De Benoist


Il movimento di pensiero a cui ci si riferisce parlando di Nuova Destra, a prescindere dalle numerose trasformazioni e maturazioni che ne caratterizzarono il tragitto e l’evoluzione storica, tentò costantemente di intendere il concetto di destra, politicamente e culturalmente, come portatore di una «Weltanschauung e non di una filosofia politica», il cui tratto principale sarebbe quello di essere fortemente caratterizzato da una «mentalità fondatrice di valori, dalla capacità di tradurre nei vari piani dell’esperienza una visione del mondo e della vita» [1]. Questa concezione politica e filosofica rimase alla base del tentativo degli animatori della corrente, sia in Francia che in Italia, di creare una comunitàintellettuale e di pensiero che si riconoscesse in determinati principi capaci di rappresentare una «concezione del mondo all’interno della quale si delinea una pluralità di trasposizioni filosofiche, ideologiche, religiose», che trasportano con sé una specifica teoria dell’uomo e del suo rapporto con il cosmo e con il mondo[2]. All’interno di questa rappresentazione della realtà politica e filosofica, che sta alla base anche della scelta di impegnarsi esclusivamente nell’attività metapolitica e nella «riacquisizione della cultura» [3], alla vera e propria scienza economica è riservato un interesse relativo, tanto che gli studi e gli interventi incentrati su argomenti specifici ad essa immediatamente riconducibili risultano sicuramente marginali rispetto all’impressionante quantità dei temi ai quali è stata dedicata l’attenzione della corrente. Tuttavia, da un punto di vista più generale, non si può sostenere che la Nuova Destra non sia mai entrata nel dibattito economico, anzi, la sua veemente e costante critica al sistema liberale, al modello di sviluppo imposto dall’Occidente al resto del mondo, agli «effetti devastatori della mondializzazione» ed al sistema capitalista come ossatura di una civilizzazione che ha fatto «dei valori economici, finanziari e mercantili le norme indispensabili della sua visione del mondo», ha costituito un’analisi ed una riflessione che ha profondamente integrato questioni economiche nella sua griglia interpretativa della realtà politica e sociale [4]. In linea di massima, la Nuova Destra, in maniera connaturata alla sua struttura di un movimento di pensiero aperto e non dogmatico, non si dotò mai di una dottrina o di una proposta economica basata su uno schema preciso o su una teoria complessa e ben delineata, ciò nonostante, al di là dei singoli studi e degli accostamenti di alcuni suoi esponenti all’uno e all’altro autore, la materia economica venne sempre trattata di riflesso, filtrata cioè da analisi ed interventi più nettamente filosofici o politici, di modo che le più approfondite considerazioni economiche si trovano a rappresentare solamente delle parti all’interno di una visione del mondo che si esplica pienamente solo nell’intervento metapoliticoprivilegiato dalla corrente. Alla base di un tale atteggiamento nei confronti dell’economia e delle dottrine ad essa correlate, si colloca una radicale «avversione alla concezione mercantilistica dell’esistenza», ed una ferma negazione dei principi materialistici che costituiscono il fondamento necessario di teorie politiche quali il liberalismo o il marxismo. In questo senso la visione del mondo della Nuova Destra respinge in maniera radicale la deriva consumistica dell’odierna società di massa che sembra poggiarsi sull’ideale dell’homo oeconomicus, o appunto dell’homo consumans, fino a rimettere completamente in discussione il concetto stesso di Occidente che invece animava in origine quei movimenti dell’estrema destra francese dalle cui fila emersero i principali esponenti della Nouvelle Droite. E’ infatti anche grazie a questa impostazione ideologica e di valore, che ricusa e rifiuta il primato dell’economico sul politico, che gli interventi degli autori riconducibili all’area neodestrapotranno avventurarsi in animate riflessioni su numerose tematiche come l’individualismo e la comunità, la globalizzazione e le sue conseguenze, lo sviluppo storico del capitalismo, l’ecologia e il rapporto fra l’uomo e la tecnica, fino all’antiamericanismo ed all’identificazione del liberalismo come il principale nemico.
Nonostante questa impostazione costituisca senza ombra di dubbio una premessa necessaria che resta stabilmente viva nelle fondamenta di entrambe le varianti del movimento di pensiero, esistono, e si riconoscono nella ricostruzione storica, delle costanti e delle differenze, di metodo e di contenuti, sia fra la più matura Nouvelle Droite e l’omologa italiana, che all’interno della stessa evoluzione del pensiero di Alain de Benoist, il principale intellettuale della corrente culturale francese. Se, infatti, le due esperienze sono indubbiamente accomunate dal fatto di avere avuto un atteggiamento nei confronti dell’economia più di distruzione che di costruzione, impostato cioè in maniera preminente sulla critica del sistema mercantilista vigente che sull’elaborazione di dottrine economiche alternative, la versione francese è stata nel complesso molto più attenta allo studio della scienza in genere e, quindi, ha sviluppato anche delle riflessioni sulle scienze economiche più approfondite ed articolate. Tuttavia, anche sul versante francese, fra i maggiori esponenti del GRECE, la società di pensiero attorno a cui si articolavano le attività della Nouvelle Droite, non si trova praticamente nessun economista puro, la cui presenza resta oltremodo scarsa anche nel Comité de patronage della rivista«Nouvelle École», che pure si avvalse della partecipazione di svariati nomi prestigiosi provenienti dal mondo accademico ed intellettuale. Se, quindi, da una parte, si può riscontrare una sorta di sprezzante disinteresse per l’elaborazione di teorie economiche specifiche, strutturate e coerenti, dall’altra si può rilevare come grandissima mole della riflessione ideologica e dottrinale della Nuova Destra costituisca una sorta di filtro interpretativo atto a scardinare criticamente sia i presupposti dell’ideologia liberale che il capitalismo stesso considerato come suo necessario corollario economico.

La Nouvelle Droite: dal “nemico principale” alle nuove sintesi

La Nouvelle Droite, fin dalle sue origini, ha sempre cercato di impegnarsi intensamente nello studio e nel confronto con la scienza in genere ed il suo atteggiamento nei confronti delle visioni economiche è rientrato in questa prospettiva di metodo. Si può inoltre riscontrare un’interessante evoluzione nel pensiero politico di Alain de Benoist, le cui posizioni hanno da sempre fornito il nucleo dottrinario edificante attorno al quale ha gravitato l’impianto ideologico della formazione, che è giunto, negli ultimissimi anni, ad indagare e valutare teorie emergenti e di stretta attualità come l’ecologia, gli obiettivi della decrescita ed il comunitarismo.
L’editoriale del primo numero di «Nouvelle École» dedicato all’economia, probabilmente scritto dallo stesso de Benoist, impone all’analisi del fenomeno economico un taglio singolare che prende spunto dagli interessi sulle lingue indo-europee che hanno caratterizzato il primo periodo di gestazione della rivista. Partendo dalla costatazione che nelle lingue indo-europee non esistono «parole comuni per designare il commercio e i commercianti» e che gli affari economici erano considerati come «un’occupazione che non risponde a nessuna delle attività consacrate o tradizionali», l’editoriale passa a ricordare che, nel pensiero dell’antichità classica, il negoziato commerciale era considerato «indegno» per l’uomo, poiché, al suo interno, la volontà del soggetto non derivava più da una libera relazione fra sé ed il cosmo, ma veniva inficiata dagli automatismi del mercato stesso e di conseguenza era costretta a passare «per la volontà degli altri». L’autore prosegue affermando che la vita economica si è sempre ritrovata «brutalmente condizionata dalla morale d’ispirazione metafisica», ed in questo senso il cristianesimo prima, ed il protestantesimo poi, hanno, in forme diverse, imposto nel campo economico delle conseguenze fondamentali, come ha ben messo in luce Max Weber, che hanno condizionato l’intero sviluppo della società contemporanea e determinato l’avvento del dominio dei valori mercantili [5]
Nel 1977 vide la luce in Francia una delle opere fondamentali di Alain de Benoist, Visto da destra, che in sostanza ne riassume, e lo approfondisce, il cammino intellettuale ed ideologico svolto dal maître à penser della Nouvelle Droite fino a quel momento.  Anche in queste pagine all’economia in senso stretto è dedicato uno spazio relativamente esiguo, ma si può leggere un’importante critica rivolta alla società dei consumi che verrà sviluppata in seguito in maniera più articolata. Le considerazioni di de Benoist prendono avvio dal tentativo di analizzare comparativamente i due principali sistemi economici vigenti all’epoca della Guerra Fredda, il capitalismo ed il marxismo, un confronto che comunque, a suo parere, risulta sempre «falsato», poiché:
«Il marxismo è un sistema completo. Comprende una filosofia generale, una morale, una concezione della politica e dello Stato, eccetera. Il capitalismo resta innanzitutto una dottrina economica. Lascia senza risposta le questioni eterne. Fornisce mezzi di sussistenza, ma non ragioni di vita. Nondimeno, l’economia non è neutra. Anche la vita economica ha un corpo e un’anima».
Nell’odierna società dei consumi, maturata dall’evoluzione del sistema capitalista che ha eretto la dimensione economica a parametro decisivo a scapito persino della volontà politica, e che ha generato delle diseguaglianze ancora più opprimenti di quelle che intendeva cancellare, non si possono sorvolare l’insoddisfazione latente e gli aspetti negativi più evidenti, che secondo de Benoist si possono riassumere in questi termini:
«Il consumo totale e simultaneo dell’avvenire (fenomeno del credito) e del passato (si “consuma” tutto quello che le generazioni precedenti hanno trasmesso in eredità, senza preoccuparsi di ritrasmettere), la creazione dei bisogni artificiali eccessivi ed il sistema dell’usura incorporata (planned obsolescence), il totalitarismo di fatto dei media. (…) Il “consumo” non pare infine esecrabile a molti se non perché è stato eretto a valore dominante, perché la sfera delle attività economiche si è imposta ad ogni altra sfera, approfittando dell’indebolimento – che ha contribuito a provocare – della funzionesovrana, cioè del potere politico. (…) Una nuova forma di dominio che appare insopportabile. (…) la riduzione del politico all’economico conduce a fare del criterio di redditività il criterio di ogni attività o più esattamente a ridurre la redditività ai suoi aspetti economici, e più particolarmente ai suoi aspetti economici immediati. Il che comporta la sottovalutazione dei costi marginali dei beni non-mercantili»[6].
Qualche anno più tardi, nel 1980, lo stesso de Benoist, diede alle stampe un nuovo volume, Le idee a posto, una raccolta di scritti precedentemente pubblicati su varie testate, con l’intenzione di fare chiarezza sulle linee guida del proprio pensiero politico a seguito della confusione che si era scatenata con quella campagna di stampa che, caratterizzata dalla «pratica del sospetto» e da vere e proprie «operazioni di demistificazione», si era abbattuta nel 1979 sulla Nuova Destra [7]. Nell’opera appare uno scritto dove, ancora una volta attraverso la comparazione con il marxismo, vengono duramente attaccate le teorie liberali, colpevoli, a parere dell’autore, di aver imposto all’uomo una visione del mondo avulsa da ogni dimensione spirituale e portatrici di quell’egualitarismo astratto che ha, da sempre, costituito uno dei maggiori bersagli del GRECE:
«La concezione dell’uomo come “animale/essere economico” (L’homo oeconomicus di Adam Smith e della sua scuola) è il simbolo, il segno stesso, che connota contemporaneamentecapitalismo borghese e socialismo marxista. Liberalismo e marxismo sono nati come due poli opposti di uno stesso sistema di valori economici; l’uno difende lo “sfruttatore”, l’altro difende lo “sfruttato” – ma in entrambi i casi non si esce dall’alienazione economica. Liberali (o non-liberali) sono d’accordo su di un punto essenziale: per loro la funzione determinante di una società è l’economia. E’ l’economia a costituire l’infrastruttura reale di ogni gruppo umano. Sono le sue leggi a permettere di valutare “scientificamente” l’attività dell’uomo (…) i marxisti assegnano il ruolo predominante al sistema di produzione; i liberali, dal canto loro, lo assegnano al mercato. Sono il modo di produzione o il modo di consumo a determinare la struttura sociale. All’interno di questa concezione, il benessere materiale è il solo scopo che la società civile acconsenta ad assegnarsi».
In queste pagine comincia a delinearsi una impostazione ideologica, che trovò una piena esposizione solamente più tardi con la pubblicazione dell’articolo Il nemico principale, che vide le posizioni di de Benoist allontanarsi progressivamente dall’anticomunismo classico, tipico della destra tradizionale, per svoltare su un sistema di valori criticamente costruito sulla negazione del liberalismo e della società mercantile da esso sviluppata. Per de Benoist una tale dottrina economica, come visto anche in precedenza, non può assolutamente essere neutra, ma deve necessariamente fondarsi su un sistema di valori e su una concezione dell’uomo che ne devono costituire le premesse. Il liberalismo, infatti, attraverso l’idea che l’uomo ricerchi il proprio vantaggio individuale in maniera «naturale», erige l’economia al rango di una sorta di scienza antropologica dove non potrebbero agire i fattori umani non razionalmente afferrabili. Tuttavia, in un caso del genere, l’uomo non sarebbe più padrone del proprio destino, bensì «l’oggetto di “leggi economiche”» ed il suo «divenire storico» sarebbe così agito e modellato da dati anch’essi puramente economici, in cui il mondo e la storia dovrebbero procedere «necessariamente verso un maggior progresso». In questo senso de Benoist, sulla scia di Henry Lepage, vede nell’economicismo  una sorta di «laicizzazione» della teoria giudeo-cristiana che, a suo tempo, aveva traumaticamente introdotto una visione «lineare» della storia in opposizione alla visione «circolare» tipica del mondo antico. Allo stesso modo il liberalismo porta in grembo l’idea dieguaglianza, basata sulla constatazione logica che «se gli uomini non fossero fondamentalmente eguali, non sarebbero tutti capaci di agire “razionalmente” secondo il “loro maggior interesse”», ma anche in questo caso, nella costruzione di de Benoist, essa è stata strappata dalla «sfera teologica» per venire a sua volta «laicizzata e ricondotta sulla terra in nome di una metafisica profana» [8]
Altra opera di grande incidenza per far luce sulle visioni economiche della Nouvelle Droite è quella che scaturì dalla penna di Guillaume Faye, all’epoca altro insigne membro del GRECE: Il sistema per uccidere i popoli del 1981. Secondo Faye, dalla fine della seconda guerra mondiale, si sarebbe pienamente sviluppato in tutta la sua forza un Sistema su scala planetaria che egli definisce in questi termini:
«La caratteristica precipua del Sistema, che oggi esercita la sua azione alienante e repressiva in gradi diversi su tutti i popoli e tutte le culture, è in effetti quella di essere costituito da un insieme di strutture di potere – di carattere principalmente economico e culturale, ma anche direttamente politico, tramite le grandi potenze e le istituzioni internazionali – completamente inorganico, funzionante in modo meccanico, senza altro significato che la propria sopravvivenza ed espansione in vista di un’uscita definitiva dell’umanità dalla storia (…) le espressioni particolari del suo potere sociale sono (…) il monopolio dell’informazione e l’uso repressivo del potere culturale» [9].
La descrizione non può non ricordare da vicino le caratteristiche della Megamacchina «tecno-socio-economica» delineata da Serge Latouche, che sarebbe ormai divenuta «un bolide che marcia a tutta velocità ma ha perso il guidatore», i cui effetti determinano delle «conseguenze distruttive non solo sulle culture nazionali, ma anche sul politico e, in definitiva, sul legame sociale, tanto al Nord quanto al Sud» [10]. Nello stesso senso la «piovra gigante» di cui parla Faye, attraverso dinamiche come «l’invasione della tecnica» o la diffusione di una mitologia fondata sull’illusione dell’esistenza del «migliore dei mondi», che non sarebbe altro che la consacrazione della way of life occidentale, starebbe lentamente stritolando «tutte le popolazioni ancora radicate nella propria specificità», omogeneizzando ed appiattendo ogni forma di differenzazione culturale e di legame tradizionale, che hanno da sempre costituito l’identità propria di ogni civiltà, mediante l’imposizione di un unico modello di sviluppo e di progresso [11]. La principale arma in mano al Sistema per assoggettare tutti i popoli della terra “uccidendone l’anima” è una subdola forma di penetrazione culturale che tende ad omologare innanzitutto i costumi, e quindi, in conformità al vigente complesso economico, i consumi.
Un ulteriore passaggio decisivo, come già rilevato in precedenza, si deve inoltre identificare nell’articolo che de Benoist pubblicò nel 1982 sulla rivista «Éléments». Queste pagine segnano una svolta risolutiva per la Nouvelle Droite e lo sganciamento definitivo e totale dalle posizioni della destra tradizionale francese, sempre più arroccata in un radicale anticomunismo e nella scelta atlantista in campo geopolitico. L’ideologo del GRECE sostiene che l’Europa degli anni Ottanta è un territorio occupato da due superpotenze fin dall’ordine internazionale instaurato a Yalta, tanto che «dire che l’Europa è oggi occupata a Est è una menzogna per omissione. La verità è che l’Europa è occupatamilitarmente e ideologicamente a Est, economicamente e culturalmente a Ovest». Emerge in queste righe quel radicale antiamericanismo che aveva, da sempre, contraddistinto le posizioni ideologiche di de Benoist, che vedeva negli USA il principale vettore della tanto osteggiata società mercantilista. Una impostazione del genere si traduce nel tracciare una strada da percorrere per l’Europa, che non poteva essere altro che una «terza via» dove il continente potesse diventare finalmente «una potenza autonoma, indipendente, volontaria e imperialmente sovrana». In questa prospettiva diviene obbligatorio per la Nouvelle Droite «gerarchizzare gli avversari», designare cioè il nemico principale in un «atto di coraggio e di lucidità elementare», individuando il sistema politico, fra i  modelli socio-economici delle due superpotenze, «meno favorevole all’universalismo all’egualitarismo e al cosmopolitismo», quello che sia cioè meno decisivo nel provocare la «disgregazione sociale e losgretolamento delle identità», la cui diffusione non condurrebbe altro che alla «fine della storia». Per il GRECE
«Il nemico principale (…) sarà quindi il liberalismo borghese e “l’Occidente” atlantico-americano, di cui la società-democratica europea non è che uno dei più pericolosi surrogati. (…) L’America non è una nuova Roma, ma una nuova Cartagine. Noi saremo sempre per Roma, contro Cartagine» [12].
Nel 2000 Alain de Benoist cercò di rilanciare l’immagine della Nouvelle Droite, che nel corso degli ultimi tempi era stata fortemente indebolita da un’altra campagna denigratoria, scatenata dalla stampa francese nei suoi confronti fin dal 1993. Il GRECE inoltre era rimasto scosso e ridimensionato, verso la fine degli anni Ottanta, da numerosi allontanamenti. Attraverso la pubblicazione di due manifesti programmatici, il primo pubblicato sul n. 94 di «Éléments», firmato da Alain de Benoist e da Charles Champetier, dal titolo La Nouvelle Droite de l’an 2000, ed il secondo incluso nel volumetto Manifesto per una rinascita europea, il movimento di pensiero che si era riunito fin dal 1968 attorno al GRECE, cercava di orientarsi attorno ad un riepilogo delle proprie attività ed ad una messa a punto delle sue posizioni principali [13]. Nonostante questo tentativo la Nouvelle Droite nel suo complesso e l’associazione GRECE, attorno alla cui effettiva composizione odierna «regna il vago», risultarono sempre più portare l’impronta decisiva del proprio filosofo principale, nella cui orbita continua a gravitare il «nocciolo duro» delle iniziative metapolitiche, tanto che risulta quantomeno difficile riferirsi ancora storicamente e politicamente ad un movimento di neodestra, come quello che si era benissimo potuto identificare fino a questa data, mentre è divenuto più interessante e suggestivo tentare l’indagine delle ultime sintesi a cui è approdato il pensiero politico di Alain de Benoist [14]. Gli ultimi saggi del filosofo francese, infatti, si articolano attorno ad una critica sempre più serrata nei confronti del sistema economico capitalista, della globalizzazione e delle dottrine liberali, per approdare a posizioni che abbracciano l’ecologia, il comunitarismo o l’idea della decrescita. Nell’articolo Il liberalismo contro le identità collettive, intessuto da forti connotazioni antiutilitariste, de Benoist nega fermamente il potere regolatore del libero mercato che sta alla base dell’ideale economico capitalista e che si manifesterebbe attraverso quella che Adam Smith ha chiamato la mano invisibile, il cui potere è ritenuto capace di portare una giustizia sociale fra gli uomini. Così nelle teorie liberali:
«Il mercato può infatti essere considerato alla stregua di una legge regolatrice dell’ordine sociale senza legislatore. Regolato dall’azione della “mano invisibile”, neutra per natura perché non incarnata da individui concreti, esso instaura a sua volta una modalità di regolazione sociale astratta, fondata su “leggi” obiettive che si presume permettano di regolare le rela