Il colonialismo di insediamento e la Palestina
di Pino Cabras - 29/10/2025

Fonte: Pino Cabras
Tra le molte pubblicazioni che in questi anni hanno cercato di raccontare la tragedia palestinese, questo libro di Angela Lano si distingue per una qualità essenziale: non concede spazio ai malintesi, alle mezze misure, alle spiegazioni accomodanti che spesso finiscono per smarrire il nocciolo della questione. Non è un testo che si limita a denunciare gli ultimi massacri, né un esercizio di solidarietà retorica. È, piuttosto, un antidoto contro la grande incomprensione del fenomeno del Sionismo, incomprensione che può nascere anche in ambienti sinceramente sensibili al tema dei diritti dei palestinesi, ma che finiscono per ridurre la loro attenzione a un gesto episodico, a una bandiera contingente da sventolare nella moda politica del momento.
Ho avuto modo, nella mia stessa esperienza di analisi e scrittura, di osservare questo meccanismo. Quando ho raccolto in Contro il sionismo reale la cronaca del genocidio a Gaza e la sua collocazione dentro una cornice più ampia, ho visto come la solidarietà verso il popolo palestinese potesse spesso ridursi a un riflesso emotivo, genuino ma fragile, pronto a spegnersi alla prima controffensiva propagandistica. È in quel terreno che i sostenitori dell’ordine coloniale riescono a colpire: chi non dispone di categorie chiare e profonde, chi si accontenta di slogan o di equidistanze apparentemente ragionevoli, viene facilmente disinnescato. Basta evocare il mantra della “sicurezza”, basta brandire l’accusa infamante di “antisemitismo” come clava, per ridurre al silenzio ogni voce critica.
Angela Lano, invece, compie un’operazione radicale e necessaria: scava nelle radici storiche e teoriche del Sionismo, lo colloca nel paradigma del colonialismo di insediamento, mostra come la sua logica non sia contingente ma strutturale. Non si tratta di un conflitto tra due popoli che faticano a convivere: si tratta di un progetto coloniale che ha previsto, fin dall’inizio, la sostituzione etnica e la cancellazione del nativo. È questa la verità che troppo spesso si elude, ed è questa la verità che rende questo libro un antidoto tanto prezioso.
Il riferimento all’Olocausto americano di David Stannard non è un semplice omaggio intellettuale: è la chiave di lettura che collega la Palestina ai genocidi che hanno accompagnato la conquista delle Americhe, le deportazioni dei Cherokee, le stragi di Wounded Knee, lo sterminio degli Herero e dei Nama in Namibia, fino ai massacri più recenti del Novecento. Patrick Wolfe ha spiegato come il colonialismo di insediamento operi attraverso una “logica di eliminazione”: il colonizzatore non si accontenta di dominare, deve sostituire. In questo schema Gaza e Cisgiordania non sono eccezioni, bensì tappe di una lunga catena.
Il valore del libro sta nel suo metodo: Lano non si limita a denunciare i crimini in corso, ma li connette a un tessuto storico e teorico che li rende comprensibili nella loro portata globale. Gaza non è descritta soltanto come un luogo assediato: è il “capolinea dell’umanità”, lo specchio che ci rimanda l’immagine della caduta morale e politica dell’Occidente. Il 7 ottobre 2023 diventa, in questa prospettiva, una cesura storica che non può essere ridotta alla cronaca di un evento militare, ma che rivela l’esplosione di decenni di oppressione.
Oggi non ci troviamo di fronte a un genocidio nascosto, ricostruito solo a posteriori dalle memorie e dai documenti. È tutto sotto i nostri occhi, in diretta. Le immagini di Gaza bombardata, i corpi dei bambini estratti dalle macerie, le voci disperate dei sopravvissuti: tutto è già accessibile a chiunque abbia un telefono o una connessione. Le pagine che leggerete vi consentiranno di non lasciare che la cronaca si dissolva nel rumore mediatico, in modo da riconoscere il presente per quel che è: un genocidio in corso.
Nelle pagine dedicate alla Nakba, alla Naksa e alle varie operazioni israeliane, Lano mostra la continuità del progetto sionista, fase per fase: la distruzione di villaggi e città palestinesi, i massacri, le espulsioni, le deportazioni di massa non sono incidenti, ma atti coerenti di un disegno di lungo periodo. È qui che la sua analisi diventa davvero insostituibile: perché smonta la grande illusione che Israele possa essere letto con le categorie ordinarie della geopolitica o dei conflitti regionali. Israele è il paradigma stesso del colonialismo contemporaneo, l’ultima avanguardia di un modello che l’Occidente ha applicato in tutti i continenti e che non ha mai davvero abbandonato.
C’è un aspetto che rende questo libro particolarmente prezioso per il lettore che vuole andare oltre i “small talks”, oltre le chiacchiere che non cambiano nulla: la capacità di Angela Lano di restituire la voce ai palestinesi come soggetti della storia. Non sono figure di contorno, non sono meri “profughi” da compiangere: sono i nativi che resistono, i “dannati della terra” di cui parlava Frantz Fanon. In questo senso, la loro lotta diventa universale, perché interroga tutti noi sul senso della giustizia, sul diritto alla vita, sulla possibilità stessa di un futuro libero dal giogo coloniale. Queste connessioni non sono esercizi di stile: sono strumenti per rompere l’incantesimo delle narrazioni normalizzanti, per restituire alla tragedia palestinese la sua reale dimensione storica e universale.
Chi si accosta a questo libro troverà non solo un quadro ricco di dati, fonti e testimonianze, ma soprattutto uno strumento critico per comprendere e per agire. È un testo che forma, che arma di concetti e di conoscenza chi non vuole restare spettatore. È anche un invito a riconsiderare la Palestina non come una “questione regionale”, ma come il banco di prova dell’umanità intera: da che parte vogliamo stare, con chi difende la dignità dei popoli o con chi perpetua la barbarie coloniale?
Per queste ragioni Olocausto palestinese merita di essere letto e discusso. Non offre consolazioni, non addolcisce l’amarezza della realtà, ma fornisce le categorie indispensabili per non smarrirsi nel rumore di fondo. Chi lo leggerà, ne uscirà con la certezza che non si tratta di un conflitto lontano, ma di una questione che ci riguarda tutti, perché tocca le radici stesse della civiltà e della barbarie.
È con questo spirito che saluto il lavoro di Angela Lano: con la gratitudine di chi riconosce un’opera coraggiosa e necessaria, e con la consapevolezza che la sua voce si inserisce in un coro che va rafforzato, non disperso. La mia stessa esperienza, maturata negli anni della militanza politica e della mia attività parlamentare nelle commissioni finanze ed esteri, mi ha portato a confrontarmi direttamente con i nodi geopolitici e con la potenza delle narrazioni che li circondano. Ho visto quanto sia difficile far passare, nelle sedi istituzionali, una verità scomoda come quella palestinese. Ma proprio per questo, libri come questo sono indispensabili: perché danno forza e coerenza a chi, dentro e fuori le istituzioni, non accetta di piegarsi alla menzogna.
Siamo testimoni e siamo chiamati a essere parte attiva. Non possiamo più dire “non sapevamo”. Questo libro ci mette di fronte a ciò che è, senza veli. È un atto di verità che diventa anche un atto di resistenza.

