Chi sono veramente i nativi americani
di Francesco Petrone - 26/05/2025
Fonte: Francesco Petrone
Chi sono veramente i nativi americani, il popolo che la cinematografia ha rappresentato come guerrieri terribili, quanto affascinanti, quasi fiabeschi? Sono stati impropriamente e per lungo tempo, conosciuti come gli indiani d’America o addirittura indicati come i pellerossa. Del resto molta parte dell’America caraibica ha continuato per secoli ad essere indicata come “Indie occidentali". Mezzo mondo sembrava essere confuso con le mitiche Indie. Oltre alle Indie propriamente dette, conosciute dai tempi di Alessandro Magno, osserviamo una sua estensione orientale, l’Indocina, un’altra del sud-est asiatico, l’Indonesia con le Indie orientali. Ciò che non era Europa sembrava destinato ad essere collegato alle Indie. Fu anche il destino del fico d’india che era messicano. Oggi, gli abitanti originari delle Americhe, vengono denominati nativi, ma è pur sempre un modo improprio di identificarli. In realtà non erano nativi o autoctoni neanche loro, perché, analogamente agli europei, sono immigrati in quel continente ma con la profonda differenza che lo avevano fatto molto tempo prima. Si calcola siano arrivati nel continente americano non in un’unica ondata migratoria, ma in un lungo periodo di tempo che, è stato ipotizzato, potrebbe occupare un lasso di tempo dai 40.000 ai 14.000 anni fa, un' epoca indubbiamente remota. Sembra che queste genti siano giunte in America, seguendo i percorsi di animali di grossa taglia dato che erano dediti alla caccia. Non fu una traversata del mar Rosso ma, probabilmente a gruppi contenuti, migrarono a piedi attraverso la Beringia, una lunga lingua di terra che durante l'ultima glaciazione, univa stabilmente la Siberia all’Alaska. Alcuni studiosi ipotizzano che le migrazioni più antiche non arrivassero a quarantamila anni fa, ma che siano leggermente più recenti. Però, in ogni caso, non possono essere avvenute successivamente alla fine della glaciazione di Wurm, l’ultima grande glaciazione terminata 10.000 anni fa. Questo perché, dopo l’innalzamento delle acque, dovuto allo scioglimento dei ghiacci, quella lingua di terra è scomparsa perché è stata sommersa dalle acque che si sono richiuse e quell' antico passaggio, oggi è conosciuto come stretto di Bering. Questa è la ragione per cui molti nativi americani risultano etnicamente affini alle popolazioni autoctone siberiane che oggi ancora stazionano in quelle contrade, immense tra foreste di conifere, larici, pini e betulle. In effetti molte di quelle genti ancora ai giorni nostri, risultano imparentate coi nativi americani, sono popoli che vivono nella federazione russa, o anche nella Mongolia interna ed esterna. Sono conosciuti come i tungusi, i sigmoidei, i ciucki, gli even, i tungusi, i Saimoidei, i Selkup, i Kets. Queste etnie, grazie alle analisi del DNA, risultano essere strettamente imparentate coi cugini del nuovo mondo. Riguardo le tradizioni dei nativi americani si sono occupati molti studiosi e fra questi vogliamo menzionare Frithjof Schuon con un testo intitolato “L’aquila e il corvo nel mondo degli uomini rossi “. Il filosofo e mistico di Basilea apparteneva alla scuola di pensiero perennialista o tradizionalista, alla ricerca della spiritualità o religione universale, e a causa di ciò ha studiato le tradizioni profonde di molti altri popoli. Altri personaggi si sono interessati alle tradizioni e alla spiritualità del popolo delle praterie, denominato “popolo aquila”. Uno è stato Charles A. Eastman con il libro “L’anima dell' indiano” e anche John Neihardt con “Alce nero parla, vita di uno stregone sioux Oglala” in cui lo stregone attraverso le vicende della propria vita, ha testimoniato su una cultura che si stava eclissando definitivamente. Tornando alle popolazioni siberiane, notiamo una similitudine nei costumi ed anche nell’abbigliamento con abiti interamente in pelle o in fibre vegetali, del tutto analoghi a quelli dei cugini americani. Un tratto distintivo risultano essere anche le decorazioni con motivi geometrici, i monili e le caratteristiche fasce con cui usano cingere la fronte, come anche i peculiari tamburi sciamanici. Ciò che crea profondo stupore è il tempo intercorso dal momento della separazione definitiva che ammonta a più di diecimila anni. Nonostante questo abisso temporale, possiamo osservare i costumi e la cultura che queste genti sembrano aver conservato gelosamente attraverso i millenni. I buriati, ad esempio, ancora oggi mescolano riti di religione buddista, relativamente recente, con ancestrali riti sciamanici. I rituali sciamanici siberiani sono caratteristici anche per i viaggi dello spirito, i quali sarebbero percorsi mentali e spirituali provocati da uno stato alterato della coscienza. Sono viaggi utili a creare degli autentici ponti tra il nostro mondo ed una sfera superiore. Questi viaggi ricordano da vicino la tenda di vapore o capanne sudatorie come quella che viene rappresentata nel film “L’uomo chiamato cavallo”, un film del 1970 di Elliot Silverstein, girato oltre che in inglese anche in lingua Sioux. Questo rito rappresentato nel film era un'autentica ricostruzione storica di un rito sciamanico praticato dai minativi. Alcuni riti sciamanici asiatici praticati anche dai buriati trovano eco nelle puntuali descrizioni dello scrittore e antropologo peruviano Carlos Castaneda che ha descritto minuziosamente nei suoi libri le esperienze iniziatiche dei nativi del Sud America, utilizzando un personaggio che aveva battezzato Don Juan. Studi sulla religiosità sciamanica dei popoli siberiani sono stati fatti anche dallo storico delle religioni Mircea Eliade con la sua importante opera “Lo sciamanesimo e le tecniche dell' estasi”. Ma altri studioso hanno approfondito queste culture come Veline Lot-Falk, o M.A. Czaplicka con la sua opera sulle tecniche dell’ estasi. Naturalmente nelle Americhe esistono anche altri gruppi etnici, dai gruppi affini ai cinesi dell’Amazzonia a gruppi europoidi. Naturalmente questi ultimi non sono certo arrivati dal continente europeo ma, occorre ricordare che in tempi remoti tali gruppi abitavano tutta l’Asia centrale e sappiamo che alcuni gruppi storici si erano spinti fino all’interno della Cina e chi parlavano un idioma denominato tocario e che in India se ne conserva un dizionario.