A Shanghai va in onda il mondo multipolare
di Elena Basile - 03/09/2025
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Un amico, un compositore brillante, mi ha chiesto di rispondere all’ultimo articolo di Bernard- Henri Lévy sulla Stampa del 31 agosto. Era giustamente indignato. Non lo farò. Non si possono contestare idiozie propagandistiche che paragonano i morti palestinesi a quelli israeliani (vittime di entrambe le parti), che scaricano il massacro di civili palestinesi e la carestia su Hamas, mentre gli israeliani vorrebbero che gli aiuti umanitari giungessero ai palestinesi, che negano il genocidio di un popolo in diretta tv, in quanto i bambini palestinesi riescono ad abbandonare Gaza e a farsi curare in Occidente. A questo è ridotto un giornale mainstream dell’Italia democratica. Sottolineo che Lévy è difensore del genocidio di Israele esattamente come lo è della guerra santa contro la Russia per salvare la democrazia ucraina, massacrando il popolo ucraino. Spero che i lettori di sinistra, in grado di riconoscere la politica occidentale genocidaria a Gaza, ma non il massacro ucraino in una guerra per procura della Nato, aprano finalmente gli occhi.
Passiamo alle cose serie e alla rivoluzione geopolitica di cui il vertice di Tianjin è emblema. L’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) – un foro regionale fondato nel 2001 da sei Paesi: Russia, Cina e il vicinato russo (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan), a cui si sono aggiunti, dal 2017 al 2024 altri quattro Stati, India, Pakistan, Iran e Bielorussia – si è riunita in Cina ospitando molti altri Paesi dei Brics in rappresentanza del 47% della popolazione e della ricchezza mondiale. Il vertice non si è limitato alla cooperazione energetica e al commercio, temi basilari, ma nelle lingue, in russo e in mandarino, ha dato vita a gruppi di lavoro sulla sicurezza informatica (la Cina ha offerto il suo sistema satellitare agli altri partecipanti in alternativa al Gps), sulla cooperazione allo sviluppo, rafforzando la banca per lo sviluppo con capitali cinesi, e sulla cooperazione politica contro gli abusi dell’unilateralismo occidentale, che nei dazi arbitrari di Trump e nelle sanzioni europee, senza fondamento giuridico, hanno la loro principale dimostrazione. A Tianjin, Paesi sovrani in grado di perseguire i propri interessi e lontani (a differenza degli euroatlantici), da condizionamenti ideologici, hanno deciso di superare per quanto possibile le loro controversie (Cina e India, Russia e Cina, India e Pakistan) al fine di allearsi contro la politica dei blocchi e il suprematismo della Nato allargata. New Delhi ha reagito ai dazi al 50% di Trump avvicinandosi a Russia e Cina.
Nella dichiarazione di Tianjin si condannano gli attacchi israeliani a Gaza e quelli contro l’Iran, nonché gli attentati terroristici dell’aprile del 2025 nella regione del Kashmir, durante i quali sono morti 28 civili. Russia e Cina intervengono in modo assertivo in difesa dell’Iran contro il quale gli E3 (Germania, Francia e Regno Unito) vorrebbero ripristinare le sanzioni in vista della scadenza nell’ottobre 2025 del Trattato sul nucleare iraniano Jcpoa da cui gli Stati Uniti sono usciti unilateralmente nel 2018. Il trattato stipulato tra Iran e i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza più Germania ed Europa manteneva l’arricchimento di uranio al 3,5% con controlli da parte dell’Aiea. L’uscita di Washington, la postura aggressiva dell’Occidente sfociata negli attacchi israelo-americani a Teheran, avvenuti al di fuori di ogni legalità internazionale, sono considerate condizioni in grado di vanificare gli effetti del Jcpoa e di delegittimare le accuse a Teheran di aver violato il tetto di arricchimento dell’uranio. Nelle dichiarazioni e nelle posizioni di Russia e Cina, duole dirlo, si ritrova spesso la razionalità aristotelica di cui la postura occidentale è priva.
A Tianjin in breve è andato in onda il mondo multipolare, che si appella alla Carta delle Nazioni Unite e al Diritto internazionale contro l’arbitrio occidentale, prefigura un nuovo ordine mondiale che dall’orizzonte Nato, ideologico, militarista, ritornato a una guerra fredda-calda, sposti il suo baricentro all’Eurasia, alla Cina e a tutti gli emergenti, pronti a organizzarsi al fine di difendersi dalla supremazia militare Usa ma non accomunati da un’ ideologia unificante se non quella basata sui propri interessi nazionali.
È un bene che i Brics e la Sco esistano. Il temperamento della hybris imperiale statunitense è un’esigenza condivisa. È in gioco il vantaggio dei popoli e la protezione dei loro interessi sovrani. Se l’Europa della Von der Leyen, potente rappresentante non eletta della Commissione, non fosse divenuta il braccio armato della Nato e la cinghia di trasmissione degli interessi delle lobby finanziarie, delle armi e di Israele, guarderebbe con simpatia alle nuove dinamiche internazionali, guadagnando nuove alleanze nell’interesse vero dei cittadini europei, della pace e della prosperità.