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Dall’impero all’amministrazione delle rovine

di Hakan Illatiksi - 17/12/2025

Dall’impero all’amministrazione delle rovine

Fonte: Come Don Chisciotte

I sistemi storici non muoiono quando perdono il controllo del futuro, ma quando non gli resta che amministrare i resti di ciò che hanno distrutto.»

Introduzione

Le spiegazioni abituali sull’ostilità europea verso la Russia -«difesa dei valori», «imperialismo collettivo», «vecchie dottrine geopolitiche»- funzionano come involucri concettuali che non identificano gli attori né i dispositivi che orientano l’azione reale. L’Europa occidentale non risponde più a un interesse proprio -perché non dispone ormai di strutture decisionali autonome- ma alla coordinazione di un insieme di istituzioni, corporazioni e circuiti strategici che hanno la capacità effettiva di fissare la direzione generale del continente.

La politica verso la Russia è, prima di tutto, il risultato di un’architettura di potere transatlantica che agisce sull’Europa e la riconfigura. Questa stessa architettura fa parte di una traiettoria più lunga: la storia di un vettore di potere occidentale che, da Venezia fino agli Stati Uniti, si è riprodotto organizzando il mondo in funzione dei propri interessi e che oggi si confronta con i propri limiti materiali. Se il motore storico che ha spinto tale sviluppo sta giungendo al termine, la domanda è: quale forma assume il futuro degli interessi che ancora gestiscono il presente?

 

I. Europa contro Russia: ingegneria della subordinazione e riconfigurazione del continente

1. La rete di comando: chi fissa la direzione strategica europea

L’Europa non è il soggetto della propria politica estera: è lo spazio in cui si esegue una strategia elaborata da attori che dispongono di risorse materiali, tecnologiche e coercitive sufficienti per imporre la dinamica.

1.1. Il complesso militare-industriale statunitense

Imprese come Lockheed Martin, Raytheon, Northrop Grumman o General Dynamics non si limitano a vendere armamenti: influenzano la dottrina militare e le decisioni di bilancio europee attraverso:

  • contratti di fornitura,
  • consulenza strategica,
  • tecnologia militare che l’Europa non controlla,
  • standard NATO che obbligano ad acquisti periodici.

1.2. I fondi finanziari globali

BlackRock, Vanguard, State Street, Fidelity detengono partecipazioni decisive in:

  • imprese della difesa statunitensi ed europee,
  • società energetiche,
  • infrastrutture critiche,
  • banche europee,
  • debito pubblico di vari Stati dell’eurozona.

Questo doppio ruolo -proprietari dell’industria strategica e gestori del debito sovrano- conferisce loro una capacità diretta di condizionare politiche fiscali, investimenti e orientamento economico del continente.

1.3. L’apparato dottrinario transatlantico

Istituzioni come Atlantic Council, RAND Corporation, RUSI, Chatham House, German Marshall Fund producono analisi e cornici strategiche che vengono incorporate nell’UE tramite tre meccanismi operativi:

  1. Porte girevoli tra questi centri e i livelli superiori della Commissione Europea e del Servizio Europeo per l’Azione Esterna.
  2. Dipendenza strutturale dell’UE in materia di intelligence, dottrina militare e analisi geostrategica.
  3. Comitati ristretti del Consiglio e della Commissione, in cui si redigono documenti su difesa, sanzioni e sicurezza, e dove le raccomandazioni ricevute vengono adottate come input tecnici.

In queste istanze il margine di intervento politico convenzionale è minimo.

 

2. Il dispositivo energetico: fratturare l’autonomia materiale europea

 

Il cuore materiale della potenza europea tra il 1990 e il 2020 è stata l’energia a basso costo proveniente dalla Russia, che ha permesso di sostenere:

  • l’industria chimica tedesca,
  • il settore automobilistico,
  • la produzione d’acciaio,
  • la logistica europea nel suo insieme.

L’interruzione di questo legame -e la distruzione del corridoio energetico diretto- non è stata un incidente né un eccesso congiunturale: è stata una componente centrale della ricomposizione geopolitica spinta da Washington.

Beneficiari identificabili:

  • Exxon, Chevron e produttori statunitensi di LNG, che hanno moltiplicato le vendite a prezzi superiori;
  • operatori privati di terminali di rigassificazione controllati da fondi globali;
  • il sistema del dollaro, obbligando l’UE ad acquistare energia indicizzata alla valuta statunitense.

Effetto strutturale:

  • deindustrializzazione accelerata della Germania e di settori chiave di Francia e Italia;
  • dipendenza energetica fissa che impedisce qualsiasi progetto autonomo;
  • inflazione persistente e perdita di salari reali.

L’Europa è stata trasformata in uno spazio energeticamente dipendente, il che rende impossibile ricostruire un margine decisionale proprio.

 

3. Militarizzazione come via obbligata di investimento

 

I trattati europei limitano la spesa pubblica in quasi tutte le aree economiche, tranne una: la difesa. Questa eccezione trasforma il riarmo nell’unico canale abilitato per trasferire risorse statali verso settori strategici.

I principali destinatari sono:

  • Rheinmetall (Germania)
  • BAE Systems (Regno Unito)
  • Leonardo (Italia)
  • Thales (Francia)

Ognuna di queste imprese ha come azionisti dominanti i fondi finanziari globali già menzionati. Il riarmo europeo non nasce dalla percezione di una minaccia imminente: è il risultato di una struttura istituzionale che convoglia risorse pubbliche verso il complesso militare-industriale transatlantico.

 

4. L’Ucraina come spazio di riordino economico

 

L’Ucraina funziona come territorio in cui si articolano tutti i meccanismi precedenti:

  • trasferimento massiccio di armamenti,
  • distruzione di infrastrutture,
  • indebitamento futuro,
  • privatizzazione di agricoltura e industria,
  • pianificazione della ricostruzione.

Nel 2023 Kiev ha firmato accordi con BlackRock, JP Morgan e Bank of America per strutturare il modello economico del dopoguerra. La ricostruzione prevista -energia, trasporti, città, agricoltura- sarà finanziata con debito ed eseguita da corporazioni e società di consulenza occidentali.

La guerra è il mezzo per un riordino economico integrale, non un evento isolato.

 

5. Il vero progetto: l’Europa come territorio post-sovrano

 

La dinamica osservabile non è accidentale né congiunturale: risponde a un progetto strutturale di riconfigurazione dell’Europa in un ordine mondiale in cui la riproduzione del potere transatlantico esige che il continente perda autonomia.

Questo progetto si esprime in obiettivi visibili:

5.1. Militarizzazione permanente del continente

L’Europa come piattaforma avanzata per operazioni contro l’Eurasia.

5.2. Sostituzione del modello industriale con un modello di servizi dipendenti

Per impedire che l’Europa possa competere con gli Stati Uniti o la Cina.

5.3. Controllo esterno di energia, infrastrutture e debito

Condizione necessaria per la subordinazione politica.

5.4. Stati ridotti ad amministrazioni esecutrici

I governi nazionali gestiscono decisioni già strutturate a livelli tecnocratici interconnessi con attori esterni.

5.5. Popolazione disarticolata politicamente

Non inesistente, ma senza capacità operativa per interferire nelle decisioni strategiche:

  • alta precarizzazione;
  • indebitamento;
  • frammentazione sindacale;
  • saturazione informativa gestita da conglomerati mediatici allineati.

Questo schema non implica un’esclusione formale di parlamenti o cittadinanza, ma mostra che nessuno di essi possiede oggi le risorse istituzionali o materiali necessarie per modificare la rotta strategica fissata dagli attori transatlantici menzionati. Gli unici interessi in grado di imporre una dinamica politica in Europa sono quelli articolati attorno al complesso finanziario-militare, ed è questa correlazione di forze -non una volontà collettiva europea inesistente- che determina l’orientamento verso lo scontro.

 

II. Continuità storica del potere occidentale: da Venezia agli Stati Uniti

 

Se la guardiamo senza ornamenti ideologici, la storia non mostra un «Occidente» come unità spirituale, ma un vettore di interessi concreti che ha cambiato sede geografica mantenendo però tre principi operativi stabili:

  1. Controllo delle rotte commerciali ed energetiche (dal Mediterraneo alla rotta atlantica, dalla rotta imperiale britannica alle rotte del petrolio).
  2. Dominio finanziario (Venezia → Amsterdam → Londra → New York).
  3. Uso dell’apparato militare per aprire mercati e assicurare una tributarizzazione indiretta.

Questo vettore è passato per:

  • Venezia (controllo marittimo e finanziario proto-capitalista),
  • Genova (finanziamento delle monarchie europee),
  • Amsterdam (capitalismo borsistico precoce, VOC),
  • Londra (capitalismo industriale-imperiale),
  • Stati Uniti (capitalismo finanziario-militare globalizzato).

Per circa sette secoli, questo vettore è riuscito a reinventarsi di fronte ad ogni crisi, assorbendo territori, tecnologie e popolazioni. Ma i segnali attuali indicano che la sua capacità di reinvenzione sistemica si sta esaurendo.

 

III. Il limite del ciclo civilizzatorio di potere

Le ragioni sono strutturali, non congiunturali.

 

1. Non esistono più territori o mercati integrabili

Fino al XX secolo ogni crisi si risolveva incorporando nuovi spazi:

  • Americhe,
  • Africa,
  • India,
  • Pacifico,
  • Medio Oriente,
  • ex URSS dopo il 1991.

Oggi non esiste più un «margine esterno»: l’intero pianeta fa parte dell’economia capitalista sotto comando anglosassone.

Il sistema non può più espandersi verso l’esterno; può farlo solo verso l’interno, frammentando, precarizzando, indebitando o depredando ciò che esiste.

2. La tecnologia ha smesso di ampliare il dominio e ha iniziato a eroderlo

La rivoluzione digitale non ha rafforzato il dominio occidentale: lo ha reso globalmente contendibile.

Cina, India, Russia e Sud-est asiatico dominano:

  • produzione di hardware,
  • raffinazione di minerali critici,
  • produzione energetica,
  • infrastruttura digitale,
  • intelligenza artificiale,
  • industria pesante,
  • mercati di consumo di massa.

Per la prima volta dal XVI secolo, il potere occidentale non detiene più il monopolio tecnologico.

3. La egemonia finanziaria non può più sostenere l’egemonia militare

Storicamente:

  • Venezia utilizzava la finanza per sostenere eserciti mercenari;
  • Londra utilizzava la City per finanziare la propria flotta globale;
  • gli Stati Uniti utilizzano Wall Street per finanziare centinaia di basi militari.

Oggi:

  • il debito statunitense cresce più rapidamente della sua capacità di estrazione economica globale;
  • il dollaro affronta concorrenti sistemici (yuan, oro, valute BRICS);
  • l’apparato militare dipende da catene di fornitura globalizzate che non controlla più completamente.

Il risultato è un potere che domina ancora, ma non è più in grado di espandersi né di stabilizzare ciò che ha conquistato.

 

IV. Dall’impero alla gestione del deterioramento

 

Quando un sistema storico dominante raggiunge il proprio limite, non scompare: cambia modalità di funzionamento. Ciò che si osserva oggi è il passaggio da un sistema basato su espansione e conquista a un sistema basato su amministrazione del deterioramento.

In altre parole: il vettore del potere occidentale non mira più a conquistare, ma ad assicurare la propria continuità in un mondo in cui non può più crescere.

Questo implica tre movimenti strategici.

 

1. Trasformare gli antichi centri di potere in zone amministrate

L’Europa è l’esempio più chiaro.

Gli interessi che storicamente hanno dinamizzato il potere occidentale (finanza – esercito – infrastrutture commerciali) oggi:

  • non cercano di sviluppare l’Europa,
  • non cercano di rafforzarla,
  • non cercano di ricostruirne la potenza industriale.

Cercano di amministrarla come zona funzionale:

  • base militare per controllare l’Eurasia,
  • mercato catturato per armi ed energia in dollari,
  • territorio senza sovranità industriale,
  • popolazione depoliticizzata,
  • Stati assorbiti in reti tecnocratiche.

L’Europa passa da «centro imperiale» a territorio di gestione.

 

2. Replicare l’egemonia verso nuclei interni

Il potere finanziario-militare transatlantico sta ridefinendo la propria area di riproduzione:

  • costa orientale degli Stati Uniti,
  • asse finanziario New York-Londra,
  • Silicon Valley come laboratorio,
  • rete militare globale come braccio operativo.

Tutto il resto -Europa, Australia, Canada, Giappone- diventa periferia strategica al servizio del nucleo.

Questo ripiegamento controllato è la versione contemporanea di quanto fece Venezia quando perse il Mediterraneo: non scomparire, ma ridurre la scala e concentrare il potere in una zona di sicurezza.

3. Gestire il futuro globale come ambiente di deterioramento amministrato

Quando non si può più controllare il mondo tramite integrazione, lo si controlla attraverso entropia organizzata:

  • guerre regionali permanenti,
  • crisi energetiche cicliche,
  • collasso controllato di regioni chiave,
  • catene di fornitura deliberatamente frammentate,
  • inflazione come meccanismo di estrazione,
  • dipendenza tecnologica sorvegliata.

Non si tratta di incidenti: è la forma che assume un potere che non può più espandersi ma può ancora impedire che altri consolidino una egemonia alternativa.

Nello Spodoceno, questo significa: il potere occidentale non produce più ordine; produce condizioni per impedire la nascita di un ordine che lo sostituisca. È un’egemonia che si conserva distribuendo rovina, non prosperità.

 

V. Milei e l’Argentina: periferia trasformata in zona di sacrificio ordinato

L’Argentina non è un «errore eccentrico» del sistema, ma un esempio di come il vettore di potere occidentale opera in periferia quando non cerca più di integrare, bensì di sfruttare e disciplinare.

In termini strutturali, l’attuale governo:

  1. Consegna risorse strategiche (energia, litio, alimenti, territorio) al capitale finanziario e corporativo associato a Stati Uniti e Israele.
    • Non come «apertura dei mercati», ma come processo di liquidazione accelerata.
  2. Smantella la capacità dello Stato nazionale di pianificare, regolamentare e proteggere.
    • Non si costruisce un nuovo progetto nazionale; si installa una amministrazione di shock che lascia libero il campo ad attori esterni.
  3. Attacca i residui di tessuto sociale organizzato (sindacati, università, cultura, scienza).
    • Non per sostituirli con nuove strutture, ma per svuotare la capacità di resistenza interna.
  4. Stabilisce una subordinazione internazionale esplicita, con una politica estera che rinuncia consapevolmente a qualsiasi articolazione multipolare reale e si allinea con:
    • Stati Uniti,
    • Israele,
    • reti globali di fondi e corporazioni energetiche e tecnologiche.

Milei non sta costruendo un progetto di sviluppo: sta trasformando l’Argentina in una zona di sacrificio che fornisce risorse, obbedienza geopolitica e spazio per esperimenti socio-economici estremi.

Questo si colloca perfettamente nella fase attuale del potere occidentale: quando non c’è più espansione, ciò che resta è spremere e ordinare rovine utili.

L’Argentina:

  • non viene integrata,
  • non viene sviluppata,
  • non viene stabilizzata,

viene esposta: spogliata delle proprie difese, consegnata come corpo aperto all’intervento degli stessi interessi che stanno degradando l’Europa, ma qui senza la resistenza istituzionale che ancora esiste là.

 

VI. BRICS e multipolarità: via d’uscita o nuovo campo di disputa tra rovine?

Dalla periferia e da regioni come l’Eurasia emerge una risposta: BRICS, yuan, nuove vie della seta, valute alternative, alleanze energetiche fuori dall’orbita del dollaro.

A prima vista, questo sembra l’inizio di un altro centro di potere in grado di sostituire il vettore occidentale. Ma in chiave spodocenica il quadro è più complesso:

  1. I BRICS non sono un blocco omogeneo, ma un insieme di Stati con:
    • interessi energetici, industriali e finanziari propri,
    • tensioni interne (India-Cina, allineamenti del Brasile, ecc.),
    • diversi livelli di subordinazione finanziaria al dollaro e ai mercati occidentali.
  2. Le élite economiche di molti paesi BRICS sono intrecciate con il capitale finanziario globale:
    • fondi occidentali detentori di debito, investimenti portfolio, legami tecnologici;
    • banche globali operative in entrambi i circuiti.
  3. Il vettore di potere occidentale, pur in relativo arretramento, continua a controllare:
    • l’architettura finanziaria internazionale,
    • una parte rilevante del sistema mediatico mondiale,
    • la rete militare globale,
    • nodi chiave di tecnologia, brevetti, proprietà intellettuale.

In questo contesto, la «multipolarità» non significa:

  • un mondo tranquillo con vari centri armonici,

bensì un campo di forze in cui nessun attore può imporre un ordine stabile, e in cui il potere occidentale, pur indebolito, è ancora sufficientemente forte per sabotare, destabilizzare o condizionare qualsiasi tentativo di ordine alternativo.

Da qui:

  • colpi «morbidi»,
  • guerre ibride,
  • sanzioni,
  • lawfare,
  • pressione finanziaria sui paesi che cercano di avvicinarsi a schemi BRICS.

La multipolarità non appare come «nuovo ordine», ma come disputa caotica in un mondo senza forma stabile, dove il vecchio potere non comanda più del tutto, ma può ancora impedire la consolidazione di un successore.

 

VII. Inquadramento generale: Milei, Europa, BRICS nella mappa dello Spodoceno

Se mettiamo insieme i pezzi:

  • Europa: centro storico degradato a zona amministrata della NATO e del capitale finanziario. Non si cerca di distruggerla completamente, ma di bloccarla, controllarla ed estrarne valore.
  • Argentina (Milei): territorio di sacrificio, dove si sperimentano forme estreme di smantellamento statale e cessione di risorse, senza promessa di sviluppo né di integrazione reale.
  • BRICS / multipolarità: non come sostituzione ordinata del centro occidentale, ma come campo di forze incompleto, ancora attraversato da dipendenze finanziarie, tecnologiche e politico-culturali.

In termini spodocenici: il vecchio vettore di potere occidentale non può più offrire futuro, ma può ancora impedire che altri lo costruiscano.

Da qui la logica attuale:

  • non l’espansione,
  • ma l’amministrazione delle rovine,
  • il sabotaggio delle alternative,
  • la cattura di territori per una rapida estrazione di valore.

Milei incarna in periferia ciò che la Commissione Europea e la NATO incarnano nel vecchio centro: gestori locali di un potere che non promette più progresso, ma solo continuità di comando in mezzo al crollo.

I BRICS, da parte loro, rappresentano la forza che tenta di sfuggire a questa architettura, ma lo fanno:

  • in un pianeta già devastato,
  • con élite spesso cooptate,
  • e con un margine di manovra che deve essere difeso palmo a palmo contro un potere decadente ma ancora capace di fare danni.