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Cambio di paradigma

di Guido Dalla Casa - 31/05/2017

Cambio di paradigma

Fonte: Arianna editrice

 

Il paradigma cartesiano-newtoniano 

    Il paradigma tuttora caratteristico della cultura occidentale è quello cartesiano-newtoniano, così battezzato dal noto fisico Fritjof Capra (l’autore de Il Tao della fisica) nel suo libro Il punto di svolta, pubblicato in italiano nel 1984. Questo paradigma è  lo schema mentale attraverso il quale vengono oggi visti ed interpretati tutti gli eventi.

   Capra è invece sostenitore di un paradigma sistemico-olistico, che si ispira anche alle idee dell’antropologo-filosofo inglese Gregory Bateson.

    Il paradigma cartesiano-newtoniano inquadra il pensiero e le conoscenze considerando l’universale come una macchina, con l’eccezione della sola parte mentale dell’uomo che la osserva “dall’esterno” e la può manipolare.

   Infatti il pensiero corrente è ancora oggi in gran parte ancorato alla visione del mondo che consegue dall’opera di Newton, sia per quanto riguarda i concetti di spazio e di tempo, sia perché viene attribuita a gran parte dei fenomeni una natura essenzialmente meccanica. Inoltre, alla base della scienza - nella sua versione ufficiale e divulgata - sta il dogma che il mondo materiale sia oggettivamente esistente, in modo del tutto indipendente dal mondo mentale-psichico-spirituale: la scienza di Newton ha cioè come premessa scontata l’accettazione del dualismo cartesiano. Tutto l’universo, compresa la Natura vivente sulla Terra, è assimilabile a una gigantesca macchina smontabile e ricomponibile: come conseguenza, la natura è priva di ogni rilevanza morale. L’uomo non ne fa parte, ma è qualcosa di superiore. Cartesio considerava “macchine” anche gli altri esseri viventi.

  Vedremo che le conoscenze attuali rendono insostenibile questo sottofondo di pensiero, ma l’Occidente divulga ancora il paradigma in cui era inquadrata la scienza alla fine dell’Ottocento: l’universale è una gigantesca Macchina con l’optional del Grande Ingegnere. E’ composto di altre “macchine” più piccole, ma è sempre di natura materiale, divisibile in parti e manipolabile. Il mondo viene esaminato in modo lineare scomponendo il complesso nel semplice, riducendo il tutto in parti (riduzionismo). Fino all’inizio del Novecento, l’universale fisico veniva risolto in “particelle” e “vuoto”.

   La mente era considerata una specie di prodotto del cervello umano.

   La premessa essenziale della fisica classica che ha resistito come un dogma fino quasi alla metà del ventesimo secolo è che esista un mondo reale e oggettivo dotato di proprie leggi di funzionamento. Compito dell’osservatore è scoprire queste leggi oggettivamente esistenti. I fenomeni avvengono nello spazio e nel tempo, entità assolute, indipendenti ed esistenti in sé (Newton).

I primi tre decenni del Novecento

  Dal 1900 al 1930, più o meno, sono avvenuti, partendo soprattutto dalla fisica, rivolgimenti del pensiero scientifico conseguenti a formulazioni teoriche, sempre confermate,  che hanno falsificato il paradigma cartesiano-newtoniano: tale modifica è tuttora in corso e procede molto lentamente. Sono i famosi Trent’anni che sconvolsero la fisica, titolo di un felice libro divulgativo di George Gamow.

   Con la relatività speciale o ristretta, enunciata da Einstein nel 1905, la fisica meccanicista o classica ha cominciato a vacillare: spazio e tempo hanno perduto ogni connotazione assoluta, materia ed energia sono diventate la stessa cosa.

   Con la relatività generale, formulata da Einstein nel 1916, la gravitazione, vista da Newton come una forza (e anche un campo), diventa la geometria dello spaziotempo.

    Quanto accennato finora non ha mai intaccato il principio cartesiano fondamentale di netta separazione fra un osservatore (mente) e un osservato (materia, o materia-energia). La rivoluzione di Einstein è notevole, ma siamo ancora ben legati alla visione cartesiana. Materia ed energia sono state unificate, ma il dualismo principale resta netto: c’è un mondo energetico-materiale oggettivo, che viene esplorato da una mente umana separata.

   Inoltre si continuano a considerare ovvie l’impenetrabilità dei corpi (cioè il dualismo vuoto-pieno) e la logica “A non è non-A”. Si pensa che gli atomi siano composti sostanzialmente da alcune particelle fisse o rotanti in un oceano di “vuoto”. Si continua a dividere ogni problema, ogni cosa, ogni processo in parti, senza tener conto che qualunque suddivisione risente di qualche “pregiudizio” e non può essere neutrale e valida universalmente. Le entità non-quantificabili e non-misurabili sono ancora sostanzialmente negate. Quindi, dopo la relatività, il modello non è più newtoniano ma è ancora ben saldamente cartesiano.

   In quegli anni ebbe origine anche la fisica quantistica, che avrebbe portato alla fine della visione cartesiana del mondo, fine non ancora realizzata nel pensiero corrente. E’ noto che Einstein non accettò mai la fisica quantistica, malgrado le evidenze già presenti prima della sua morte. L’affermazione “Dio non può aver giocato a dadi con l’Universo” manifesta la sua resistenza a questo profondo cambiamento, anche se il suo Dio era “il Dio di Spinoza”, secondo la risposta che lo scienziato diede al rabbino di New York alla fine degli anni Trenta del secolo scorso.

La fisica quantistica

      Nel 1927 il fisico tedesco Werner Heisenberg formulò per la prima volta il suo famoso principio di indeterminazione, poi inquadrato da Niels Bohr nell’interpretazione di Copenhagen. E’ impossibile, anche in linea teorica, separare il fenomeno dall’osservazione. Come dire, è impossibile distinguere la mente dalla materia. Ovvero, senza una forma “mentale”, non si può parlare di alcunché, se non come una fantomatica onda di probabilità. Con una concisa estensione, ciò significa che lo psichismo (la mente) deve essere ovunque. Altrimenti, quali sono i sistemi con lo status di “osservatore”? Gli sviluppi successivi hanno rafforzato la fusione mente-materia estendendola praticamente a tutto l’universale.

  Inoltre, l’indeterminazione applicata al binomio massa-tempo (o energia-tempo) ha portato a formulare il concetto di vuoto quantistico: non esiste alcuna particella né entità stabile, c’è solo una specie di vacuità creativa, una danza di energie che continuamente nascono nell’Essere e svaniscono nel Nulla. Il dualismo vuoto-pieno è scomparso: “A”e”non-A” possono coesistere. Non c’è alcun “mattone fondamentale” della materia.

   Questo significa la fine dell’idea che il mondo materiale sia costituito di “particelle” e di “vuoto”, concezione che era in sostanza ancora quella di Democrito. Al suo posto è subentrata un’idea di vuoto-pieno continuamente e “contemporaneamente” pulsante, una specie di vacuità creativa  (abbastanza simile alla sunyata del Buddhismo).

    La contrapposizione fra vuoto e pieno perde significato. Qualunque fenomeno avvenga nel vuoto quantistico, è possibile “prendere a prestito” energia dal vuoto purché il prestito abbia durata breve: tanto più è grande l’energia (o la massa) temporaneamente “nata dal nulla”, tanto più è piccola la durata del prestito e urgente la sua “restituzione” al vuoto. Così è pure possibile far sparire nel vuoto una massa-energia pur di farla ricomparire prima della scadenza del tempo assegnato (indeterminazione del tempo).

  Un'altra conseguenza notevole della fisica quantistica: le particelle-onde che si separano da un unico punto (cioè hanno avuto qualche contatto) restano indissolubilmente legate, dato che l’“osservazione” anche di una sola di esse influenza istantaneamente il comportamento delle altre, a qualunque distanza si trovino (entanglement).

  Questo porta alla considerazione che nulla è separabile nell’Universo e ogni processo (o “oggetto”) ha influenza su qualsiasi altro, a qualunque distanza spaziotemporale si trovi. Ciò significa che tutto è collegato a tutto, in modo istantaneo, cioè che non è possibile isolare alcun fenomeno.

   Quegli anni sono anche il periodo in cui i cosmologi inglesi James Jeans e Arthur  Eddington scrissero: “L’universo assomiglia molto più a un grande Pensiero che a una grande Macchina”.

Il paradigma sistemico-olistico

  Vediamo quale nuovo paradigma si prospetta dopo le novità sopra accennate.

  Se non si può “spezzettare”, e neppure fare “riduzioni al semplice”, né considerare le variabili come indipendenti, dato che le retroazioni sono numerosissime e intercollegate, riesce molto difficile in pratica trattare qualunque problema. Bisognerà  comunque semplificare qualcosa, ma ogni sistema deve essere considerato come un sottosistema di quello totale, in realtà indivisibile. Nei sistemi complessi esiste sempre un limite temporale oltre il quale non è possibile fare alcuna previsione, neanche in linea teorica. Questo significa che, da un certo punto in poi, il sistema prende una via completamente imprevedibile sulla base dell’andamento precedente: in altre parole, si manifesta una scelta, cioè un aspetto mentale. Gli scienziati-filosofi materialisti-meccanicisti se la cavano attribuendo al caso l’andamento dopo la biforcazione, ma la parola caso è semplicemente un’etichetta messa a tutto ciò che non sappiamo.

  A rigore, abbiamo sempre a che fare con sistemi complessi aperti, cioè sistemi che prima o poi pervengono a un punto di non-prevedibilità e che hanno sempre qualche scambio di energia con l’esterno. Molti però hanno tempi lunghissimi di quasi-prevedibilità e scambi debolissimi con l’esterno. Si tratta quindi di valutare bene cosa è approssimabile nello studio dell’evoluzione dei singoli sistemi (o sottosistemi).

  Il nuovo paradigma emergente è stato battezzato sistemico-olistico.

  Si noti che, comunque, anche senza considerare le implicazioni mentali, i ragionamenti sul paradigma sistemico-olistico e sulla falsificazione di quello cartesiano-newtoniano restano validi.

L’animismo-panteismo

  Il biologo-filosofo inglese Rupert Sheldrake ha ben schematizzato, nel suo libro Le  illusioni della scienza, quali sono i dogmi della scienza cartesiana-newtoniana, dogmi che questa scienza considera evidenti, anche se non hanno alcuna garanzia dal punto di vista del metodo scientifico. Fra questi citiamo in particolare i seguenti:

-        La Natura si comporta come una macchina;

-        La materia non ha alcun genere di coscienza;

-        La Natura non ha alcuno scopo, né obiettivo;

-        Tutto ciò che è nella memoria è registrato come tracce materiali;

-        La mente è un prodotto soltanto del cervello;

-        I fenomeni psichici sono illusioni.

  In effetti, gli scienziati cartesiani-newtoniani sono quasi commoventi quanto tentano invano di salvare il loro paradigma cercando le più strampalate spiegazioni ad alcuni fatti di questo tipo:

-        gli uccelli migratori ritrovano il loro nido dopo un viaggio di migliaia di km;

-        le tartarughe marine tornano proprio alla spiaggia dove sono nate per deporvi le uova dopo aver vagato nell’Oceano per migliaia di km;

-        i piccioni viaggiatori raggiungono la loro “casetta” comunque la si sposti;

-        le larve delle anguille ritrovano il fiume (che non hanno mai visto) da cui sono partiti i loro genitori, dopo un viaggio di 5000 kilometri dal Mar dei Sargassi;

-        le termiti ricostruiscono il termitaio al di là della schermatura di ogni campo fisico possibile;

-        molti cani percepiscono la morte del/la loro amico/a umano/a a qualunque distanza;

-        gli alberi sono dotati di memoria e provano emozioni (Stefano Mancuso e Peter Wohlleben). 

  Torniamo alla constatazione che la Mente è ovunque, che i fenomeni mentali sono assai frequenti, o forse che tutti i fenomeni sono anche mentali. I sistemi viventi, gli ecosistemi, gli esseri collettivi sono tutti sistemi altamente complessi.

   Dal punto di vista filosofico, il nuovo paradigma conduce all’animismo, dato che le entità che costituiscono il mondo sono animate, hanno una propria forma di mente. Ma esiste anche un unico Sistema totale, con la sua Mente, e ne consegue una forma di panteismo. Quindi, sul piano filosofico, si tratta di una visione del mondo qualificabile come animismo-panteismo. Così troviamo il Dio-Natura, ma anche lo spirito dell’albero, del torrente, della montagna, dell’alveare.

  I risultati e le conoscenze che derivano dai recenti studi sulla mente animale e sulla mente vegetale si inquadrano perfettamente in questo paradigma. Inoltre è evidente che l’etica dovrà riguardare tutto il mondo naturale, e non soltanto gli umani.

  L’Ecologia Profonda, come formulata da Arne Naess e da molti altri pensatori di formazione diversa, si inquadra benissimo nel paradigma sistemico-olistico. Anche un famoso giornalista-filosofo come Tiziano Terzani, dopo aver passato la vita  viaggiando attraverso l’Asia, è pervenuto, dopo un iter intellettuale assai interessante, ad una forma di pensiero pienamente compatibile con l’Ecologia Profonda.

Conclusioni 

  Il persistente vecchio paradigma cartesiano-newtoniano ci ha portato all’attuale dramma ecologico e alla distruzione della Vita, attualmente in corso.

  L’unico studio sistemico (anche se ancora antropocentrico ed esemplificato in cinque grandezze) condotto sul complesso terrestre è stato il famoso rapporto “I limiti dello sviluppo” (1972), le cui proiezioni del grafico principale indicavano per questo decennio (2010-2020) proprio la situazione attuale: popolazione e inquinamenti che continuano a crescere inesorabilmente, risorse in diminuzione, alimenti pro-capite e produzione industriale che hanno passato il picco e iniziato la discesa. Ma 45 anni sono passati invano: l’ultima chiamata non è stata ascoltata, anzi nessuno ne parla. Lo studio dei Limiti dello sviluppo non prende in alcuna considerazione aspetti mentali o filosofici, né richiede l’assimilazione completa del nuovo paradigma, ma è semplicemente uno studio sistemico della situazione mondiale, i cui risultati vengono confermati proprio in questi anni, malgrado il silenzio completo del mondo ufficiale.

  Il nuovo paradigma porta all’Ecologia Profonda e al rispetto per tutti gli esseri senzienti e per la Terra, complesso in cui siamo inseriti, ma il tempo a disposizione per un cambiamento così profondo è ormai molto poco. L’Ecosfera dovrà comunque guarire dal suo male e rientrare nei limiti delle sue capacità di omeostasi.

  Forse il nuovo modo di pensare potrebbe aiutarci anche a considerare con più serenità la morte, dato che non c’è più un ego autonomo e permanente che “persiste” o “non-persiste” (le uniche alternative che propone l’Occidente), ma una entità come successione di stati mentali variabili che non può “sparire”: non moriremo perché non siamo mai nati. Siamo oscillazioni della Mente estesa, onde dell’Oceano, dove l’acqua non può “sparire”.

  E’ interessante la scritta posta sulla tomba di Heisenberg: “Io sono qui, da qualche parte”. E’ un omaggio al principio di indeterminazione.

   Concludo con una citazione di Alexander von Humboldt:

La morte è solo il passaggio da uno stato all’altro dell’essere universale.

                                                               

Maggio 2017