Che succede intorno al Mar Rosso?
di Enrico Tomaselli - 31/12/2025

Fonte: Giubbe rosse
Due avvenimenti stanno riaccendendo l'attenzione sul mar Rosso, e sono entrambe collegati al Medio Oriente.
Da un lato, Israele riconosce la regione separatista del Somaliland, dall'altro la coalizione yemenita che controlla Aden ed il sud-est del paese si spacca, e la componente filo-emiratina entra in conflitto con quella filo-saudita.
La mossa israeliana si spiega con il desiderio di usare il Somaliland come base per la propria intelligence, sia in funzione offensiva-difensiva nei confronti degli yemeniti di Ansarullah, sia per esercitare un controllo sull'importante stretto di Bab el-Mandeb. Il riconoscimento israeliano avviene in un contesto in cui anche gli Emirati Arabi Uniti si stanno proiettando sulla regione del Corno d'Africa, ed in particolare proprio sul Somaliland; circola anzi voce che i due paesi avvierebbero insieme la costruzione di questi insediamenti per l'intelligence, con Tel Aviv che mette il know-how e Abu Dhabi i finanziamenti. Contemporaneamente, nello Yemen sudorientale, il Consiglio di Transizione Meridionale - gruppo sostenuto dagli EAU - ha attaccato l'altra componente della coalizione, quella sostenuta da Ryad, ponendo di fatto fine alla coalizione anti-Houthi che controlla questa parte del paese.
Le mire israeliane sul Somaliland hanno immediatamente suscitato numerose e vibrate proteste, sia da parte di attori regionali (come la Turchia e l'Unione Africana, e ovviamente la Somalia), sia da parte della stessa popolazione locale (che ha subito inscenato manifestazioni filo-palestinesi). Ma, ancor più significative, quelle della Cina e dell'Arabia Saudita. E se per Pechino si tratta sia della sicurezza delle rotte commerciali che del separatismo taiwanese (l'isola ha rapporti informali col Somaliland), per Ryad si tratta di un ulteriore mossa destabilizzatrice da parte di Tel Aviv, che in direzione contraria agli interessi regionali sauditi.
Per quanto riguarda invece il sud Yemen, la rottura tra Arabia ed EAU è sicuramente dovuta ad una competizione per il controllo strategico sull'area, ma - come è stato giustamente osservato - c'è il sospetto che vi sia dell'altro. Il tentativo emiratino di assumere il controllo, infatti, potrebbe essere collegato alla mossa israeliana sul Somaliland, ed essere parte con questa di un disegno più ampio. Abu Dhabi e Tel Aviv, infatti, potrebbero mirare a stabilire una posizione dominante sulle due sponde del Golfo di Aden, che non solo li avvantaggerebbe nel confronto con Ansarullah, ma ne garantirebbe un potere d'interdizione su questo importantissimo tratto di mare.
Per il momento, almeno la parte yemenita di questo disegno è stata stoppata: l'aviazione saudita ha bombardato i rifornimenti emiratini appena sbarcati nel porto di Al-Mukalla, ed una colonna di mezzi militari delle forze EAU. Come risultato, Abu Dhabi ha appena annunciato il suo ritiro dallo Yemen, dopo 10 anni di presenza militare. Sull'altro fronte, Ansarullah ha immediatamente avvertito che qualsiasi presenza israeliana sulla dirimpettaia sponda somala, sarà considerata un obiettivo legittimo.
Al di là della cronaca, comunque, è evidente che c'è un crescente interesse geopolitico, da parte di numerosi attori, regionali e non, sull'area strategica del mar Rosso. E di certo il confronto è ancora all'inizio. Al tempo stesso, si evince sempre più che la strategia espansiva israeliana sta entrando in rotta di collisione con gli interessi sauditi, ben più di quanto non accada con la Turchia - fatta oggetto di una vera e propria campagna ostile sui media israeliani - e soprattutto forse più significativa di quanto non sia con l'Iran. Diversamente dalla Repubblica Islamica, infatti, l'Arabia Saudita è un alleato strategico degli Stati Uniti, cui toccherà fare da ago della bilancia.
È comunque sempre più evidente come le strategie di Tel Aviv producano destabilizzazione, in un contesto in cui anche i paesi tradizionalmente vicini agli USA hanno invece interessi opposti. Il che pone Tel Aviv in una situazione sempre più complicata per Washington, che non può tenere il piede in due scarpe indefinitamente.
