Ormai l’Occidente si sente in guerra e tacita il dissenso
di Massimo Cacciari - 17/12/2025

Fonte: Il Fatto Quotidiano
“È normale questa situazione, è tipica di uno stato di guerra. E l’Occidente ha deciso di essere in guerra, da un lato con il mondo islamico, dall’altro con la Russia e un domani con la Cina”. Il filosofo Massimo Cacciari ha chiaro quale sia la posizione dell’intellettuale “L’intellettuale che fa il suo mestiere sa come stanno le cose e deve dire quello che gli consente di stare a posto con la sua coscienza, ma se è onesto è anche realista, e si rende conto i poteri in guerra mentiranno, sa che potranno perfino censurarlo e metterlo in galera, certo”.
È così che si sente?
Io sono tranquillo, dico quello che devo dire a chi vuole ascoltarmi. Sono in pace col mio dio. Ma riconosco che siccome il mainstream occidentale ha deciso di essere in guerra, allora deve cercare di pacificare il dibattito interno, sussumere le voci dissonanti. In guerra c’è un diritto sovrano, lo ius mendacii ossia il diritto di dire il falso, perché lo scopo è vincere. È chiaro che la voce critica, quella che stona quando bisognerebbe cantare la marcia tutti insieme e andare alle armi, non può che aspettarsi di essere frainteso, o ricondotto al mainstream, se non censurato. Dà fastidio, ed è vero, come dava fastidio Karl Kraus nella prima guerra mondiale. Non per questo si smette di essere critici. Lo siamo in tanti, tra i miei colleghi. Limes lo è con un accento più scientifico del mio.
La “polizia del linguaggio” si è esercitata molto anche sul conflitto a Gaza. In Parlamento si discutono ddl per assimilare le critiche alle politiche dello Stato di Israele, o l’antisionismo, all’antisemitismo, ispirati dalla definizione dell’Ihra americano contestata da noi da oltre 1200 docenti…
Assimilare la critica al sionismo all’antisemitismo è semplicemente un errore storico. Anche importanti intellettuali ebrei della diaspora hanno criticato il sionismo. È ancora più sbagliato e ignorante usare la categoria dell’antisemitismo quando si parla delle critiche all’attuale Stato di Israele, al suo governo. Trattandosi di uno Stato come gli altri, può essere combattuto esattamente come gli altri. C’è un disegno politico, che è fondato sulla falsificazione. Ma ripeto, in guerra la falsificazione è un diritto del potere.
Il problema allora è: chi ha deciso che siamo entrati in guerra?
Bisognerebbe chiederlo a chi ci vuole andare, ai potenti. Di certo siamo all’irragionevolezza totale. Questo parlare di ‘guerra ibrida’ usando i termini a sproposito… è guerra e basta. Io credo che nella testa di Trump ci sia il progetto di creare una situazione in cui la guerra continui come un basso in sottofondo, fissata sostanzialmente attorno all’asse Israele-Palestina e a quello Russia-Ucraina: che continuino a massacrarsi, ma a bassa intensità.
Però in Europa i leader parlano di una guerra diretta, epocale, con la Russia…
Sono parole per coprire una crisi strutturale. L’Unione europea è passata in 20 anni dal 25% al 14% del Pil mondiale, scavalcata da Usa e Cina, ha una crisi demografica spaventosa e non la sa affrontare con la politica dell’immigrazione. I leader europei, che non sono ciechi, hanno bisogno di colossali diversivi: paventare un nemico alle porte è una tecnica vecchia come il mondo per attutire i contrasti sociali. Ma la situazione è delicata. L’Ue è in crisi radicale, ma dall’altra parte la Russia non lo è di meno, costretta ad appoggiarsi economicamente sempre più a Oriente, non intenzionata a cedere nulla sul fronte ucraino. È un rischio quando si scontrano due debolezze, perché possono scattare scelte irrazionali e istintive. Non credo però che gli Usa permetteranno il suicidio della Russia o dell’Ue. Ricondurranno anche questa crisi dentro l’alveo di un conflitto a bassa intensità.
a cura di Riccardo Antoniucci

