Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Tra utopia tecnocratica e distopia del controllo

Tra utopia tecnocratica e distopia del controllo

di Rita Remagnino - 13/07/2025

Tra utopia tecnocratica e distopia del controllo

Fonte: EreticaMente

Chi è cresciuto mangiando pane e Tolkien, come la sottoscritta, ricorderà le “palantíri” (al singolare “palantír”), cioè le «pietre veggenti» del Legendarium, menzionate anche nel Signore degli Anelli. Questi oggetti magici furono forgiati dai Noldor di Valinor, probabilmente sotto la guida di Fëanor, il più abile artigiano degli Elfi. Usate principalmente nei regni di Gondor e Arnor, le sfere di cristallo nero o trasparente entrarono nella Terra di Mezzo al seguito della tribù di Elendil, in fuga dalla caduta di Númenor (un continente di Arda).
All’epoca del racconto tolkieniano, molte palantíri erano andate perdute, mentre altre erano state intenzionalmente distrutte. Le poche rimaste venivano usate da Elfi e Uomini per mantenere i rapporti tra i due regni e le rispettive stirpi, visto che i cristalli magici avevano il potere di vedere a distanza e comunicare con altre pietre gemelle.
La loro «attivazione» richiedeva un’enorme forza di volontà (potere), ma soprattutto una specchiata integrità d’animo (conoscenza). Altrimenti non funzionavano, oppure ingannavano il consultante, come accadde a Saruman e Denethor, ormai posseduti da Sauron.
In quenya, una delle lingue elfiche create da Tolkien, il termine “palantir” significa “colei [la pietra] che vede da lontano”. Nel 2003, il nome fu preso in prestito da Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) per battezzare la neonata “Palantir Technologies”, un’azienda di raccolta, analisi e visualizzazione di grandi quantità di dati per scopi di «intelligence e sicurezza».
Nel 2020, la società di Thiel divenne pubblica in borsa con un’IPO diretta, senza banche d’investimento. Un rifiuto plateale delle istituzioni tradizionali a favore di un capitalismo «puro», mediato soltanto dalla tecnologia, in palese contraddizione con il fatturato dell’impresa prodotto in larga misura dalle commesse statali. Ma, ormai, siamo abituati ai colpi di teatro dei titani del tech che fingono di andare controcorrente, mirando, invece, al più prosaico consolidamento di un nuovo tipo di oligarchia algoritmica.
I compiti affidati alle «pietre veggenti» contemporanee riguardano principalmente la sorveglianza biometrica, il monitoraggio, lo spionaggio e la raccolta dei dati ad uso e consumo di agenzie governative (es. CIA, FBI, Nato, Pentagono, Forze Armate di paesi compresi nell’orbita statunitense). Si avvalgono dei servizi delle “palantíri” tecnologiche anche varie aziende private e agenzie dell’Onu, come ad esempio l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA, o IAEA).
Chiaramente i sistemi di rilevazione di “Palantir Technologies” hanno sollevato negli ultimi anni numerosi interrogativi etici su sorveglianza, manipolazione e riduzionismo epistemologico, ma le polemiche non hanno compromesso gli affari di Thiel e soci, che, anzi, continuano ad andare a gonfie vele, disegnando un mondo distopico in cui:
• i dati vengono trattati come oracoli, mentre frotte di supplici credono che l’analisi quantitativa possa prevedere i comportamenti umani, ottimizzare la società, eliminare l’incertezza (es.: predictive policing, credit scoring);
• la qualità si dissolve nella quantità, riducendo ogni cosa a metrica in un’apoteosi di pensiero calcolante heideggeriano che dimentica l’essere per privilegiare il manipolabile;
• la mitologia della neutralità perde il velo, mostrando come i numeri considerati oggettivi nascondano in realtà bias culturali (es. algoritmi censori) e scelte politiche ben precise (chi decide cosa/come misurare?).
Sono pura fuffa anche le sbandierate «basi» mitopoietiche del progresso tecnologico, che probabilmente non darà slancio al salto evolutivo dell’umanità. Al contrario, il feticismo numerico che considera i dati, le metriche e i numeri come indicatori assoluti di verità, valore o successo, metterà a repentaglio le altre forme di conoscenza o di valutazione qualitativa.
Oltre al nome, le palantíri di Thiel condividono con le originali l’ambiguità, ovvero la capacità di confondere e fuorviare intenzionalmente il consultante con il loro sguardo onnisciente. Ne è una dimostrazione la «guerra dei 12 giorni» della primavera 2025 (Israele vs Iran), innescata appunto dal software Mosaic di Palantir.
Partendo da un «falso presupposto», cioè dall’ingannevole notizia che l’Iran stesse sviluppando armi nucleari (contravvenendo in modo poco credibile alla fatwa della Guida Suprema), il sistema di polizia predittiva dell’azienda statunitense ha fornito un «falso risultato», offrendo al cliente la possibilità di dare forma alle ombre presenti nella sua mente. In altre parole: le equazioni algoritmiche hanno dedotto inesistenti «intenti ostili» da parte dell’Iran, fornendo a Israele il pretesto per bombardare una popolazione inerme. L’operazione ha causato più di seicento vittime fra i civili, che l’IA non distingue dai soldati, chiamandosi fuori dal codice militare di guerra.
Da quando agiscono i «nuclei analitici», o «piattaforme di riferimento», che non sono affatto sistemi passivi, le abilità strategiche un tempo espresse dall’intelligenza umana sono scivolate in secondo piano. Attualmente sulla vita e sulla morte delle persone decidono le IA, ovvero le aziende che le hanno sviluppate e detengono i codici sorgente. Dunque, la retorica del progresso tecnologico che predica l’«evoluzione inevitabile» (tipica del transumanesimo e della Silicon Valley) è una narrazione escatologica di facciata, dietro la quale si nasconde l’umanissima aspirazione al dominio del mondo.
Spogliato delle belle parole di cui si circonda, il «decisionismo tecnologico» (chi controlla la tech decide le regole del gioco) si rivela per ciò che è: una forma avanzata di totalitarismo. Proprio Thiel, ha dichiarato in più di un’occasione che le élite tecnologiche (lui & soci) hanno il diritto/dovere di plasmare il futuro senza aspettare il consenso delle masse. Il vero progresso (?) non viene dalla politica democratica, lenta e corrotta, bensì dai monopoli tecnologici che hanno gli strumenti per cambiare unilateralmente il mondo.
Conoscendo la sua proverbiale diffidenza verso l’arroganza dei potenti, possiamo immaginare che Tolkien vedrebbe nell’azienda oracolare di Thiel un nuovo Anello del Potere, l’ultimo, il più pericoloso in assoluto. Un motivo in più per fermarsi a riflettere sul feticismo dei dati, ingiustificatamente creduti più veri del reale, nonché sul declino della società iniziato da quando Homo Sapiens ha abdicato in favore di Homo Data, smarrendo nella ritirata ogni altra forma di conoscenza (intuizione, arte, dialettica, creatività, pensiero).
Nella confusione generale, il bambinone sovrappeso del XXI secolo distingue a malapena il “possibile” dal “desiderabile”, il “calcolabile” dal “reale”, giustificando le proprie scelte e i propri errori con l’alibi “lo dice l’algoritmo“. Incredibilmente, un’ideologia nata dall’immaginazione (le tecnologie avanzate) si è trasformata nel simbolo della perdita d’immaginazione.
Quanto detto, non intende affatto andare nella direzione di un rifiuto della quantificazione in quanto tale, ma semmai in quella del riconoscimento dei limiti intrinseci del misurabile. Significherà pure qualcosa se le cose più importanti della vita (es. dignità, bellezza, fiducia, amore, amicizia) non possono essere tradotte in dati, confermando la limitatezza di qualsiasi metrica. Il PIL non misura il benessere di un paese, né il QI cattura l’intelligenza di una persona.
Quanti si affidano ai dati e alla predictive policing, non dimentichino dunque di avere a che fare con una costruzione culturale. Nessun dato «parla da solo», per scienza infusa, ma tutti vengono manipolati da esseri umani che hanno interessi da difendere (es. alzare lo spread per far cadere un governo sgradito, o attribuire alle palantiri i propri deliri).
Il primo a rivelare i limiti delle tecnologie applicate è proprio il logo della “Palantir Technologies”: un cerchio (l’anello) con un puntatore posizionato sotto, che segnalando la direzione come una bussola, ricorda “per di là, vai da quella parte.”
Pensiamoci su, prima che l’abuso di ragione strumentale e calcolante eclissi la ragione vera, il libero arbitrio, il senso dell’essere, la funzione del destino (cfr. Ivan Illich in Convivialità). Non lasciamo che i dati, venduti come strumenti di emancipazione e progresso, vengano usati come palantiri dal Sauron di turno per mostrare o non mostrare ciò che gli garba.
Resta inteso che fermarsi a un passo dalla soglia del mondo-fantasma, significa innanzi tutto rimettere al centro della società l’etica della misura, cioè applicare: umiltà epistemologica (ammettere che i numeri non esauriscono la realtà); coraggio politico (opporsi a chi usa i dati come strumenti di dominio); immaginazione collettiva (creare spazi alternativi dove i dati siano discussi, non venerati).
Per motivi a noi ignoti, ma reali, l’essere umano è stato calato in un mondo dove nulla può esistere se non limitatamente. Cessare di essere limitato, significa per l’uomo cessare di essere. Per questo, gli Antichi immaginavano l’intelligenza naturale come un elastico alla costante ricerca del punto di equilibrio. Qui il dato di realtà diventava un donum: un regalo inaspettato che superava le umane capacità di comprensione e gestione, non esistendo matematiche certezze capaci di descriverlo pienamente.
Ma chissamai che ci sia un ravvedimento, agli sgoccioli della Terza Era, prima che l’ultimo anello del potere (quello tecnologico) venga distrutto nel Monte Fato, riducendo in cenere le previsioni oracolari dei dati. A quel punto, le cose prenderanno strade oggi impensabili.
Persino le cosiddette «costanti universali» (es. velocità della luce, costante di gravitazione) potrebbero essere superate dalle potenzialità inespresse dell’intelligenza naturale, a monte della quale c’è sempre l’idea di una generosità del reale dentro cui le cose si «danno» all’uomo affinché espanda la propria coscienza e affini le proprie facoltà percettive. Sarebbe da stupidi non rinnovarsi e lasciare il futuro nelle mani di macchine che calcolano, dietro le quali ci sono esseri umani che scelgono.