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Parità di genere: equità o ingiustizia?

di Emanuele Franz - 08/07/2017

Parità di genere: equità o ingiustizia?

Fonte: Ereticamente

C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna.”

Pitagora, VI sec. A.C

Come mai tradizioni e scuole di pensiero fra loro distanti nel tempo e nello spazio sono pervenute alle stesse conclusioni? Per il pensiero indù la donna è ammessa sono ai misteri iniziatici inferiori, ma non a quelli superiori; per la metempsicosi greca, sostiene il Filosofo Platone, l’anima si incarna nel corpo della donna per espiazione di colpe commesse nella vita precedente. La misoginia fu ampiamente radicata nelle civiltà più nobili che l’umanità abbia conosciuto. Perché? Sosteneva Aristotele che:

“La femmina è femmina in virtù di un’assenza di qualità.”

Le principali scuole spirituali, esoteriche ed alchimistiche, da sempre hanno attribuito alla donna il simbolo della terra e dell’acqua, della luna, e all’uomo il simbolo del fuoco, del sole, dell’aria. Perché?

Intuitivo nel simbolo è che l’acqua va in basso, il fuoco va in alto. Il fuoco, come il sole, produce la luce mentre la luna non fa che rifletterla incapace di produrla. La donna da sempre è rilegata agli aspetti più bassi della terra, della materia, di contro all’uomo che da immemore tempo è legato allo spirito e alla luce. La stessa parola “Madre”, “Mater” significa materia, terra, opposta allo spirito. E non è forse vero che l’acqua spegne il fuoco? Per gli antichi la donna non genera veramente ma conserva, come la luna non è capace di produrre luce ma solo di rifletterla. Perfino i miti acclamano il male ingenito al ventre materno. Eva porta ogni male nella tradizione ebraica, Pandora porta il vaso contenente ogni male per l’uomo ingannando il titano.

Nel tribunale che gli Dei istituiscono per giudicare Oreste colpevole o meno dell’uccisione di sua madre Clitennestra, ci racconta Eschilo nell’Orestea, egli viene assolto a pieno titolo dopo l’intervento di Apollo che adduce che il vero genitore è il padre non la madre, che è questa solo una guaina e che il solo che ha il dono del generare è il padre. D’altra parte perfino le etimologie delle parole arguiscono queste considerazioni. Il seme, attributo fondamentalmente maschile, è il latino Se-Mens, portatore di Spirito, attraverso il quale, secondo la paideia greca (παιδεία), si trasmetteva la Conoscenza da Maestro a Discepolo, conoscenza dalla quale la donna era apoditticamente esclusa per natura. Al Simposio greco non partecipa né moglie né figlia e per Aristotele l’inferiorità della donna è sistematica su tutti i piani, anatomica, fisiologica e spirituale, corollario di una passività metafisica dove estrinseca il suo difetto, la sua mutilazione. Tinteggiate il più delle volte come sanguinarie, malefiche e dedite all’arrivismo, sono eclatanti le figure di Medea, Circe ma anche la citata Clitennestra, che uccide il marito Agamennone con l’inganno. Nell’Odissea di Omero Agamennone, ormai nel regno dei morti, mette chiaramente in guardia Odisseo dal non rivelare i suoi progetti nemmeno alla donna che ama, Penelope. Ippocrate sosteneva che ogni organismo porti seco un seme identico e androgino, tuttavia egli affermava che la parte femminile di questo seme era, per sua qualità congenita, inferiore della parte maschile.

La domanda si ripercuote con sovenza: perché pensatori, sacerdoti, culture e civiltà diversissime fra loro hanno affermato che la donna non è che terra dal quale poi diparte poi il fiore maschile della vita e dell’intelletto. È evidente, a una analisi più approfondita della filosofia antica, che quand’essa si riferisce alla donna si sta riferendo ad un Principio femminile e non alla donna comunemente detta, bensì a tutto un principio cosmico che è quello lunare e ctonio. Evidentemente si tratta del fatto che gli antichi hanno visto una profonda verità dietro al simbolismo del maschile e del femminile, simboli che tutt’altro che esaurirsi nell’identità biologica di uomo e donna, tradivano un ordine metafisico più alto, una diade fra il principio di espansione e il principio di contrazione, fra il principio dell’emissione e della ricezione. E questa tensione perpetua, questa Polemos, a detta di Eraclito, generava tutto il mondo visibile e invisibile.

Sembra, di primo acchito, che leggendo così superficialmente le teorie degli antichi sulla donna se ne possa dedurre, anacronisticamente, che essi odiassero le donne e le disprezzassero, ma non è così. Ad una analisi più approfondita scopriamo infatti che le donne avevano un largo ascolto e venivano elevate a Divinità. Grandi sono le donne che hanno avuto licenza poetica, le figure di sacerdotesse, consigliere, maghe e ancelle che sono assurte dai miti come centrali, pur mai avendo diritti di espressione politica. Si pensi solo al Mito delle Amazzoni, le donne guerriere. Le vestali, le ancelle della Dea Vesta, oppure le Pizie del Tempio di Apollo di Delphi, avevano un Sacerdozio al quale perfino gli uomini si sottomettevano. A Sparta i discepoli della Dea Artemide si sottomettevano a Lei e si facevano frustrare a sangue. I Coribanti della Dea Cibele si umiliavano per la Dea al punto da fustigarsi i genitali per obbedirLe. In India da una parte si sosteneva che l’oscurità del mondo era interamente da attribuirsi alla Dea Kalì, dall’altra però la si venerava in modo viscerale. Kalì, come il ventre materno, ci tiene all’oscurità nella sua placenta, al buio, relegandoci nella menzogna, lontani dal mondo delle Idee di Siva. Eppure proprio per questo è esaltata a massima potenza dell’universo. E perché?

Ma perché il principio femminile è necessario in quanto emanazione della stessa unità Divina che ha generato il maschile. La ricezione e l’umiliazione sono tanto necessarie quanto la creazione e la gloria. Tutte le vette sorgono dagli abissi, declamava Nietzsche. In ultima analisi per gli Indo-Ellenici tutto ciò che esiste è femminile, tutto il mondo dell’apparenza sensibile è naturato di femminilità, poiché ha avuto la ricezione della rivelazione. E per questo va adorato. La Dea va adorata proprio perché principio sottrattivo e non additivo. L’universo intero è un utero, o, per dirla con Platone, una caverna che proietta sullo sfondo l’ombra delle idee. Siamo tutti dei feti che ancora devono nascere e siamo cinti da una placenta divina.

Il Principio maschile è superiore al Principio femminile?

Per la filosofia antica la risposta è “Sì”; il maschile è superiore al femminile. Ma spieghiamo il senso di questa risposta affermativa. Abbiamo già detto che le donne erano considerate portatrici di un principio oscuro ed infero, a differenza di quello solare, maschile, portatore di luce e ragione. Come accennato sopra l’alchimia ha associato il fuoco al maschile, e l’acqua al femminile, e il fuoco va in alto e l’acqua va in basso come tutti sappiamo. Inoltre, nel mito greco Urano (Οὐρανός, Ouranós) il Cielo stellato viene evirato da Crono, uscito dal ventre della Dea Gaia, la terra.

Il cielo sta in alto e sovrasta la terra che è in basso, basta guardare fuori dalla finestra per constatarlo: il cielo, principio celeste e solare, sta sopra al principio terrestre e femminile. Questa è l’evidenza più chiara e naturale che abbiamo, nessuno ha mai visto il cielo stare sotto la terra! Ebbene, queste differenze geometriche, sono appunto differenze di valore. Se si parla di alto e di basso, di sopra e di sotto, allora si sta parlando di superiore e inferiore, ovvero di superiorità e inferiorità. “Inferiore” significa appunto –inferus-, basso, infero, che sta sotto, ovvero terrestre.

Ma ancora, si pensi al simbolo della croce celtica, che è l’unione di maschile e femminile, ovvero l’unione del simbolo del salnitro, (│), con il simbolo alchemico del sale (─) che porta alla croce appunto (┼), il sale sta nella terra, in basso, il salnitro è principio creatore che va in alto, e anche nel simbolo grafico è evidente di una differenza sull’alto e sul basso. Principi complementari certo, da porre in equilibrio, ma complementarietà ed equilibrio non tolgono ancora il diritto di considerarli uno superiore e uno inferiore. Considerare inferiore un Principio, e la sua manifestazione fisica, nella fattispecie nella donna, non significa per questo non rispettarlo, negarlo, eliminarlo od oltraggiarlo, tanto che abbiamo già detto che anzi, Esso è frutto di adorazione. Parimenti va considerato senza mai confonderlo. Al cielo ciò che compete al cielo e alla terra ciò che compete alla terra. Rendere paritari questi due principi, ovvero eguagliarli, disconoscerli in quanto tali, significa rovesciare l’intero equilibrio del mondo, attentando a una sovrastante armonia universale.