prova contraria,  sottopagare qualcuno in Italia è ancora reato”.