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L’Impero del debito e della guerra

di Andrea Balloni - 14/07/2025

L’Impero del debito e della guerra

Fonte: La Fionda

Due eventi di politica internazionale hanno segnato l’inizio dell’estate 2025:
-    il vertice NATO all’Aia (24-25 giugno);
-   il Forum della BCE di Sintra (30 giugno – 2 luglio), il cui tema era “Adattarsi al cambiamento: cambiamenti macroeconomici e risposte di politica economica”¹.
Due appuntamenti apparentemente distinti: il primo centrato sulla difesa, il secondo sulla politica monetaria. Due ambiti diversi, due consessi sovranazionali non perfettamente sovrapponibili. Eppure, la sensazione è sempre quella: stessi volti, stessi toni, stessa combriccola. Quasi la stessa banda — di complici impuniti.
Al vertice NATO, gli alleati (con le eccezioni di Spagna e Slovacchia) hanno assunto l’impegno di portare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035.
Pochi giorni dopo, al Forum di Sintra, Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha dichiarato:
    “Non commento sulla fiscal policy, ma il debito Usa non è sostenibile.”²
Tradotto: gli Stati Uniti sono a un passo dall’insolvenza e non possono più permettersi di finanziare il debito emettendo nuovi dollari.
Tutto si tiene. Il grande capitale angloamericano, che da decenni detta le regole in Europa, ha prima azzerato le sovranità nazionali attraverso l’Unione Europea; ha poi sterilizzato ogni forma di antagonismo sociale, svuotato le democrazie, riducendole a un simulacro. E ora, nel pieno controllo delle istituzioni e delle agende, detta condizioni e impone direzioni. La presenza di Powell al forum della BCE è simbolica e sostanziale: viene a dirci dove andranno i nostri soldi — nella difesa, ovvero nella sopravvivenza di un sistema capitalistico al collasso, che ha bisogno di nuove guerre come di nuove iniezioni di sangue fresco per evitare l’estinzione.
Cinquant’anni di neoliberismo hanno prodotto una mutazione profonda, culturale e perfino antropologica: hanno smantellato politica e sindacati, imposto paure, emergenze, miseria, ignoranza. E con esse, una nuova idea di guerra: non più orrore da evitare, ma gesto epico, catartico, “giusto”; e la morte del nemico diventa “civile”³.
Goering lo aveva spiegato bene: “[…] È facile trascinare il popolo alla guerra. Basta dirgli che sta per essere attaccato, e accusare i pacifisti di essere traditori. Funziona sempre, in qualsiasi paese.”⁴
Intanto, le élite hanno eliminato un concorrente scomodo: l’Europa. L’Europa servile non fa più paura. È intimidita, svuotata di sovranità industriale ed energetica, logorata da anni di politiche asimmetriche e relazioni squilibrate con il potere angloamericano⁵. Le residue forze industriali sono ridotte allo stremo dalle sanzioni contro la Russia — il nemico eterno.
E ora, il 5% del PIL da destinare alla spesa militare si tradurrà in una trasfusione diretta di sangue europeo nelle vene del padrone morente. Con conseguenze devastanti: l’Europa sarà ricacciata indietro di decenni nello sviluppo economico globale.
Già nel settembre 2024, Mario Draghi — uomo di fiducia del capitale transatlantico — lanciava l’allarme sul ritardo tecnologico europeo rispetto a Stati Uniti e Cina.
Lo stesso Draghi che nel 1992 era a bordo del Britannia, quando si tracciavano i destini dell’industria italiana; e lo stesso che nel 2011, da governatore BCE, scriveva la celebre “letterina” con cui imponeva l’austerità all’Italia: meno spesa pubblica, sacrifici per i poveri, tagli ai salari⁶.
Oggi però, le regole sono cambiate. Da settembre 2024, l’imperativo non è più il pareggio di bilancio, ma l’aumento del debito pubblico. Lo Stato deve indebitarsi e investire:
 -   transizione energetica,
 -  transizione digitale,
 -  riarmo.
Tre voci di spesa che, anche agli occhi meno avvezzi, mostrano la subordinazione completa dell’Europa agli interessi statunitensi. È Washington a detenere tecnologie, risorse, strutture, ed è sempre Washington a vendere all’Europa ciò che questa è stata indotta a non saper più produrre. Una dipendenza strutturale che sigilla definitivamente la separazione economica dall’Oriente e consolida il perenne conflitto con Russia e Cina⁷.
Con un minimo sforzo d’immaginazione, si può anche comprendere l’esistenza di un’élite cinica, priva di empatia, capace di godere dei benefici del disastro che ha generato, fintanto che le sofferenze colpiscono altri.
Quello che lascia più perplessi è però la sfida alla logica della sopravvivenza stessa: il continuo flirt con il rischio nucleare. Il camminare sul filo della guerra globale.
Sono dunque dei pazzi coloro che dirigono l’orchestra della politica occidentale?
No. Neppure questo possono rivendicare.
Non sono folli. Sono semplicemente giocatori d’azzardo sotto effetto di sostanze ideologiche.
Sono i vampiri del capitalismo terminale.
E sono tornati a caccia di sangue.
Il nostro.

Note
https://www.ecb.europa.eu/press/conferences/ecbforum/html/index.it.html
https://www.ilsole24ore.com/art/fed-powell-tenuti-tassi-fermi-vista-portata-dazi-AHj8IQUB
https://www.lordinenuovo.it/2025/06/27/sul-criminale-vertice-nato-dellaia/
Gustave Gilbert, Nuremberg Diary (1947): “[…] È facile trascinare il popolo alla guerra. Basta dirgli che sta per essere attaccato e accusare i pacifisti di essere privi di spirito patriottico. Funziona sempre.”
Fabio Sarzi Amadè, Zappa sui piedi, 2024
Sara E. Mattei, L’economia è politica. Tutto quello che non vediamo dell’economia e nessuno racconta, Fuoriscena, 2023
V. Chiara Nalli, intervento al Congresso DSP, Perugia, settembre 2024. Link Google Search