Una guerra frontale
di Matteo Martini - 13/06/2025
Fonte: Matteo Martini
Se si esclude a priori che l'attacco possa avere seriamente danneggiato l'infrastruttura nucleare (fortificata, a centinaia di metri profondità, come del resto un attacco iraniano difficilmente potrebbe danneggiare infrastrutture nucleari israeliane), ora resta capire l'entità del danno dell'attacco, al di là delle uccisioni terroristiche di figure apicali, che può riguardare soprattutto le difese aeree (lanciatori).
In base a quanto seriamente siano state danneggiate, Israele avrà incassato un più o meno marcato vantaggio strategico, che potrebbe inibire o meno una risposta iraniana, almeno nel breve periodo.
Va precisato che gli attacchi sono sono stati compiuti con droni partiti da territorio iraniano, secondo uno schema analogo di infiltrazione/sabotaggio che abbiamo visto in scena da parte ucraina nell'operazione SpiderWeb.
I lanciatori sono strutture più vulnerabili di quanto non sia un bombardiere strategico a terra e probabilmente gli israeliani avranno impiegato droni più pesanti dei piccoli quadricotteri ucraini. Il problema è capire quindi le dimensioni di scala dell'attacco e la sua precisione.
Teniamo però conto che gli iraniani non avranno certo schierato tutte le loro difese in batteria, che deve esserci una riserva strategica e che Israele ora ha esaurito la sorpresa.
Non avremo facilmente informazioni serie su questi dati, né sulla stima dei danni inflitti, tanto più che i dati sarebbero filtrati dalla propaganda da entrambe le parti, quindi è piuttosto aleatorio, almeno per adesso, cercare di fare bilanci.
Un punto è invece certo: a differenza dello scambio di attacchi missilistici reciproci, abbastanza dimostrativi, e da drole de guerre di due anni fa, questo attacco porta i due Paesi in una guerra frontale, non più a bassa intensità o ibrida. È stato l'equivalente di Pearl Harbour per gli americani nella Seconda Guerra Mondiale.
Ora è guerra aperta. Un passo in più, nella guerra totale in Medio Oriente.