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Doping di Stato e attacco alla Russia

di Simone Torresani - 16/11/2015

Fonte: Il giornale del Ribelle

    

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L'ennesimo scandalo programmato ad orologeria è deflagrato da pochi giorni, coinvolgendo stavolta il mondo dell'atletica e dello sport della Russia, accusato di aver falsato, con la connivenza di politica e intelligence, i campioni delle provette antidoping in un laboratorio non autorizzato prima di inviarle al vero laboratorio di Mosca della WADA, la commissione mondiale antidoping.

Risultato: le medaglie dei giochi 2012 sarebbero in gran parte immeritate e quindi da revocare, inoltre ai giochi di Rio de Janeiro del 2016 la Federazione Russa non dovrebbe inviare i suoi esponenti dell'atletica leggera, questo secondo il castello delle accuse.

La realtà è sempre più complessa e meno manichea di come la vogliono far digerire alle masse occidentali, ormai immerse in una grande Matrix virtuale e disabituate al giudizio critico.

Iniziamo prima di tutto, per dovere di verità, nel dire che le accuse potrebbero essere fondate: vecchio vizio ereditato dall' URSS quello di "costruire " gli atleti con doping e farmaci e largamente usato anche dagli ex Paesi del blocco comunista: prova su tutte, le androgine atlete della defunta Germania Orientale, palesi prodotti da laboratorio divenute delle amorfità asessuali.

Nulla di più veritiero che questa piaga dilaghi ancora in massa nella Federazione Russa, coperta dalle autorità.

Se quindi la revoca delle medaglie, come punizione, risulta comprensibile e giusta, risulta altresì incomprensibile, vessatorio e diffamatorio l'accanimento a senso unico contro la Russia, in quella che ormai è una vasta strategia di demonizzazione fatta a tavolino e pronta a deflagrare a comando.

Certamente il doping di Stato è deplorevole e da sradicare, tuttavia qualcuno dovrebbe spiegarci perché solo ora, autunno 2015, si abbia iniziato a tirar fuori la polvere da sotto il tappeto, quando dai giochi del secondo dopoguerra sino a Seoul 1988 (gli ultimi prima della caduta del Muro) il doping di Stato nel mondo della "cortina di ferro" era un segreto di Pulcinella.

Come mai ad esempio nel 1988, quando l'URSS era un cane che ancora poteva abbaiare e mordere (seppur coi denti già spuntati) si squalificava un canadese Ben Johnson, mettendolo al ludibrio pubblico per doping e non si guardava nell' orticello di tedeschi orientali, sovietici, cecoslovacchi, le cui molte performances avrebbero legittimamente dovuto essere considerate dubbie?

Assurda, ridicola, clownesca pure la proposta di escludere i russi dall' atletica (la "regina delle Olimpiadi") a Rio 2016.

Allora dovremmo pure sospendere i campionati di calcio in Italia, visto che negli ultimi 10 anni le classifiche le decidono i giudici del TAR e i curatori fallimentari dei tribunali a fine campionato, mentre durante il campionato sono i "giri" degli scommettitori in combutta coi calciatori a decidere buona parte dei risultati: con lo stesso metro di giudizio, la FIFA e l' UEFA dovrebbero escludere la nazionale italiana dall' Europeo del 2016 e dalle qualificazioni ai mondiali 2018 e soprattutto revocare la Coppa del Mondo vinta nel 2006, all' indomani di un grande ed ennesimo scandalo.

E andando più in là, dovremmo escludere e sanzionare questo, quello e quell' altro, sino a tirare la saracinesca sul mondo dello sport, ormai ridotto a una macchina mercificata di sponsor, diritti TV, multinazionali, marketing, quattrini e rispolverare il nascondino, le biglie e le bocce come attività ludiche.

Qualcuno potrebbe fare spallucce, dire che in fondo si tratta solo di giochi olimpici, di qualche medaglia, di uomini e donne che corrono o saltano con l'asta.

Sbagliato: nel mondo moderno si tratta di qualcosa di più, molto di più, di persone che saltano con l'asta o di 11 giocatori che corrono dietro ad un pallone.

Sport e politica, a differenza che nell' antica Olimpia, si sono ormai fusi in una cosa sola.

La scelta di colpire la Federazione Russa nel medagliere olimpico non è casuale e rientra in una strategia a vasto raggio che passa anche dal prestigio di immagine sportiva.

Le Olimpiadi sono una metafora del mondo postmoderno globale: una gara esasperata di tutti contro tutti, per accaparrarsi podi e medaglie a mani basse, una competizione in cui sono leciti i tiri mancini e i colpi bassi per la vittoria, dove sempre un ristretto numero di Paesi lotta per il medagliere: gli altri, sono delle comparse da eliminare nelle batterie (tra questi ultimi, in epoca recente si è aggiunta pure una nazione chiamata Italia).