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Reinventare il sistema finanziario

di Mauro Poggi - 10/01/2016

Fonte: Appello al Popolo

 


 

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Da Appelloalpopolo del 3-1-2016 (N.d.d.)

 

Ellen Brown è la fondatrice del Public Banking Institute, un’organizzazione non-profit che intende diffondere nell’opinione pubblica l’idea di un sistema finanziario fondato su banche di interesse pubblico, dove il controllo della moneta e del credito sia appannaggio dello Stato e della collettività anziché dei privati, come pre-condizione per una prosperità sostenibile e condivisa. Sull’argomento ha pubblicato diversi libri e scritto alcune centinaia di articoli apparsi sul suo blog, The Web of Debt.

In un recente articolo, di cui propongo un ampio riassunto, Ellen Brown descrive alcuni dei tentativi in corso per cambiare i paradigmi finanziari stabiliti dall’Occidente. Al di là del successo che tali tentativi potranno avere, e senza entrare nel merito dell’effettiva bontà delle soluzioni proposte, essi segnalano la crescente consapevolezza che un modello finalizzato alla predazione sistematica di individui e nazioni non è più sostenibile, e che è necessario escogitare modelli alternativi.

L’auspicio è che questa riflessione continui e si generalizzi. Nulla rende un sistema inattaccabile più della convinzione diffusa che esso sia tale per natura. […]

In un articolo del 22/11/2015, su New Eastern Outlook,  lo storico ed economista William Engdahl parla di dibattito sulla ricerca di modelli finanziari alternativi:

“Un importante dibattito è in corso in Russia da quando, nel 2014, hanno avuto inizio le sanzioni finanziarie occidentali contro banche e società russe. […] La proposta, che assomiglia sotto molti aspetti al modello islamico della finanza senza interessi, è stata resa nota la prima volta nel dicembre 2014, davanti alla grave crisi del rublo e con il prezzo del petrolio in caduta libera. Da agosto, ha ricevuto un’enorme spinta dall’appoggio espresso dalla Camera di commercio e industria russa“.

Engdahl nota che le sanzioni del 2014 hanno forzato esperti e funzionari russi a riesaminare il loro sistema finanziario in termini radicali. Come la Cina, la Russia ha sviluppato una versione interna di pagamenti interbancari di tipo SWIFT, e sta considerando ora un piano di ristrutturazione del proprio sistema bancario. Il nuovo modello ricalcherebbe quello islamico, dove l’interesse è vietato, i rapporti fra banca e utente si sviluppano in termini di partecipazione al rischio di impresa e le parti condividono tanto i profitti quanto le perdite. Si creerebbero una nuova istituzione finanziaria a basso profilo di rischio, che controllerebbe le transazioni, e fondi di investimento o società che investirebbero all’origine, organizzando il finanziamento dei progetti. La priorità sarebbe il finanziamento dell’economia reale, e le attività speculative verrebbero vietate.

Egdahl osserva che gli attacchi occidentali stanno orientando la Russia verso un radicale e stimolante ripensamento di tutti gli aspetti legati alla propria sopravvivenza, un processo di revisione che può produrre una trasformazione del proprio modello finanziario atta a salvaguardarla dai “mortali effetti” collaterali del sistema attuale.

Anche l’Islanda sta studiando una radicale revisione del suo sistema finanziario, dopo avere sofferto gli effetti devastanti della crisi del 2008, quando le sue banche più importanti sono saltate. Scrive il Telegraph (marzo 2015):

Il governo islandese sta considerando una proposta rivoluzionaria: togliere alle banche commerciali il potere di creare moneta e riservarlo alla sola Banca centrale. La proposta, che rappresenterebbe una svolta nella storia della finanza moderna, è in un rapporto scritto da un deputato del partito al governo che ha per titolo “Un migliore sistema monetario per l’Islanda”. “I risultati saranno un importante contributo alle prossime discussioni, qui e altrove, sulla creazione della moneta e sulle politiche monetarie”, ha detto il Primo ministro, Sigmundur David Gunnlaugsson, che aveva commissionato il rapporto con l’obiettivo di porre fine a un sistema finanziario responsabile di una serie di crisi, compresa quella del 2008.

Secondo la proposta, la Banca centrale del paese diventerebbe l’unica fonte di emissione di moneta. Le banche continuerebbero a gestire conti e pagamenti e operare da intermediatori fra risparmiatori e mutuatari. La proposta è una variante del Chicago Plan suggerito da Kumhof e Benes del FMI.

Iniziative per le banche pubbliche in Islanda, Irlanda e UK

La principale obiezione circa l’opportunità di sottrarre alle banche private il potere di creare moneta digitale quando accordano prestiti è la possibile riduzione della disponibilità del credito, in un’economia già di per sé asfittica. Il problema però non si porrebbe se le banche, tutte o in parte, venissero nazionalizzate. Esse continuerebbero allora a creare moneta digitale attraverso l’erogazione del credito, ma agirebbero in quanto filiali della Banca centrale, e i profitti dell’attività di intermediazione sarebbero disponibili per la collettività, sul modello dell’americana Bank of North Dakota o delleSparkassen tedesche.

In Irlanda tre partiti politici – Sinn Fein, Green Party e Renua Ireland – stanno ora supportando le iniziative per una rete di banche locali pubbliche.

Nel Regno Unito la New Economy Foundation (NEF) propone che la fallita Royal Bank of Scotland sia trasformata in una rete di banche di interesse pubblico.

Ancora, la nazionalizzazione delle banche è parte del programma del nuovo partito islandese Dawn, nato dai movimenti di protesta del 2008.

Da quando nel 2000 l’Ecuador ha deciso l’adozione del dollaro come moneta legale ufficiale, sono necessarie intere navi cariche di banconote americane per far fronte alle necessità commerciali del paese. Per rimediare all’inefficienza del sistema, il governo del presidente Correa ha stabilito l’implementazione di quella che sarà la prima moneta nazionale digitale al mondo. Diversamente dai Bitcoin o altre cripto-valute del genere (che nel paese sono illegali), il dinero electrònico è gestito e sostenuto dal governo. La moneta digitale ecuadoriana è più simile al servizio  M-Pesa, creato in Africa dalla Vodafone per agevolare lo scambio di denaro fra gli utenti di telefonia cellulare.

Contrariamente alle Banche centrali occidentali, che operano solo con le banche commerciali ma non sono accessibili al pubblico, nel caso della Banca centrale dell’Ecuador ogni cittadino ha ora la possibilità di accendervi un conto: basta che si rivolga a un istituto autorizzato dove potrà scambiare contante con moneta elettronica che gli verrà messa a disposizione sul cellulare. Banca centrale e altri istituti finanziari, a maggio 2015, hanno ricevuto disposizioni di adottare il sistema di pagamento digitale entro il 2016.

Secondo fonti governative “La moneta elettronica stimolerà l’economia. Sarà possibile attrarre più cittadini ecuadoriani, specie quelli che non possiedono conti correnti o di risparmio e carte di credito. La moneta elettronica sarà garantita dalle attività della Banca centrale dell’Ecuador“.

Non esiste dunque il rischio di bancarotta, o corsa agli sportelli o salvataggi interni (bail-in), né possono darsi svalutazioni derivanti da vendite speculative allo scoperto. Il governo ha stabilito che la nuova moneta digitale può essere scambiata con il dollaro in qualunque momento, al cambio  prefissato di 1:1.

Il presidente dell’Associazione bancaria ecuadoriana ha espresso la preoccupazione che la moneta digitale potrebbe essere usata dal governo per finanziare il debito pubblico. Tuttavia il governo ha assicurato che non accadrà.

Come ha osservato un dirigente della Banca centrale, in qualunque altro paese la moneta digitale è fornita da compagnie private, ed è molto cara. Ci sono barriere all’ingresso, e commissioni proibitive. Il dinero electrònico invece è qualcosa che ognuno potrà usare a buon mercato e indipendentemente dall’operatore: “Lo abbiamo creato perché volevamo un prodotto democratico“.